A partire dagli anni Novanta è cresciuto l’interesse dei ricercatori per lo studio delle ‘international new ventures’ [Oviatt e McDougall, 1994], definite anche ‘born-global’ [Knight e Cavusgil, 1996], ‘global startups’ [Oviatt e McDougall, 1995] o ‘early internationalizing firms’ [Rialp et al., 2005], ossia imprese attive nei mercati internazionali sin dai tempi immediatamente successivi alla loro costituzione. Il focus dello studio è sull’eterogeneità delle nuove imprese internazionali in termini di orientamento strategico ‘globale’ versus ‘regionale’. Nell’ultimo decennio, infatti, numerosi studi hanno cercato di rispondere alla domanda se e in che misura la globalizzazione abbia effettivamente portato le imprese multinazionali ad una maggiore dispersione geografica delle attività aziendali. In particolare, l’espressione ‘strategie regionali’, richiamando il concetto anglosassone di ‘region’, si riferisce ad imprese che operano prevalentemente in paesi all’interno del proprio continente (ad esempio, un’impresa italiana la cui attività di export sia in larga misura svolta nei mercati europei). Con l’espressione strategie ‘globali’ ci si riferisce, invece, ad imprese per le quali mercati anche molto distanti, in continenti diversi da quelli d’origine, generano una parte rilevante del fatturato aziendale. Il presente lavoro si colloca, pertanto, all’intersezione tra il filone di ricerca sul carattere ‘globale’ o ‘regionale’ delle strategie aziendali [Rugman e Verbeke, 2004] e gli studi sulle nuove imprese internazionali, con lo scopo di analizzare se un maggiore orientamento globale influenzi la redditività. I risultati principali dello studio sono sintetizzabili nel modo seguente: a) le nuove imprese internazionali italiane raramente ottengono una penetrazione ampia dei mercati esteri. Esse operano su base prevalentemente europea. Pertanto, l’espressione stessa di impresa ‘nata globale’ (born global) può essere fuorviante, dal momento che nella maggior parte dei casi tali imprese non sono ‘globali’, ma ‘regionali’. b) Tuttavia, laddove le imprese riescano a conseguire una dispersione geografica ampia delle vendite a livello globale e, quindi, a superare la liability of foreignness a livello inter-regionale, le performance migliorano sensibilmente. Infatti, le imprese globali o born global mostrano una redditività superiore rispetto sia alle imprese born regional, sia a quelle home country oriented. L’analisi dimostra che le differenze tra le imprese in termini di orientamento strategico globale o regionale sono rilevanti ai fini della redditività aziendale.

Cerrato, D., Strategie globali e redditività delle nuove imprese internazionali: un’analisi empirica, in Adinolfi, P., Cafferata, R., Tommasetti, A. (ed.), Management senza confini. Gli studi di management: tradizione e paradigmi emergenti, Il Mulino, Bologna 2013: 79- 88 [http://hdl.handle.net/10807/52908]

Strategie globali e redditività delle nuove imprese internazionali: un’analisi empirica

Cerrato, Daniele
2013

Abstract

A partire dagli anni Novanta è cresciuto l’interesse dei ricercatori per lo studio delle ‘international new ventures’ [Oviatt e McDougall, 1994], definite anche ‘born-global’ [Knight e Cavusgil, 1996], ‘global startups’ [Oviatt e McDougall, 1995] o ‘early internationalizing firms’ [Rialp et al., 2005], ossia imprese attive nei mercati internazionali sin dai tempi immediatamente successivi alla loro costituzione. Il focus dello studio è sull’eterogeneità delle nuove imprese internazionali in termini di orientamento strategico ‘globale’ versus ‘regionale’. Nell’ultimo decennio, infatti, numerosi studi hanno cercato di rispondere alla domanda se e in che misura la globalizzazione abbia effettivamente portato le imprese multinazionali ad una maggiore dispersione geografica delle attività aziendali. In particolare, l’espressione ‘strategie regionali’, richiamando il concetto anglosassone di ‘region’, si riferisce ad imprese che operano prevalentemente in paesi all’interno del proprio continente (ad esempio, un’impresa italiana la cui attività di export sia in larga misura svolta nei mercati europei). Con l’espressione strategie ‘globali’ ci si riferisce, invece, ad imprese per le quali mercati anche molto distanti, in continenti diversi da quelli d’origine, generano una parte rilevante del fatturato aziendale. Il presente lavoro si colloca, pertanto, all’intersezione tra il filone di ricerca sul carattere ‘globale’ o ‘regionale’ delle strategie aziendali [Rugman e Verbeke, 2004] e gli studi sulle nuove imprese internazionali, con lo scopo di analizzare se un maggiore orientamento globale influenzi la redditività. I risultati principali dello studio sono sintetizzabili nel modo seguente: a) le nuove imprese internazionali italiane raramente ottengono una penetrazione ampia dei mercati esteri. Esse operano su base prevalentemente europea. Pertanto, l’espressione stessa di impresa ‘nata globale’ (born global) può essere fuorviante, dal momento che nella maggior parte dei casi tali imprese non sono ‘globali’, ma ‘regionali’. b) Tuttavia, laddove le imprese riescano a conseguire una dispersione geografica ampia delle vendite a livello globale e, quindi, a superare la liability of foreignness a livello inter-regionale, le performance migliorano sensibilmente. Infatti, le imprese globali o born global mostrano una redditività superiore rispetto sia alle imprese born regional, sia a quelle home country oriented. L’analisi dimostra che le differenze tra le imprese in termini di orientamento strategico globale o regionale sono rilevanti ai fini della redditività aziendale.
2013
Italiano
Management senza confini. Gli studi di management: tradizione e paradigmi emergenti
978-88-15-24695-0
Cerrato, D., Strategie globali e redditività delle nuove imprese internazionali: un’analisi empirica, in Adinolfi, P., Cafferata, R., Tommasetti, A. (ed.), Management senza confini. Gli studi di management: tradizione e paradigmi emergenti, Il Mulino, Bologna 2013: 79- 88 [http://hdl.handle.net/10807/52908]
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