Oggi molto si parla di strumenti partecipativi e del loro utilizzo nell’ambito dei processi decisionali pubblici e privati; soprattutto, il loro impiego sembra essersi consolidato nella pianificazione ambientale e territoriale, e nel contesto urbano. Il ricorso a tali strumenti, inoltre, non è più né sporadico, né lasciato alla libera iniziativa di qualche volenteroso, come dimostrato ad esempio dal fatto che questi rappresentano l’oggetto di una relativamente recente direttiva europea. Tuttavia, alcuni continuano a manifestare qualche perplessità sulla reale efficacia e utilità della partecipazione: in particolare, coloro che scelgono di adottare tale sistema gli contestano di rallentare il processo decisionale; mentre coloro che sono chiamati a partecipare criticano il fatto di non vedere quasi mai tradotta la propria volontà in alcunché di fatto. Perché – dunque - si registrano tendenze così divergenti? Forse semplicemente perché le sperimentazioni finora effettuate sono assai numerose e assai diverse, in termini di tipologia di strumenti utilizzati, modalità di organizzazione dei lavori e di coinvolgimento degli stake-holder, e anche risultati raggiunti. Il presente contributo, dunque, senza alcuna pretesa di esaustività, si pone quale principale obiettivo l’individuazione di alcuni elementi chiave per la buona riuscita delle pratiche partecipative; gli spunti di riflessione sono forniti dalle numerose esperienze vissute direttamente sul campo, di cui le più significative vengono di seguito brevemente illustrate. Il lavoro, quindi, è così strutturato: nel primo paragrafo si avanzano alcune ipotesi sul perché – oggi - gli strumenti partecipativi vengano così ampiamente impiegati in particolare nelle fasi di programmazione e pianificazione territoriale e ambientale del settore pubblico. I quattro paragrafi successivi sono invece dedicati all’illustrazione di alcune forme di progettazione partecipata, e, oltre a rappresentare un quadro parziale – ma viario – di possibili differenti modalità di partecipazione, offrono alcuni spunti di riflessione sui punti di forza e di debolezza di tali strumenti. Nell’ultimo paragrafo sono infine esposte alcune considerazioni conclusive sull’argomento.

Beretta, I., Limiti e utilità degli strumenti partecipativi nella pianificazione ambientale, in Malavasi, P. (ed.), L'ambiente conteso. Ricerca e formazione tra scienza e governance dello sviluppo umano, Vita e Pensiero, Milano 2011: 123- 134 [http://hdl.handle.net/10807/3617]

Limiti e utilità degli strumenti partecipativi nella pianificazione ambientale

Beretta, Ilaria
2011

Abstract

Oggi molto si parla di strumenti partecipativi e del loro utilizzo nell’ambito dei processi decisionali pubblici e privati; soprattutto, il loro impiego sembra essersi consolidato nella pianificazione ambientale e territoriale, e nel contesto urbano. Il ricorso a tali strumenti, inoltre, non è più né sporadico, né lasciato alla libera iniziativa di qualche volenteroso, come dimostrato ad esempio dal fatto che questi rappresentano l’oggetto di una relativamente recente direttiva europea. Tuttavia, alcuni continuano a manifestare qualche perplessità sulla reale efficacia e utilità della partecipazione: in particolare, coloro che scelgono di adottare tale sistema gli contestano di rallentare il processo decisionale; mentre coloro che sono chiamati a partecipare criticano il fatto di non vedere quasi mai tradotta la propria volontà in alcunché di fatto. Perché – dunque - si registrano tendenze così divergenti? Forse semplicemente perché le sperimentazioni finora effettuate sono assai numerose e assai diverse, in termini di tipologia di strumenti utilizzati, modalità di organizzazione dei lavori e di coinvolgimento degli stake-holder, e anche risultati raggiunti. Il presente contributo, dunque, senza alcuna pretesa di esaustività, si pone quale principale obiettivo l’individuazione di alcuni elementi chiave per la buona riuscita delle pratiche partecipative; gli spunti di riflessione sono forniti dalle numerose esperienze vissute direttamente sul campo, di cui le più significative vengono di seguito brevemente illustrate. Il lavoro, quindi, è così strutturato: nel primo paragrafo si avanzano alcune ipotesi sul perché – oggi - gli strumenti partecipativi vengano così ampiamente impiegati in particolare nelle fasi di programmazione e pianificazione territoriale e ambientale del settore pubblico. I quattro paragrafi successivi sono invece dedicati all’illustrazione di alcune forme di progettazione partecipata, e, oltre a rappresentare un quadro parziale – ma viario – di possibili differenti modalità di partecipazione, offrono alcuni spunti di riflessione sui punti di forza e di debolezza di tali strumenti. Nell’ultimo paragrafo sono infine esposte alcune considerazioni conclusive sull’argomento.
2011
Italiano
L'ambiente conteso. Ricerca e formazione tra scienza e governance dello sviluppo umano
978-88-343-21188
Beretta, I., Limiti e utilità degli strumenti partecipativi nella pianificazione ambientale, in Malavasi, P. (ed.), L'ambiente conteso. Ricerca e formazione tra scienza e governance dello sviluppo umano, Vita e Pensiero, Milano 2011: 123- 134 [http://hdl.handle.net/10807/3617]
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