Il periodo della guerra del Vietnam compreso tra il 1965 e il 1968, spesso frettolosamente riassunto con la semplice categoria dell’escalation, ad una attenta analisi storica si rivela ricco di eventi affascinanti e cruciali per la comprensione del seguito del conflitto e, in parte, anche del suo esito. Lo studio di questo periodo illumina un passaggio della Guerra fredda da leggere in una prospettiva non appiattita sul ruolo dominante delle due superpotenze e descrive il comportamento di altri importanti attori che non marciarono solo sui binari di una stretta e acritica osservanza delle scelte dell’Unione sovietica o degli Stati uniti. Nel caso dell’operazione Marigold, il tentativo italo-polacco di mediazione tra Washington e Hanoi che prese corpo alla fine del 1966, emergono gli esempi dell’Italia e della Polonia. L’Italia, nel campo atlantico, tentò con determinazione di assumere una posizione autonoma e mediativa, pur senza mai venire meno alla lealtà con gli Stati uniti. Ebbe in questo un ruolo particolarmente attivo il Ministro degli esteri Amintore Fanfani. In modo per vari aspetti speculare, nel campo socialista, la Polonia, paese cattolico e membro della Commissione internazionale di controllo in Vietnam del sud, volle farsi promotrice di una mediazione per la pace, in accordo con Mosca ma elaborando una politica estera originale di cui fu principale artefice il Ministro degli esteri, Adam Rapacki. Grazie all’uso delle fonti italiane disponibili, è possibile approfondire il ruolo dei governi Moro in tale contesto, arricchendo il quadro tratteggiato dalla storiografia internazionale e in particolare dagli studi di James G. Hershberg. Le posizioni di Paolo VI e della Santa Sede sono strettamente legate alle vicende trattate. Il desiderio del papa di coinvolgersi attivamente in una mediazione imparziale tra i belligeranti, la mobilitazione del mondo cattolico italiano, la questione del cattolicesimo vietnamita ebbero diversi punti di contatto con gli sforzi diplomatici dell’Italia. L’intricata storia dell’operazione Marigold e degli altri tentativi italiani per un negoziato di pace in Vietnam si intrecciò anche con il contemporaneo inasprimento della rottura sino-sovietica: sebbene per gli americani che si occupavano della guerra del Vietnam fosse evidente il disaccordo tra Urss e Repubblica popolare cinese, la retorica ufficiale dell’amministrazione Johnson continuava a parlare di una minaccia del blocco comunista unito. Acutamente consapevole dei rischi di questa divisione era il Pci, che nei tre anni esaminati mantenne viva la sua attenzione verso l’operato del governo italiano e a tratti assunse un ruolo di collaborazione per la pace in Vietnam.

Giunipero, E. M., Il contributo italiano alla pace in Vietnam, EDUCatt, Milano 2012:2012 82 [https://hdl.handle.net/10807/40643]

Il contributo italiano alla pace in Vietnam

Giunipero, Elisa Maria
2012

Abstract

Il periodo della guerra del Vietnam compreso tra il 1965 e il 1968, spesso frettolosamente riassunto con la semplice categoria dell’escalation, ad una attenta analisi storica si rivela ricco di eventi affascinanti e cruciali per la comprensione del seguito del conflitto e, in parte, anche del suo esito. Lo studio di questo periodo illumina un passaggio della Guerra fredda da leggere in una prospettiva non appiattita sul ruolo dominante delle due superpotenze e descrive il comportamento di altri importanti attori che non marciarono solo sui binari di una stretta e acritica osservanza delle scelte dell’Unione sovietica o degli Stati uniti. Nel caso dell’operazione Marigold, il tentativo italo-polacco di mediazione tra Washington e Hanoi che prese corpo alla fine del 1966, emergono gli esempi dell’Italia e della Polonia. L’Italia, nel campo atlantico, tentò con determinazione di assumere una posizione autonoma e mediativa, pur senza mai venire meno alla lealtà con gli Stati uniti. Ebbe in questo un ruolo particolarmente attivo il Ministro degli esteri Amintore Fanfani. In modo per vari aspetti speculare, nel campo socialista, la Polonia, paese cattolico e membro della Commissione internazionale di controllo in Vietnam del sud, volle farsi promotrice di una mediazione per la pace, in accordo con Mosca ma elaborando una politica estera originale di cui fu principale artefice il Ministro degli esteri, Adam Rapacki. Grazie all’uso delle fonti italiane disponibili, è possibile approfondire il ruolo dei governi Moro in tale contesto, arricchendo il quadro tratteggiato dalla storiografia internazionale e in particolare dagli studi di James G. Hershberg. Le posizioni di Paolo VI e della Santa Sede sono strettamente legate alle vicende trattate. Il desiderio del papa di coinvolgersi attivamente in una mediazione imparziale tra i belligeranti, la mobilitazione del mondo cattolico italiano, la questione del cattolicesimo vietnamita ebbero diversi punti di contatto con gli sforzi diplomatici dell’Italia. L’intricata storia dell’operazione Marigold e degli altri tentativi italiani per un negoziato di pace in Vietnam si intrecciò anche con il contemporaneo inasprimento della rottura sino-sovietica: sebbene per gli americani che si occupavano della guerra del Vietnam fosse evidente il disaccordo tra Urss e Repubblica popolare cinese, la retorica ufficiale dell’amministrazione Johnson continuava a parlare di una minaccia del blocco comunista unito. Acutamente consapevole dei rischi di questa divisione era il Pci, che nei tre anni esaminati mantenne viva la sua attenzione verso l’operato del governo italiano e a tratti assunse un ruolo di collaborazione per la pace in Vietnam.
2012
Italiano
Monografia o trattato scientifico
EDUCatt
Giunipero, E. M., Il contributo italiano alla pace in Vietnam, EDUCatt, Milano 2012:2012 82 [https://hdl.handle.net/10807/40643]
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