L'industria italiana del mobile sta affrontando coraggiosamente in questi anni una delle crisi più profonde della sua storia. Già l’inizio del nuovo secolo era partito male, all'insegna della crescente concorrenza dei Paesi emergenti asiatici e di quelli dell'Est Europa, che aveva messo in difficoltà diverse filiere e distretti produttivi. Col 2008 è poi scoppiata la bolla mondiale dell'edilizia e dell'immobiliare e si sono di conseguenza "sgonfiati" all'improvviso molti mercati importanti per il mobile italiano tra cui quello americano, quello inglese e quello spagnolo. Quindi è divampato il dissesto finanziario della Grecia, il cui contagio ha coinvolto un altro Paese periferico come il Portogallo ed anche questi due mercati europei si sono di colpo come "spenti" per i nostri esportatori. Infine, la grande recessione italiana innescata dalla miope ricetta euro-tedesca del “rigore senza crescita” ha letteralmente portato al collasso l'industria nazionale delle costruzioni e il settore immobiliare, nonché il mercato domestico dei beni durevoli, tra cui quello dei mobili. Di fronte ad un simile scenario catastrofico le imprese si sono rimboccate le maniche ed hanno cercato di intercettare la domanda estera dei mercati in crescita, anche quelli più remoti o non scontati, come l'Azerbaigian o la Nigeria. Ciò non ha consentito di recuperare tutto il fatturato estero pre-crisi, ma perlomeno ha permesso di mitigare le perdite e di “seminare” in Paesi dove la crescita della richiesta di arredo “made in Italy” nei prossimi anni potrebbe dare abbondanti raccolti.

Fortis, M., Mobili: finché c'è export c'è speranza, <<Quaderni di Approfondimenti Statistici della Fondazione Edison>>, 2013; (Marzo, n. 124): 1-5 [http://hdl.handle.net/10807/52335]

Mobili: finché c'è export c'è speranza

Fortis, Marco
2013

Abstract

L'industria italiana del mobile sta affrontando coraggiosamente in questi anni una delle crisi più profonde della sua storia. Già l’inizio del nuovo secolo era partito male, all'insegna della crescente concorrenza dei Paesi emergenti asiatici e di quelli dell'Est Europa, che aveva messo in difficoltà diverse filiere e distretti produttivi. Col 2008 è poi scoppiata la bolla mondiale dell'edilizia e dell'immobiliare e si sono di conseguenza "sgonfiati" all'improvviso molti mercati importanti per il mobile italiano tra cui quello americano, quello inglese e quello spagnolo. Quindi è divampato il dissesto finanziario della Grecia, il cui contagio ha coinvolto un altro Paese periferico come il Portogallo ed anche questi due mercati europei si sono di colpo come "spenti" per i nostri esportatori. Infine, la grande recessione italiana innescata dalla miope ricetta euro-tedesca del “rigore senza crescita” ha letteralmente portato al collasso l'industria nazionale delle costruzioni e il settore immobiliare, nonché il mercato domestico dei beni durevoli, tra cui quello dei mobili. Di fronte ad un simile scenario catastrofico le imprese si sono rimboccate le maniche ed hanno cercato di intercettare la domanda estera dei mercati in crescita, anche quelli più remoti o non scontati, come l'Azerbaigian o la Nigeria. Ciò non ha consentito di recuperare tutto il fatturato estero pre-crisi, ma perlomeno ha permesso di mitigare le perdite e di “seminare” in Paesi dove la crescita della richiesta di arredo “made in Italy” nei prossimi anni potrebbe dare abbondanti raccolti.
2013
Italiano
Quaderni di Approfondimenti Statistici della Fondazione Edison
Fortis, M., Mobili: finché c'è export c'è speranza, <<Quaderni di Approfondimenti Statistici della Fondazione Edison>>, 2013; (Marzo, n. 124): 1-5 [http://hdl.handle.net/10807/52335]
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