La sostenibilità del debito pubblico italiano va misurata non soltanto in rapporto al PIL ma anche in relazione ad una serie di “fattori rilevanti” o “attenuanti”. Tra questi il più significativo è costituito dall’elevato ammontare della ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane. Ma il concetto di "debito aggregato" (quello cioè che comprende assieme al debito pubblico anche i debiti di famiglie e imprese per rappresentare la situazione finanziaria complessiva di un Paese), da molti viene considerato come una “forzatura”. E questo nonostante da due anni la Banca di Francia pubblichi regolarmente un bollettino trimestrale sul debito “aggregato” dei principali Paesi avanzati; la Banca d’Italia abbia inserito a pieno titolo il debito privato tra gli indicatori chiave del suo Rapporto sulla sostenibilità finanziaria; McKinsey abbia creato un osservatorio permanente sul debito “aggregato” a cui l’Economist ha dato ampia risonanza; e la scorsa estate l’Italia abbia ottenuto che lo stock di risparmio privato sia tenuto nella dovuta considerazione nella riscrittura del nuovo patto di stabilità rafforzato dell’Europa. Tuttavia, il risparmio privato, al di là delle enunciazioni di massima, non è mai stato inserito nella “formula europea” di calcolo dell’impegno annuale di riduzione del debito pubblico. Ed è questo che l'Italia deve chiedere all'Europa: preetendere che il nuovo patto fiscale tenga concretamente conto tra i fattori “attenuanti” dello stock di risparmio privato, poiché il ritmo della riduzione del nostro debito pubblico deve essere commisurato alla nostra reale situazione finanziaria complessiva e non al solo indicatore del rapporto debito/PIL.
Fortis, M., Cosa l'Italia dovrebbe chiedere all'Europa. Riduzione del debito e fattori rilevanti, <<Approfondimenti statistici della Fondazione Edison>>, 2012; 95 (Febbraio): 1-4 [http://hdl.handle.net/10807/35526]
Cosa l'Italia dovrebbe chiedere all'Europa. Riduzione del debito e fattori rilevanti
Fortis, Marco
2012
Abstract
La sostenibilità del debito pubblico italiano va misurata non soltanto in rapporto al PIL ma anche in relazione ad una serie di “fattori rilevanti” o “attenuanti”. Tra questi il più significativo è costituito dall’elevato ammontare della ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane. Ma il concetto di "debito aggregato" (quello cioè che comprende assieme al debito pubblico anche i debiti di famiglie e imprese per rappresentare la situazione finanziaria complessiva di un Paese), da molti viene considerato come una “forzatura”. E questo nonostante da due anni la Banca di Francia pubblichi regolarmente un bollettino trimestrale sul debito “aggregato” dei principali Paesi avanzati; la Banca d’Italia abbia inserito a pieno titolo il debito privato tra gli indicatori chiave del suo Rapporto sulla sostenibilità finanziaria; McKinsey abbia creato un osservatorio permanente sul debito “aggregato” a cui l’Economist ha dato ampia risonanza; e la scorsa estate l’Italia abbia ottenuto che lo stock di risparmio privato sia tenuto nella dovuta considerazione nella riscrittura del nuovo patto di stabilità rafforzato dell’Europa. Tuttavia, il risparmio privato, al di là delle enunciazioni di massima, non è mai stato inserito nella “formula europea” di calcolo dell’impegno annuale di riduzione del debito pubblico. Ed è questo che l'Italia deve chiedere all'Europa: preetendere che il nuovo patto fiscale tenga concretamente conto tra i fattori “attenuanti” dello stock di risparmio privato, poiché il ritmo della riduzione del nostro debito pubblico deve essere commisurato alla nostra reale situazione finanziaria complessiva e non al solo indicatore del rapporto debito/PIL.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.