Chi progetta interventi in campo sociale elabora strategie per modificare la realtà, producendo “benessere”. In questo senso, l’intervento progettato costituisce un’azione di cambiamento sociale. Com’è noto, il tema del cambiamento ripropone fin dagli esordi della sociologia un inconciliabile dilemma: il cambiamento è governato da un determinismo meccanicistico nel quale l’uomo è un ingranaggio che non ha possibilità di interferire con le leggi che governano il divenire, oppure i soggetti sociali con la propria volontà sono all’origine dei mutamenti piccoli o grandi che modificano nel tempo la società in cui viviamo? A partire da questa contrapposizione si genera un paradosso che l’operatore in campo sociale generalmente non tematizza, ritendo scontato che la sua azione sia comunque possibile: ▪ fosse vera la prima ipotesi, qualsiasi azione di un operatore tesa a modificare uno stato di cose risulterebbe inutile, perché si scontrerebbe con leggi deterministiche contro cui l’uomo singolo nulla può fare; ▪ ma, fosse vera la seconda ipotesi, l’operatore o un servizio sociale, pur essendo in grado di modificare la realtà, nulla potrebbero contro la volontà di chi si trova nella situazione di malessere, dotato della medesima e in condizionabile capacità d’agire. In altre parole, per intervenire bisogna presupporre che l’operatore sociale sia in grado di agire sulla realtà, di inserirsi attivamente nel divenire sociale, piegando a proprio vantaggio il materiale socio-culturale che ha a disposizione, e contemporaneamente deve poter “interferire” con la capacità d’agire dei soggetti sui quali interviene. La comunicazione proposta ipotizza che, attraverso una progettazione di tipo “relazionale”, sia possibile accompagnare la realtà sociale e i soggetti che la abitano a reperire e mettere in atto le strategie idonee a generare un benessere di tipo “relazionale”. La chiave per risolvere il dilemma è individuata col supporto della teoria morfogenetica di Margaret Archer e della teoria relazionale di Pierpaolo Donati.

Carra', E., Dalla progettazione personale alla progettazione relazionale. Spunti da una ricerca sui Centri di aggregazione giovanile a Milano, in Terenzi, P. (ed.), Percorsi di sociologia relazionale, Franco Angeli, Milano 2012: 221- 237 [http://hdl.handle.net/10807/36807]

Dalla progettazione personale alla progettazione relazionale. Spunti da una ricerca sui Centri di aggregazione giovanile a Milano

Carra', Elisabetta
2012

Abstract

Chi progetta interventi in campo sociale elabora strategie per modificare la realtà, producendo “benessere”. In questo senso, l’intervento progettato costituisce un’azione di cambiamento sociale. Com’è noto, il tema del cambiamento ripropone fin dagli esordi della sociologia un inconciliabile dilemma: il cambiamento è governato da un determinismo meccanicistico nel quale l’uomo è un ingranaggio che non ha possibilità di interferire con le leggi che governano il divenire, oppure i soggetti sociali con la propria volontà sono all’origine dei mutamenti piccoli o grandi che modificano nel tempo la società in cui viviamo? A partire da questa contrapposizione si genera un paradosso che l’operatore in campo sociale generalmente non tematizza, ritendo scontato che la sua azione sia comunque possibile: ▪ fosse vera la prima ipotesi, qualsiasi azione di un operatore tesa a modificare uno stato di cose risulterebbe inutile, perché si scontrerebbe con leggi deterministiche contro cui l’uomo singolo nulla può fare; ▪ ma, fosse vera la seconda ipotesi, l’operatore o un servizio sociale, pur essendo in grado di modificare la realtà, nulla potrebbero contro la volontà di chi si trova nella situazione di malessere, dotato della medesima e in condizionabile capacità d’agire. In altre parole, per intervenire bisogna presupporre che l’operatore sociale sia in grado di agire sulla realtà, di inserirsi attivamente nel divenire sociale, piegando a proprio vantaggio il materiale socio-culturale che ha a disposizione, e contemporaneamente deve poter “interferire” con la capacità d’agire dei soggetti sui quali interviene. La comunicazione proposta ipotizza che, attraverso una progettazione di tipo “relazionale”, sia possibile accompagnare la realtà sociale e i soggetti che la abitano a reperire e mettere in atto le strategie idonee a generare un benessere di tipo “relazionale”. La chiave per risolvere il dilemma è individuata col supporto della teoria morfogenetica di Margaret Archer e della teoria relazionale di Pierpaolo Donati.
2012
Italiano
Percorsi di sociologia relazionale
978-88-568-4578-5
Carra', E., Dalla progettazione personale alla progettazione relazionale. Spunti da una ricerca sui Centri di aggregazione giovanile a Milano, in Terenzi, P. (ed.), Percorsi di sociologia relazionale, Franco Angeli, Milano 2012: 221- 237 [http://hdl.handle.net/10807/36807]
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