Il tema centrale del volume ruota attorno all’interrogativo sulla punizione e la ricerca di modalità di adesione alle regole fondate sul consenso e sulla motivazione: su questo tema si confrontano una giurista, con esperienza del mondo minorile e della mediazione penale, e una sociologa dell’educazione. Pur nella diversità delle prospettive disciplinari, le due autrici, guidate da un medesimo ideale, si incontrano in una sorta di ‘riflessione a due voci’. Nella Parte Prima, Claudia Mazzucato, giurista, disegna il lungo cammino del diritto penale incontro alla democrazia, valore regolativo della vita civile e auspicabile punto di riferimento anche per le attività di controllo del crimine. Non è, infatti – sostiene l’Autrice - la repressione, con pene sempre più severe, a rendere sicura una società; sono i precetti penali a raccogliere il consenso dei cittadini attivando dinamiche di rispetto volontario della legge. Anzi, la pena – la parte ‘buia’ del diritto penale – finisce spesso per essere più affine al reato da contrastare piuttosto che al precetto comportamentale di cui vorrebbe ribadire la vigenza. Una credibile prevenzione dei reati rimanda, quindi, a una politica criminale ‘orientata al consenso’: ovvero, democraticamente capace di servirsi della ‘luminosità’ dei precetti comportamentali per condurre i cittadini a forme di convinta legalità, e capace di sostituire al disumano subire veicolato dalla pena, un umano darsi da fare, nella riparazione delle conseguenze del reato e nell’assunzione libera di impegni a favore delle vittime. Nella Parte Seconda, Ilaria Marchetti, sociologa, muove invece da un’analisi dei sistemi e dei modelli educativi utilizzati nel tempo come risposta alla trasgressione, evidenziando il rapporto controverso fra la punizione e i processi di apprendimento delle regole sociali. L’indagine rivela come le conseguenze punitive alla devianza raramente determinano un ravvedimento; quasi mai la minaccia di una punizione costruisce comportamenti regolari; semmai, essa determina ‘azioni regolate’, prive di autonomia. Eppure i sistemi sociali continuano ad affidare alla punizione il loro compito di educare e la loro funzione di prevenire le condotte devianti. Alla luce di tali considerazioni, lo studio della sociologa si spinge in una “pars construens”. Evidenziati i rischi di risposte giocate ora con la forza bruta di una pena, ora con l’inerzia di un lassismo crudele, auspica una via nuova, impegnativa, ma densa di speranze: la ricerca di un’adesione spontanea alle regole sociali, attraverso la cura dei processi di socializzazione normativa.
Mazzucato, C., Marchetti, I., La pena 'in castigo'. Un'analisi critica su regole e sanzioni, Vita e Pensiero, Milano 2006:<<Università - Diritto - Ricerche>>, 274 [http://hdl.handle.net/10807/36472]
La pena 'in castigo'. Un'analisi critica su regole e sanzioni
Mazzucato, Claudia;Marchetti, Ilaria
2006
Abstract
Il tema centrale del volume ruota attorno all’interrogativo sulla punizione e la ricerca di modalità di adesione alle regole fondate sul consenso e sulla motivazione: su questo tema si confrontano una giurista, con esperienza del mondo minorile e della mediazione penale, e una sociologa dell’educazione. Pur nella diversità delle prospettive disciplinari, le due autrici, guidate da un medesimo ideale, si incontrano in una sorta di ‘riflessione a due voci’. Nella Parte Prima, Claudia Mazzucato, giurista, disegna il lungo cammino del diritto penale incontro alla democrazia, valore regolativo della vita civile e auspicabile punto di riferimento anche per le attività di controllo del crimine. Non è, infatti – sostiene l’Autrice - la repressione, con pene sempre più severe, a rendere sicura una società; sono i precetti penali a raccogliere il consenso dei cittadini attivando dinamiche di rispetto volontario della legge. Anzi, la pena – la parte ‘buia’ del diritto penale – finisce spesso per essere più affine al reato da contrastare piuttosto che al precetto comportamentale di cui vorrebbe ribadire la vigenza. Una credibile prevenzione dei reati rimanda, quindi, a una politica criminale ‘orientata al consenso’: ovvero, democraticamente capace di servirsi della ‘luminosità’ dei precetti comportamentali per condurre i cittadini a forme di convinta legalità, e capace di sostituire al disumano subire veicolato dalla pena, un umano darsi da fare, nella riparazione delle conseguenze del reato e nell’assunzione libera di impegni a favore delle vittime. Nella Parte Seconda, Ilaria Marchetti, sociologa, muove invece da un’analisi dei sistemi e dei modelli educativi utilizzati nel tempo come risposta alla trasgressione, evidenziando il rapporto controverso fra la punizione e i processi di apprendimento delle regole sociali. L’indagine rivela come le conseguenze punitive alla devianza raramente determinano un ravvedimento; quasi mai la minaccia di una punizione costruisce comportamenti regolari; semmai, essa determina ‘azioni regolate’, prive di autonomia. Eppure i sistemi sociali continuano ad affidare alla punizione il loro compito di educare e la loro funzione di prevenire le condotte devianti. Alla luce di tali considerazioni, lo studio della sociologa si spinge in una “pars construens”. Evidenziati i rischi di risposte giocate ora con la forza bruta di una pena, ora con l’inerzia di un lassismo crudele, auspica una via nuova, impegnativa, ma densa di speranze: la ricerca di un’adesione spontanea alle regole sociali, attraverso la cura dei processi di socializzazione normativa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.