Com’è noto, nel titolo del Digesto 34.2 De auro argento mundo ornamentis unguentis veste vel vestimentis et statuis legatis vi è una serie di frammenti che, in una sorta di crescendo narrativo, forniscono indicazioni sempre più dettagliate sul legato di vestis o vestimenta. Da questi testi emerge l’attenzione dei giuristi per i materiali e le tecniche di confezionamento degli indumenti: la lana era la fibra principale, seguita da lino e seta (serica e bombicina); ma si utilizzavano anche pelles, con o senza pelo, talvolta adoperate come mantelli di giorno o coperte di notte. Le pelles lanatae, invece, non erano considerate come capi d’abbigliamento, ragione per cui erano escluse dal legato di abbigliamento. A ciò si aggiunga che il termine pellis, di per sé, ha un significato ambiguo: a seconda del contesto, infatti, esso può indicare la ‘pelle’ o la ‘pelliccia’ o entrambe contemporaneamente e, visto che i pochi testi giuridici che si occupano dei legati di indumenti confezionati con pelles non riguardano singoli specifici casi problematici, ma sono di ampio respiro, è difficile comprendere l’esatto significato che la parola ha in ognuno di essi. Va da sé, quindi, che, per stabilire se le vesti dei testi di diritto ereditario confezionate con pelles fossero fatte di pelle o di pelliccia, è indispensabile consultare le opere della letteratura latina, i reperti archeologici e gli studi antichistici in modo che si possa almeno provare a immaginare come si presentassero questi abiti, in quali specifiche circostanze venissero indossati e perché i giuristi ad es. negassero alle pelles lanatae la natura di pelles indutoriae. L’analisi sarà dunque impostata con il metodo interdisciplinare, valorizzando le interconnessioni fra giurisprudenza romana e fonti storiche, letterarie e materiali.
Scotti, F. S., Legati di pelli e pellicce nelle fonti giuridiche romane, in Massimo Migliett, M. M., Gianluca Mainin, G. M. (ed.), 'Liber amicitiae' per Ernesto Bianchi, Cacucci Editore, Bari 2024: Quaderno IV 429- 450 [https://hdl.handle.net/10807/322442]
Legati di pelli e pellicce nelle fonti giuridiche romane
Scotti, Francesca Silvia
2024
Abstract
Com’è noto, nel titolo del Digesto 34.2 De auro argento mundo ornamentis unguentis veste vel vestimentis et statuis legatis vi è una serie di frammenti che, in una sorta di crescendo narrativo, forniscono indicazioni sempre più dettagliate sul legato di vestis o vestimenta. Da questi testi emerge l’attenzione dei giuristi per i materiali e le tecniche di confezionamento degli indumenti: la lana era la fibra principale, seguita da lino e seta (serica e bombicina); ma si utilizzavano anche pelles, con o senza pelo, talvolta adoperate come mantelli di giorno o coperte di notte. Le pelles lanatae, invece, non erano considerate come capi d’abbigliamento, ragione per cui erano escluse dal legato di abbigliamento. A ciò si aggiunga che il termine pellis, di per sé, ha un significato ambiguo: a seconda del contesto, infatti, esso può indicare la ‘pelle’ o la ‘pelliccia’ o entrambe contemporaneamente e, visto che i pochi testi giuridici che si occupano dei legati di indumenti confezionati con pelles non riguardano singoli specifici casi problematici, ma sono di ampio respiro, è difficile comprendere l’esatto significato che la parola ha in ognuno di essi. Va da sé, quindi, che, per stabilire se le vesti dei testi di diritto ereditario confezionate con pelles fossero fatte di pelle o di pelliccia, è indispensabile consultare le opere della letteratura latina, i reperti archeologici e gli studi antichistici in modo che si possa almeno provare a immaginare come si presentassero questi abiti, in quali specifiche circostanze venissero indossati e perché i giuristi ad es. negassero alle pelles lanatae la natura di pelles indutoriae. L’analisi sarà dunque impostata con il metodo interdisciplinare, valorizzando le interconnessioni fra giurisprudenza romana e fonti storiche, letterarie e materiali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



