L'11 marzo del 2022, mentre Mario Draghi, allora Presidente del Consiglio, si trovava a Versailles, un riacceso conflitto tra Russia e Ucraina turbava il panorama internazionale. Dopo quasi una decade di tensioni intermittenti, il rapido avanzamento delle truppe russe nei territori ucraini risvegliava preoccupazioni profonde. La stampa internazionale e l'opinione pubblica iniziavano a interrogarsi se l'Europa fosse sull'orlo di un periodo indefinito dominato da una cosiddetta “economia di guerra”. In questo clima di incertezza crescente, Mario Draghi trovava l'occasione di parlare ai giornalisti a margine di un incontro informale con i leader europei. Con fermezza, chiariva che nonostante le sfide emergenti, l'Europa non si trovava in uno stato di economia di guerra, né vi stava inevitabilmente dirigendo. Sottolineava, inoltre, che gli allarmismi propagati da alcuni media erano grandemente esagerati e poco rappresentativi della realtà europea. A distanza di due anni da quelle dichiarazioni, emerge la necessità di una riflessione critica: l'Europa e l'Italia hanno mantenuto quella stabilità economica lontana dal concetto di economia di guerra così come affermato da Draghi? E in che misura i recenti sviluppi geopolitici, inclusi nuovi conflitti come quello tra Israele e Hamas, hanno influenzato questa percezione? Queste domande sono essenziali per comprendere non solo l’immediato passato ma anche le prospettive future del continente, nel contesto di una geopolitica sempre più fluida e imprevedibile.
Balduzzi, P., Bignami, A., Il prezzo della guerra. Le conseguenze economiche delle crisi internazionali, Paesi edizioni, Roma 2025: 264 [https://hdl.handle.net/10807/321810]
Il prezzo della guerra. Le conseguenze economiche delle crisi internazionali
Balduzzi, Paolo
;
2025
Abstract
L'11 marzo del 2022, mentre Mario Draghi, allora Presidente del Consiglio, si trovava a Versailles, un riacceso conflitto tra Russia e Ucraina turbava il panorama internazionale. Dopo quasi una decade di tensioni intermittenti, il rapido avanzamento delle truppe russe nei territori ucraini risvegliava preoccupazioni profonde. La stampa internazionale e l'opinione pubblica iniziavano a interrogarsi se l'Europa fosse sull'orlo di un periodo indefinito dominato da una cosiddetta “economia di guerra”. In questo clima di incertezza crescente, Mario Draghi trovava l'occasione di parlare ai giornalisti a margine di un incontro informale con i leader europei. Con fermezza, chiariva che nonostante le sfide emergenti, l'Europa non si trovava in uno stato di economia di guerra, né vi stava inevitabilmente dirigendo. Sottolineava, inoltre, che gli allarmismi propagati da alcuni media erano grandemente esagerati e poco rappresentativi della realtà europea. A distanza di due anni da quelle dichiarazioni, emerge la necessità di una riflessione critica: l'Europa e l'Italia hanno mantenuto quella stabilità economica lontana dal concetto di economia di guerra così come affermato da Draghi? E in che misura i recenti sviluppi geopolitici, inclusi nuovi conflitti come quello tra Israele e Hamas, hanno influenzato questa percezione? Queste domande sono essenziali per comprendere non solo l’immediato passato ma anche le prospettive future del continente, nel contesto di una geopolitica sempre più fluida e imprevedibile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



