In relazione ai principi personalistici e umanitari posti a guida dell’esecuzione penale dalla Costituzione, il Ministero della Giustizia italiano riconosce il teatro in carcere come un “patrimonio di base da valorizzare” al fine di trasformare il carcere da istituto di pena a luogo di cultura nel quale sviluppare percorsi che abbiano una valenza non soltanto artistica ma anche formativa, orientata a una spendibilità esterna al momento del reinserimento sociale della persona reclusa. Ciò nonostante, la pratica teatrale, pur concepita come componente ricorrente della proposta trattamentale, si sviluppa in forme e prospettive singolari, non istituzionalizzate (ovvero non per ‘mandato’ istituzionale ma in base alle motivazioni e ai metodi di ciascun regista, compagnia, operatore, terapeuta). Sullo sfondo dell’evoluzione compiuta nel corso dei decenni dal dettame rieducativo per effetto di esigenze di umanizzazione, spinte riformiste e interventi normativi che inaugurano la partecipazione all'azione risocializzante di privati, istituzioni e associazioni pubbliche o private, il volume si propone di analizzare il fenomeno del teatro in carcere analizzandone le origini storiche, il processo di diffusione sul territorio nazionale attraverso la generazione di reti di coordinamento a livello regionale, nazionale ed internazionale e la sottoscrizione di intese con l’Amministrazione Penitenziaria e con gli enti locali e regionali e contiene un affondo sulle risorse evolutive dell’esperienza teatrale in quanto pratica immaginifica, metaforica e simbolica e sul suo specifico potenziale in relazione al contesto carcerario. Nato sulla scorta di una ricerca sociologica svolta in 12 istituti penitenziari italiani, esso esamina più strettamente il tema della precarietà e della estraneità al carcere dell’attività teatrale, la sua ambigua identificazione come trattamento o come intrattenimento, la prospettiva degli operatori teatrali e il loro operato all’interno dell’istituzione nella difficile interazione con il personale penitenziario e si prefigge di formulare una teoria riguardo al grado attuale di istituzionalizzazione della pratica teatrale.
Pizzetti, B., Il teatro in carcere. Attività trattamentale o intrattenimento?, EDUCatt, Milano 2024:2024 173 [https://hdl.handle.net/10807/314197]
Il teatro in carcere. Attività trattamentale o intrattenimento?
Pizzetti, Barbara
2024
Abstract
In relazione ai principi personalistici e umanitari posti a guida dell’esecuzione penale dalla Costituzione, il Ministero della Giustizia italiano riconosce il teatro in carcere come un “patrimonio di base da valorizzare” al fine di trasformare il carcere da istituto di pena a luogo di cultura nel quale sviluppare percorsi che abbiano una valenza non soltanto artistica ma anche formativa, orientata a una spendibilità esterna al momento del reinserimento sociale della persona reclusa. Ciò nonostante, la pratica teatrale, pur concepita come componente ricorrente della proposta trattamentale, si sviluppa in forme e prospettive singolari, non istituzionalizzate (ovvero non per ‘mandato’ istituzionale ma in base alle motivazioni e ai metodi di ciascun regista, compagnia, operatore, terapeuta). Sullo sfondo dell’evoluzione compiuta nel corso dei decenni dal dettame rieducativo per effetto di esigenze di umanizzazione, spinte riformiste e interventi normativi che inaugurano la partecipazione all'azione risocializzante di privati, istituzioni e associazioni pubbliche o private, il volume si propone di analizzare il fenomeno del teatro in carcere analizzandone le origini storiche, il processo di diffusione sul territorio nazionale attraverso la generazione di reti di coordinamento a livello regionale, nazionale ed internazionale e la sottoscrizione di intese con l’Amministrazione Penitenziaria e con gli enti locali e regionali e contiene un affondo sulle risorse evolutive dell’esperienza teatrale in quanto pratica immaginifica, metaforica e simbolica e sul suo specifico potenziale in relazione al contesto carcerario. Nato sulla scorta di una ricerca sociologica svolta in 12 istituti penitenziari italiani, esso esamina più strettamente il tema della precarietà e della estraneità al carcere dell’attività teatrale, la sua ambigua identificazione come trattamento o come intrattenimento, la prospettiva degli operatori teatrali e il loro operato all’interno dell’istituzione nella difficile interazione con il personale penitenziario e si prefigge di formulare una teoria riguardo al grado attuale di istituzionalizzazione della pratica teatrale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



