L’Italia si è affermata come secondo produttore manifatturiero d’Europa dopo la Germania. Ciò in virtù di un forte orientamento all’export della propria industria. Oggi l’Italia è uno dei soli cinque Paesi del G-20, assieme a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, a presentare un surplus commerciale con l’estero nei manufatti non alimentari. Un posizionamento costruito passo dopo passo nei 150 anni dall’unificazione, con una accelerazione nel secondo dopoguerra quando il made in Italy si è imposto sui mercati internazionali non soltanto nei settori più noti dei beni per la persona (moda e relativi accessori) e la casa (mobili, piastrelle), ma anche in quello della meccanica. Questo saggio esamina sia l’interscambio commerciale sia gli investimenti diretti esteri dell’Italia in un lungo arco temporale. I tradizionali indici di pre-condizione della competitività, come la produttività o il tasso di cambio effettivo, sembrerebbero oggi condannare l’Italia ad essere debole nel commercio internazionale. Ma gli indicatori di competitività basati sui risultati, tra cui il recente Trade Performance Index dell’UNCTAD/WTO, mostrano una realtà differente. Superata la prima difficile fase della globalizzazione, il made in Italy punta ai mercati emergenti valorizzando le sue specializzazioni di nicchia.
Fortis, M., Esportazioni, investimenti diretti esteri e competitività del sistema paese nel mercato internazionale, Centocinquanta anni di economia italiana, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012: 57-144 [http://hdl.handle.net/10807/37258]
Esportazioni, investimenti diretti esteri e competitività del sistema paese nel mercato internazionale
Fortis, Marco
2012
Abstract
L’Italia si è affermata come secondo produttore manifatturiero d’Europa dopo la Germania. Ciò in virtù di un forte orientamento all’export della propria industria. Oggi l’Italia è uno dei soli cinque Paesi del G-20, assieme a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, a presentare un surplus commerciale con l’estero nei manufatti non alimentari. Un posizionamento costruito passo dopo passo nei 150 anni dall’unificazione, con una accelerazione nel secondo dopoguerra quando il made in Italy si è imposto sui mercati internazionali non soltanto nei settori più noti dei beni per la persona (moda e relativi accessori) e la casa (mobili, piastrelle), ma anche in quello della meccanica. Questo saggio esamina sia l’interscambio commerciale sia gli investimenti diretti esteri dell’Italia in un lungo arco temporale. I tradizionali indici di pre-condizione della competitività, come la produttività o il tasso di cambio effettivo, sembrerebbero oggi condannare l’Italia ad essere debole nel commercio internazionale. Ma gli indicatori di competitività basati sui risultati, tra cui il recente Trade Performance Index dell’UNCTAD/WTO, mostrano una realtà differente. Superata la prima difficile fase della globalizzazione, il made in Italy punta ai mercati emergenti valorizzando le sue specializzazioni di nicchia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.