Il commento alle disposizioni del Titolo IX-bis del codice penale, recante i Delitti contro il sentimento per gli animali, viene affrontato a partire da due nodi problematici di particolare spessore per il diritto penale: il bene giuridico e le strategie di tutela. Le due questioni penalistiche sono affrontate nel quadro del più ampio dibattito giuridico-filosofico intorno alla soggettività animale e ai diritti degli animali, di cui si indagano i possibili corollari dal versante del diritto penale. Il saggio prende le distanze, in termini garantistici, dalla tutela penale del (mero) “sentimento” , concetto troppo inafferrabile e ondivago per assurgere di per sé a bene giuridico, e individua nella relazione uomo-animale l’effettivo oggetto della tutela penalistica offerta dagli artt. 544-bis e segg. c.p. Le fattispecie che vietano l’uccisione, il maltrattamento, ecc. degli animali sono poste criticamente in relazione alla vasta serie di norme di liceità (allevamento, mattazione, macellazione, sperimentazione, ecc.), sottolineando le incongruenze e le contraddizioni di un ordinamento giuridico in cui, con riferimento agli animali, il sistema penale finisce quasi per assumere i contorni del “diritto promozionale”, mentre gli altri rami dell’ordinamento facoltizzano ampiamente condotte lesive nei confronti degli animali. Con le nuove fattispecie a tutela della relazione uomo-animale entra in campo la pena detentiva. Il dibattito sulla «questione animale» – pur non certo mosso da logiche e intenti retribuzionistici – si è tuttavia preoccupato di lavorare per l’affermazione della meritevolezza di protezione degli animali, invocando l’intervento del diritto penale a motivo della sua forza espressiva e culturale e trascurando, invece, con negligente disattenzione, le sue drammatiche implicazioni punitive. L’impressione è che il diritto penale che ne è scaturito abbia perduto verso gli uomini quella mitezza che esso vorrebbe raccomandare a quest’ultimi nei confronti degli animali. Sorge, così, ineludibile, il quesito intorno alla coerenza (o meno) del trattamento sanzionatorio con le premesse culturali, etiche e politico-criminali che hanno suscitato il riconoscimento di uno spazio giuridico di protezione penale del rapporto uomo-animale.
Mazzucato, C., Bene giuridico e "questione sentimento" nella tutela penale della relazione uomo-animale. Ridisegnare i confini, ripensare le sanzioni, in Castignone, S., Lombardi Vallauri, L. (ed.), La questione animale, Trattato di biodiritto diretto da Stefano Rodotà e Paolo Zatti, Giuffrè Editore, Milano 2012: 687- 723 [http://hdl.handle.net/10807/33509]
Bene giuridico e "questione sentimento" nella tutela penale della relazione uomo-animale. Ridisegnare i confini, ripensare le sanzioni
Mazzucato, Claudia
2012
Abstract
Il commento alle disposizioni del Titolo IX-bis del codice penale, recante i Delitti contro il sentimento per gli animali, viene affrontato a partire da due nodi problematici di particolare spessore per il diritto penale: il bene giuridico e le strategie di tutela. Le due questioni penalistiche sono affrontate nel quadro del più ampio dibattito giuridico-filosofico intorno alla soggettività animale e ai diritti degli animali, di cui si indagano i possibili corollari dal versante del diritto penale. Il saggio prende le distanze, in termini garantistici, dalla tutela penale del (mero) “sentimento” , concetto troppo inafferrabile e ondivago per assurgere di per sé a bene giuridico, e individua nella relazione uomo-animale l’effettivo oggetto della tutela penalistica offerta dagli artt. 544-bis e segg. c.p. Le fattispecie che vietano l’uccisione, il maltrattamento, ecc. degli animali sono poste criticamente in relazione alla vasta serie di norme di liceità (allevamento, mattazione, macellazione, sperimentazione, ecc.), sottolineando le incongruenze e le contraddizioni di un ordinamento giuridico in cui, con riferimento agli animali, il sistema penale finisce quasi per assumere i contorni del “diritto promozionale”, mentre gli altri rami dell’ordinamento facoltizzano ampiamente condotte lesive nei confronti degli animali. Con le nuove fattispecie a tutela della relazione uomo-animale entra in campo la pena detentiva. Il dibattito sulla «questione animale» – pur non certo mosso da logiche e intenti retribuzionistici – si è tuttavia preoccupato di lavorare per l’affermazione della meritevolezza di protezione degli animali, invocando l’intervento del diritto penale a motivo della sua forza espressiva e culturale e trascurando, invece, con negligente disattenzione, le sue drammatiche implicazioni punitive. L’impressione è che il diritto penale che ne è scaturito abbia perduto verso gli uomini quella mitezza che esso vorrebbe raccomandare a quest’ultimi nei confronti degli animali. Sorge, così, ineludibile, il quesito intorno alla coerenza (o meno) del trattamento sanzionatorio con le premesse culturali, etiche e politico-criminali che hanno suscitato il riconoscimento di uno spazio giuridico di protezione penale del rapporto uomo-animale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.