Parole che dicono emozioni

This paper investigates the role of language in conflict re-composition, understood not as mere reconciliation, but as the conscious acquisition of the emotional significance of relational rupture. From a linguistic perspective, it explores how words can transform an inarticulate cry into communicable speech. The analysis focuses on the distinction between manifested, argued, and explicitly stated emotions, highlighting the power of verbal language to shape and give meaning to emotional experience. Words allow the emotional dimension of conflict and the underlying interests to become visible, thus decisively enhancing the quality of communication. Ultimately, language becomes a tool of mediation aimed at generating shared meaning (or “consensus”), as it makes possible overcoming the absence of an expected good.

Il contributo indaga il ruolo del linguaggio nella ricomposizione del conflitto, intesa non come semplice riconciliazione, ma come acquisizione consapevole del significato emotivo della frattura relazionale. Attraverso la prospettiva della linguistica, si esplora la funzione della parola, in particolare nel trasformare il grido inarticolato in parola comunicabile. L’analisi si fonda sulla distinzione tra emozioni manifestate, argomentate e dette, mettendo in luce il potere del linguaggio verbale nel dare forma e senso alla dimensione emotiva. Le parole permettono di “vedere” la componente emotiva del conflitto e gli interessi in gioco, contribuendo in modo decisivo alla qualità della comunicazione. La parola diventa in effetti strumento di mediazione in vista di un senso condiviso (o con-senso), inteso come superamento dell’assenza di un bene atteso.