Come gli studi di Rémi Brague e Pierluigi Lia hanno ben mostrato, il significato dell’humilitas francescana va inteso sullo sfondo del pensiero di san Bernardo che le assegna un ruolo fondamentale sia conoscitivo che affettivo. Sulla scorta della speculazione bernardina, tra XII e XIII secolo l’umiltà viene considerata tanto una postura dello sguardo quanto un atteggiamento; in quanto postura essa è un dispositivo della visione, in quanto atteggiamento essa è un dispositivo della rappresentazione. In altri termini, l’umiltà è un’intentio e genera uno sguardo dal basso verso l’alto (suspicio) che si traduce anche in un comportamento dal quale dipendono come si sembra (l’apparenza o aspetto), cosa si dice e come lo si dice (la parola), cosa si fa e come lo si fa (le azioni) e, infine, cosa si sente (l’affectus). Il suo opposto è uno sguardo dall’alto verso il basso (despicio) - lo sguardo del superbo - che si traduce in un dispositivo della rappresentazione contrario e che trasforma l’umile in humiliatus e soprattutto in despectus, il disprezzato. Humiliatus et despectus sono due aggettivi che ricorrono nella trattatistica medievale sulla passione di Cristo sia nella sua formulazione benedettina (in Bernardo e nei cistercensi tra cui, soprattutto, Oglerio di Lucedio) che in quella francescana (in particolare in Bonaventura e Ubertino da Casale). Parallelamente, l’humilitas, insieme alla patientia, è l’atteggiamento principale che Cristo - in sé modello d’umiltà (Mt 11, 29) - assume durante la passione. Portando alcuni esempi dai sopra citati scritti per la meditazione passionista, l’intervento mostrerà come in essi l’humilitas sia un’intenzione narrativa (o uno schema prospettico affettivo) che configura un percorso drammaturgico articolato per scene e azioni attraverso il quale viene disegnata l’immagine despecta e confracta dell’uomo dei dolori, icona dell’umiltà. Ampiamente recepita tanto dall’arte figurativa quanto dalla letteratura devozionale, quest’immagine è spesso al centro delle laudi volgari tra XIV e XV secolo che ne fanno un paradigma etico e comportamentale del laicato tardo medievale. In particolare, si mostrerà che in diverse di queste laudi l'immagine del vir dolorum diviene immagine dell'ecce homo, modello di penitenza, purgazione dei peccati e, contemporaneamente, di azione di carità.
Bino, C. M., Ecce Homo. La fondazione dell'estetica dell'umiltà e l'immagine della pietà tra XII e XV secolo, in Aroldi, P., Mascheroni, G., Pasquali, F., Scifo, B. (ed.), "....E quanto più sapore possibile". Comunicazione, media, industria culturale. Studi in onore di Fausto Colombo., Vita e Pensiero, Milano, Milano 2025: 324- 334 [https://hdl.handle.net/10807/313438]
Ecce Homo. La fondazione dell'estetica dell'umiltà e l'immagine della pietà tra XII e XV secolo
Bino, Carla Maria
2025
Abstract
Come gli studi di Rémi Brague e Pierluigi Lia hanno ben mostrato, il significato dell’humilitas francescana va inteso sullo sfondo del pensiero di san Bernardo che le assegna un ruolo fondamentale sia conoscitivo che affettivo. Sulla scorta della speculazione bernardina, tra XII e XIII secolo l’umiltà viene considerata tanto una postura dello sguardo quanto un atteggiamento; in quanto postura essa è un dispositivo della visione, in quanto atteggiamento essa è un dispositivo della rappresentazione. In altri termini, l’umiltà è un’intentio e genera uno sguardo dal basso verso l’alto (suspicio) che si traduce anche in un comportamento dal quale dipendono come si sembra (l’apparenza o aspetto), cosa si dice e come lo si dice (la parola), cosa si fa e come lo si fa (le azioni) e, infine, cosa si sente (l’affectus). Il suo opposto è uno sguardo dall’alto verso il basso (despicio) - lo sguardo del superbo - che si traduce in un dispositivo della rappresentazione contrario e che trasforma l’umile in humiliatus e soprattutto in despectus, il disprezzato. Humiliatus et despectus sono due aggettivi che ricorrono nella trattatistica medievale sulla passione di Cristo sia nella sua formulazione benedettina (in Bernardo e nei cistercensi tra cui, soprattutto, Oglerio di Lucedio) che in quella francescana (in particolare in Bonaventura e Ubertino da Casale). Parallelamente, l’humilitas, insieme alla patientia, è l’atteggiamento principale che Cristo - in sé modello d’umiltà (Mt 11, 29) - assume durante la passione. Portando alcuni esempi dai sopra citati scritti per la meditazione passionista, l’intervento mostrerà come in essi l’humilitas sia un’intenzione narrativa (o uno schema prospettico affettivo) che configura un percorso drammaturgico articolato per scene e azioni attraverso il quale viene disegnata l’immagine despecta e confracta dell’uomo dei dolori, icona dell’umiltà. Ampiamente recepita tanto dall’arte figurativa quanto dalla letteratura devozionale, quest’immagine è spesso al centro delle laudi volgari tra XIV e XV secolo che ne fanno un paradigma etico e comportamentale del laicato tardo medievale. In particolare, si mostrerà che in diverse di queste laudi l'immagine del vir dolorum diviene immagine dell'ecce homo, modello di penitenza, purgazione dei peccati e, contemporaneamente, di azione di carità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.