Il saggio, incluso nel catalogo della mostra tenutasi nel 2013 al Museo di Santa Giulia di Brescia, presenta una delle sezioni della mostra stessa, dedicata al panorama artistico italiano del periodo compreso tra le due guerre mondiali, all'interno del quale, al di là della varietà di esperienze che lo caratterizzano, è possibile individuare alcune fondamentali linee di sviluppo e aggregazione, che rappresentano declinazioni diverse di quel clima di "ritorno all'ordine" diffuso nell'intera Europa. Anzitutto una tendenza di matrice metafisica, incarnata soprattutto da Giorgio de Chirico, il quale, dalla fine degli anni '10, è volto al recupero delle radici figurative e del "mestiere", cioè di una perizia tecnica che consenta il confronto con i maestri del passato. Un altro indirizzo, guidato da Margherita Sarfatti in veste di teorica e organizzatrice, coincide con il gruppo del "Novecento italiano": nel suo nucleo originario, che ha in Mario Sironi un carismatico capofila, si fa propugnatore del mito del "primordio" e di una "moderna classicità" di grande vigore plastico. Infine, tra la fine degli anni '20 e il principio dei '30, l'eterogeneo sodalizio degli "Italiens de Paris" (di nuovo de Chirico, con Gino Severini e altri), sostenuti soprattutto dal critico Waldemar George e dal gallerista Léonce Rosenberg, propone un limpido "classicismo mediterraneo". Vi furono poi esperienze più circoscritte, benché d'indubbio valore, come quella del Realismo magico, teorizzato da Massimo Bontempelli e praticato da Casorati e da un outsider di genio come Cagnaccio di San Pietro, campione di una pittura analitica, fredda, oggettiva, ma animata da un senso di straniamento e sospensione. Particolare e a sé stante è il caso di Giorgio Morandi e delle sue ascetiche nature morte, che costituiscono un'indagine meticolosa sulle relazioni di natura percettiva intercorrenti tra oggetto e soggetto, nella ricerca di una regola da cui scaturisca la coerenza dei rapporti fra l'ordine meditatissimo delle forme e le variazioni impercettibili del colore. Invece Antonietta Raphaël Mafai (lituana di nascita, inglese di cultura, romana per scelta) è autrice di sculture di concentrata purezza e plasticità, che conciliano, nei modi di un'originale figurazione, suggestioni molteplici e disparate, da Rodin a Epstein.
Bolpagni, P., Maestri della figurazione, in Lucchesi Ragni, E. (ed.), Novecento mai visto. Opere dalle collezioni bresciane. Da de Chirico a Cattelan e oltre, Grafo, San Zeno Naviglio 2013: 31- 42 [http://hdl.handle.net/10807/41710]
Maestri della figurazione
Bolpagni, Paolo
2013
Abstract
Il saggio, incluso nel catalogo della mostra tenutasi nel 2013 al Museo di Santa Giulia di Brescia, presenta una delle sezioni della mostra stessa, dedicata al panorama artistico italiano del periodo compreso tra le due guerre mondiali, all'interno del quale, al di là della varietà di esperienze che lo caratterizzano, è possibile individuare alcune fondamentali linee di sviluppo e aggregazione, che rappresentano declinazioni diverse di quel clima di "ritorno all'ordine" diffuso nell'intera Europa. Anzitutto una tendenza di matrice metafisica, incarnata soprattutto da Giorgio de Chirico, il quale, dalla fine degli anni '10, è volto al recupero delle radici figurative e del "mestiere", cioè di una perizia tecnica che consenta il confronto con i maestri del passato. Un altro indirizzo, guidato da Margherita Sarfatti in veste di teorica e organizzatrice, coincide con il gruppo del "Novecento italiano": nel suo nucleo originario, che ha in Mario Sironi un carismatico capofila, si fa propugnatore del mito del "primordio" e di una "moderna classicità" di grande vigore plastico. Infine, tra la fine degli anni '20 e il principio dei '30, l'eterogeneo sodalizio degli "Italiens de Paris" (di nuovo de Chirico, con Gino Severini e altri), sostenuti soprattutto dal critico Waldemar George e dal gallerista Léonce Rosenberg, propone un limpido "classicismo mediterraneo". Vi furono poi esperienze più circoscritte, benché d'indubbio valore, come quella del Realismo magico, teorizzato da Massimo Bontempelli e praticato da Casorati e da un outsider di genio come Cagnaccio di San Pietro, campione di una pittura analitica, fredda, oggettiva, ma animata da un senso di straniamento e sospensione. Particolare e a sé stante è il caso di Giorgio Morandi e delle sue ascetiche nature morte, che costituiscono un'indagine meticolosa sulle relazioni di natura percettiva intercorrenti tra oggetto e soggetto, nella ricerca di una regola da cui scaturisca la coerenza dei rapporti fra l'ordine meditatissimo delle forme e le variazioni impercettibili del colore. Invece Antonietta Raphaël Mafai (lituana di nascita, inglese di cultura, romana per scelta) è autrice di sculture di concentrata purezza e plasticità, che conciliano, nei modi di un'originale figurazione, suggestioni molteplici e disparate, da Rodin a Epstein.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.