Il saggio si propone di riabilitare un’immagine empirica dell’io in grado di dare ragione dell’esperienza del corpo vissuto e della peculiarità della condizione umana, la cui comprensione non ha bisogno di alcuna mediazione che faccia riferimento alle conoscenze del regno animale (come equivocamente potrebbe emerge dalla classica definizione dell’uomo come animale razionale). Attraverso il confronto con l’accusa di specismo formulata da P. Singer nei confronti dell’antropocentrismo, e con la teoria delle capacità di M. Nussbaum, il testo si propone di evidenziare il nesso che esiste tra l’immagine dell’uomo che emerge dalla società (l’io sociale) e quella che ognuno cerca di ricavare attraverso un processo di riflessione sulla propria esperienza (l’io personale) . Questo nesso permette di affrontare pienamente la questione della disabilità (intesa come relazione che sussiste tra un ambiente e una persona affetta da malattia o menomazione) e il difficile rapporto che la persona può avere non soltanto con gli altri (secondo la celebre espressione di Sartre, l’‘inferno sono gli altri’), ma anche con se stessa, laddove l’immagine sociale dell’uomo risulta essere una specie di condanna e di giudizio sulla sua esistenza. Una chiarificazione di ciò che significa propriamente conoscere se stessi funge da percorso per una rilettura di alcune nozioni che accompagnano storicamente il tema della disabilità, a partire da quella che rimanda ai bisogni speciali, per terminare alle dinamiche dell’assistenza in bilico tra amore e risentimento, passando attraverso il tema del corpo vissuto e del corpo saputo. Particolare spazio è riservato al tema delle verità soggettive intese come quella verità (come tale, in linea di principio condivisibile e comprensibile) che ha bisogno di una comunicazione differente rispetto alla verità oggettiva intesa come verità che ha a che fare con oggetti dell’esperienza, cioè con qualcosa che è posto come estraneo alla soggettività. Il confronto con l’oggettività del sapere scientifico sul corpo umano (che è metodologicamente un sapere del cadavere nel senso che prescinde dal corpo vissuto come soggettività e che può perciò essere pensato come materia, come cosa) permette di comprendere le nuove immagini dell’umano e dell’esperienza che emergono nel contesto contemporaneo. Nel caso, emblematico, delle diagnosi precoci e delle diagnosi genetiche predittive asintomatiche, emerge con chiarezze come il corpo vissuto venga interpretato attraverso un corpo saputo e di fatto finisca con il condizionare lo stile di vita del soggetto che si trova imprigionato nella diagnosi. Il saggio si propone di evidenziare che la domanda sul “chi sono io” non può trovare adeguata risposta con il riferimento al che cosa è del corpo se questo è privato della soggettività che gli è immanente.

Pessina, A., Barriere della mente e barriere del corpo. Annotazioni per un'etica della soggettività empirica., Paradoxa. Etica della condizione umana, Vita e Pensiero, Milano 2010: 199-243 [http://hdl.handle.net/10807/4972]

Barriere della mente e barriere del corpo. Annotazioni per un'etica della soggettività empirica.

Pessina, Adriano
2010

Abstract

Il saggio si propone di riabilitare un’immagine empirica dell’io in grado di dare ragione dell’esperienza del corpo vissuto e della peculiarità della condizione umana, la cui comprensione non ha bisogno di alcuna mediazione che faccia riferimento alle conoscenze del regno animale (come equivocamente potrebbe emerge dalla classica definizione dell’uomo come animale razionale). Attraverso il confronto con l’accusa di specismo formulata da P. Singer nei confronti dell’antropocentrismo, e con la teoria delle capacità di M. Nussbaum, il testo si propone di evidenziare il nesso che esiste tra l’immagine dell’uomo che emerge dalla società (l’io sociale) e quella che ognuno cerca di ricavare attraverso un processo di riflessione sulla propria esperienza (l’io personale) . Questo nesso permette di affrontare pienamente la questione della disabilità (intesa come relazione che sussiste tra un ambiente e una persona affetta da malattia o menomazione) e il difficile rapporto che la persona può avere non soltanto con gli altri (secondo la celebre espressione di Sartre, l’‘inferno sono gli altri’), ma anche con se stessa, laddove l’immagine sociale dell’uomo risulta essere una specie di condanna e di giudizio sulla sua esistenza. Una chiarificazione di ciò che significa propriamente conoscere se stessi funge da percorso per una rilettura di alcune nozioni che accompagnano storicamente il tema della disabilità, a partire da quella che rimanda ai bisogni speciali, per terminare alle dinamiche dell’assistenza in bilico tra amore e risentimento, passando attraverso il tema del corpo vissuto e del corpo saputo. Particolare spazio è riservato al tema delle verità soggettive intese come quella verità (come tale, in linea di principio condivisibile e comprensibile) che ha bisogno di una comunicazione differente rispetto alla verità oggettiva intesa come verità che ha a che fare con oggetti dell’esperienza, cioè con qualcosa che è posto come estraneo alla soggettività. Il confronto con l’oggettività del sapere scientifico sul corpo umano (che è metodologicamente un sapere del cadavere nel senso che prescinde dal corpo vissuto come soggettività e che può perciò essere pensato come materia, come cosa) permette di comprendere le nuove immagini dell’umano e dell’esperienza che emergono nel contesto contemporaneo. Nel caso, emblematico, delle diagnosi precoci e delle diagnosi genetiche predittive asintomatiche, emerge con chiarezze come il corpo vissuto venga interpretato attraverso un corpo saputo e di fatto finisca con il condizionare lo stile di vita del soggetto che si trova imprigionato nella diagnosi. Il saggio si propone di evidenziare che la domanda sul “chi sono io” non può trovare adeguata risposta con il riferimento al che cosa è del corpo se questo è privato della soggettività che gli è immanente.
2010
Italiano
978-88343-1943-7
Pessina, A., Barriere della mente e barriere del corpo. Annotazioni per un'etica della soggettività empirica., Paradoxa. Etica della condizione umana, Vita e Pensiero, Milano 2010: 199-243 [http://hdl.handle.net/10807/4972]
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