Un buon modo per cogliere il dinamismo interno all’esperienza dello sperare si può rinvenire nella definizione, in fondo estremamente fenomenologica, che ne aveva dato Tommaso d’Aquino: «oggetto della speranza è un bene futuro arduo, ma possibile a raggiungersi». Nella sua precisione la citazione tomasiana coglie, infatti, l’essenziale: se nella speranza c’è la domanda di realizzazione di un bene che non appare già presente, nondimeno le è proprio il fatto che questa realizzazione possa essere effettivamente raggiunta, nonostante le difficoltà. Così, il dinamismo implicito nello sperare appare arduo – come appunto riconosce con realismo Tommaso – restando tuttavia legato a qualcosa di raggiungibile, sulla base di una chiosa che non può passare inosservata nella misura in cui è già in se stessa, a ben vedere, un segno di speranza. La fenomenologia dello speranza – che qui possiamo solamente accennare per lasciare spazio all’angolazione propriamente bioetica del nostro contributo – può essere dunque individuata chiamando in causa alcuni suoi elementi essenziali: l’apertura a una dimensione temporale segnata da una possibile incertezza, di cui proprio la speranza vuole essere una risposta; la tensione determinata dal desiderio di un bene di cui si invoca il raggiungimento; il senso dominante di un’attesa circa la sua possibile realizzazione, rispetto a cui sembra quasi di poter dire che il telos di ogni singola speranza sia proprio quello di sparire, per lasciare il posto al godimento del bene atteso e ricercato, alla gioia della sua pura e semplice presenza.

Musio, A., Oltre il dolore e la sofferenza. La bioetica e il realismo della speranza, in Maier Robertomons. Giuliodori Claudi, M. R. G. C. (ed.), Spes contra Spem. Per una coreografia della speranza, Vita e Pensiero, Milano 2025: 129- 144 [https://hdl.handle.net/10807/327165]

Oltre il dolore e la sofferenza. La bioetica e il realismo della speranza

Musio, Alessio
2025

Abstract

Un buon modo per cogliere il dinamismo interno all’esperienza dello sperare si può rinvenire nella definizione, in fondo estremamente fenomenologica, che ne aveva dato Tommaso d’Aquino: «oggetto della speranza è un bene futuro arduo, ma possibile a raggiungersi». Nella sua precisione la citazione tomasiana coglie, infatti, l’essenziale: se nella speranza c’è la domanda di realizzazione di un bene che non appare già presente, nondimeno le è proprio il fatto che questa realizzazione possa essere effettivamente raggiunta, nonostante le difficoltà. Così, il dinamismo implicito nello sperare appare arduo – come appunto riconosce con realismo Tommaso – restando tuttavia legato a qualcosa di raggiungibile, sulla base di una chiosa che non può passare inosservata nella misura in cui è già in se stessa, a ben vedere, un segno di speranza. La fenomenologia dello speranza – che qui possiamo solamente accennare per lasciare spazio all’angolazione propriamente bioetica del nostro contributo – può essere dunque individuata chiamando in causa alcuni suoi elementi essenziali: l’apertura a una dimensione temporale segnata da una possibile incertezza, di cui proprio la speranza vuole essere una risposta; la tensione determinata dal desiderio di un bene di cui si invoca il raggiungimento; il senso dominante di un’attesa circa la sua possibile realizzazione, rispetto a cui sembra quasi di poter dire che il telos di ogni singola speranza sia proprio quello di sparire, per lasciare il posto al godimento del bene atteso e ricercato, alla gioia della sua pura e semplice presenza.
2025
Italiano
Spes contra Spem. Per una coreografia della speranza
978-88-343-6154-2
Vita e Pensiero
Musio, A., Oltre il dolore e la sofferenza. La bioetica e il realismo della speranza, in Maier Robertomons. Giuliodori Claudi, M. R. G. C. (ed.), Spes contra Spem. Per una coreografia della speranza, Vita e Pensiero, Milano 2025: 129- 144 [https://hdl.handle.net/10807/327165]
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