Nos autem, cui mundus est patria velut piscibus equor. Per quanto figlio di un esilio mai pienamente accettato e scritto in un’epoca che a noi non può che apparire lontanissima, questo passaggio del De Vulgari Eloquentia sottolinea un aspetto della natura umana che tende sovente a essere dimenticato, soprattutto in un contesto come quello attuale sempre più dominato da visioni manichee che sembrano non lasciar spazio alcuno a posizioni terze, dal prevalere dell’interesse particolare sui meccanismi di gestione collettiva e dal riaffermarsi di visioni che esaltano la sacralità del territorio e dei confini. Quelle parole, per quanto scritte in un ambito estremamente diverso, ci ricordano che esistono orizzonti altri ai quali poter guardare e aspirare. Orizzonti che, proprio le discipline geopolitiche - sovente accusate di fomentare logiche competitive basate su assunti deterministici - possono aiutarci a comprendere meglio, in virtù di una natura composita e articolata che rifugge da analisi monodimensionali e statiche. In questo contesto, la varietà delle lenti interpretative della geopolitica costituisce, quindi, un valore aggiunto che mai come oggi può mettere a disposizione chiavi di lettura capaci di abbracciare la complessità e l’estrema fluidità di un sistema internazionale in profonda transizione. È muovendo da queste basi che il presente volume intende proseguire la missione intrapresa dal Centro Studi Internazionali di Geopolitica negli ultimi sedici anni: puntare lo sguardo oltre i confini - reali e immaginati –promuovendo una visione del mondo capace di ondare oltre l’immediato e di contrapporsi a rigidi schematismi tanto affascinanti quanto inadeguati a comprendere le sfide e le opportunità del contesto globale. È sulla scorta di tali considerazioni che il primo capitolo punta a decifrare le principali dinamiche geopolitiche che caratterizzano l’attuale sistema-mondo. Nella sua analisi, Riccardo Redaelli si concentra sulle dinamiche che hanno caratterizzato i lunghi anni seguiti alla fine della Guerra fredda e all’avvento del momento unipolare a guida statunitense, soffermandosi, in particolare, sulla relazione triangolare che ha legato (e contrapposto al tempo stesso) Washington, Mosca e Pechino. Un gioco di ombre all’interno del quale si dipana una competizione su molteplici livelli che investe direttamente un Global South molto più complesso (e molto meno disponibile a essere manovrato) di quanto si tenda sovente a ritenere. Aldo Ferrari nel suo secondo capitolo affronta, invece, uno dei nodi gordiani del contesto internazionale: la crisi russo-ucraina. Nel farlo egli rifugge da un’impostazione meramente legata al piano bellico, prediligendo un’analisi di lungo periodo che guarda all’evoluzione delle posizioni russe all’interno del contesto internazionale a partire dalla fine della Guerra fredda. Una scelta, questa, che permette di collocare la postura geopolitica di Mosca all’interno di una fase di transizione profonda, che ha visto il paese spostare sempre più il suo baricentro verso est nell’ambito di un processo che ha stravolto i tradizionali riferimenti europei del gigante euroasiatico. La seconda parte del volume guarda, invece, a uno dei loci privilegiati delle analisi condotte dal Centro Studi Internazionali di Geopolitica: il quadrante mediorientale. I passaggi dedicati alla Repubblica Islamica dell’Iran (il capitolo terzo a cura di Giorgia Perletta) e all’Arabia Saudita (il capitolo quarto a cura di Giuseppe Dentice) presentano, in tal senso, una struttura speculare: entrambi mirano a delineare i cambiamenti che hanno segnato le agende geopolitiche di Teheran e Riyad nel corso di questo primo quarto di secolo. Tale periodo viene esaminato attraverso un’impostazione tripartita imperniata su tre fasi storiche, la prima delle quali si apre idealmente con i tragici eventi dell’11 settembre 2001, per poi proseguire con l’avvio della “war on terror”, le operazioni belliche in Afghanistan e in Iraq, gli strascichi della crisi finanziaria del 2008 e la situazione antecedente le grandi sollevazioni popolari del 2009/2011. Il secondo periodo in esame è invece dominato dall’esplodere dell’ “onda verde” iraniana (2009) e dalle implicazioni delle cosiddette “primavere arabe” (2010-2011), ma anche dal progressivo disengagement di Washington (divenuto sempre più evidente durante la presidenza Obama) e dalle controverse politiche attuate dalla prima amministrazione Trump. A chiudere entrambi i contributi sono, infine, le considerazioni legate al periodo 2020-2024, caratterizzato da cambiamenti profondi sia sul piano interno ai due paesi che a livello regionale e internazionale. L’ultimo capitolo di Mauro Primavera guarda, invece, agli eventi che hanno portato alla caduta della presidenza di Bashar al-Assad in Siria. Pensata come una prosecuzione del contributo che, all’interno del Ce.St.In.Geo. Geopolitical Outlook del 2019, aveva delineato le modalità attraverso le quali il regime siriano era riuscito a sopravvivere a quella che appariva essere la fase più dura del conflitto, l’analisi offre una visione a trecentosessanta gradi delle ragioni profonde che hanno portato al cambio di regime, collocandole all’interno di uno scenario in grado di unire piano locale, regionale e internazionale per poi soffermarsi sulle molte sfide che ancora si stagliano all’orizzonte della “nuova Siria”.
Plebani, A. (ed.), Dinamiche geopolitiche contemporanee. Ce.St.In.Geo. geopolitical outlook 2024, EDUCatt, Milano 2024: 143 [https://hdl.handle.net/10807/313008]
Dinamiche geopolitiche contemporanee. Ce.St.In.Geo. geopolitical outlook 2024
Plebani, Andrea
2024
Abstract
Nos autem, cui mundus est patria velut piscibus equor. Per quanto figlio di un esilio mai pienamente accettato e scritto in un’epoca che a noi non può che apparire lontanissima, questo passaggio del De Vulgari Eloquentia sottolinea un aspetto della natura umana che tende sovente a essere dimenticato, soprattutto in un contesto come quello attuale sempre più dominato da visioni manichee che sembrano non lasciar spazio alcuno a posizioni terze, dal prevalere dell’interesse particolare sui meccanismi di gestione collettiva e dal riaffermarsi di visioni che esaltano la sacralità del territorio e dei confini. Quelle parole, per quanto scritte in un ambito estremamente diverso, ci ricordano che esistono orizzonti altri ai quali poter guardare e aspirare. Orizzonti che, proprio le discipline geopolitiche - sovente accusate di fomentare logiche competitive basate su assunti deterministici - possono aiutarci a comprendere meglio, in virtù di una natura composita e articolata che rifugge da analisi monodimensionali e statiche. In questo contesto, la varietà delle lenti interpretative della geopolitica costituisce, quindi, un valore aggiunto che mai come oggi può mettere a disposizione chiavi di lettura capaci di abbracciare la complessità e l’estrema fluidità di un sistema internazionale in profonda transizione. È muovendo da queste basi che il presente volume intende proseguire la missione intrapresa dal Centro Studi Internazionali di Geopolitica negli ultimi sedici anni: puntare lo sguardo oltre i confini - reali e immaginati –promuovendo una visione del mondo capace di ondare oltre l’immediato e di contrapporsi a rigidi schematismi tanto affascinanti quanto inadeguati a comprendere le sfide e le opportunità del contesto globale. È sulla scorta di tali considerazioni che il primo capitolo punta a decifrare le principali dinamiche geopolitiche che caratterizzano l’attuale sistema-mondo. Nella sua analisi, Riccardo Redaelli si concentra sulle dinamiche che hanno caratterizzato i lunghi anni seguiti alla fine della Guerra fredda e all’avvento del momento unipolare a guida statunitense, soffermandosi, in particolare, sulla relazione triangolare che ha legato (e contrapposto al tempo stesso) Washington, Mosca e Pechino. Un gioco di ombre all’interno del quale si dipana una competizione su molteplici livelli che investe direttamente un Global South molto più complesso (e molto meno disponibile a essere manovrato) di quanto si tenda sovente a ritenere. Aldo Ferrari nel suo secondo capitolo affronta, invece, uno dei nodi gordiani del contesto internazionale: la crisi russo-ucraina. Nel farlo egli rifugge da un’impostazione meramente legata al piano bellico, prediligendo un’analisi di lungo periodo che guarda all’evoluzione delle posizioni russe all’interno del contesto internazionale a partire dalla fine della Guerra fredda. Una scelta, questa, che permette di collocare la postura geopolitica di Mosca all’interno di una fase di transizione profonda, che ha visto il paese spostare sempre più il suo baricentro verso est nell’ambito di un processo che ha stravolto i tradizionali riferimenti europei del gigante euroasiatico. La seconda parte del volume guarda, invece, a uno dei loci privilegiati delle analisi condotte dal Centro Studi Internazionali di Geopolitica: il quadrante mediorientale. I passaggi dedicati alla Repubblica Islamica dell’Iran (il capitolo terzo a cura di Giorgia Perletta) e all’Arabia Saudita (il capitolo quarto a cura di Giuseppe Dentice) presentano, in tal senso, una struttura speculare: entrambi mirano a delineare i cambiamenti che hanno segnato le agende geopolitiche di Teheran e Riyad nel corso di questo primo quarto di secolo. Tale periodo viene esaminato attraverso un’impostazione tripartita imperniata su tre fasi storiche, la prima delle quali si apre idealmente con i tragici eventi dell’11 settembre 2001, per poi proseguire con l’avvio della “war on terror”, le operazioni belliche in Afghanistan e in Iraq, gli strascichi della crisi finanziaria del 2008 e la situazione antecedente le grandi sollevazioni popolari del 2009/2011. Il secondo periodo in esame è invece dominato dall’esplodere dell’ “onda verde” iraniana (2009) e dalle implicazioni delle cosiddette “primavere arabe” (2010-2011), ma anche dal progressivo disengagement di Washington (divenuto sempre più evidente durante la presidenza Obama) e dalle controverse politiche attuate dalla prima amministrazione Trump. A chiudere entrambi i contributi sono, infine, le considerazioni legate al periodo 2020-2024, caratterizzato da cambiamenti profondi sia sul piano interno ai due paesi che a livello regionale e internazionale. L’ultimo capitolo di Mauro Primavera guarda, invece, agli eventi che hanno portato alla caduta della presidenza di Bashar al-Assad in Siria. Pensata come una prosecuzione del contributo che, all’interno del Ce.St.In.Geo. Geopolitical Outlook del 2019, aveva delineato le modalità attraverso le quali il regime siriano era riuscito a sopravvivere a quella che appariva essere la fase più dura del conflitto, l’analisi offre una visione a trecentosessanta gradi delle ragioni profonde che hanno portato al cambio di regime, collocandole all’interno di uno scenario in grado di unire piano locale, regionale e internazionale per poi soffermarsi sulle molte sfide che ancora si stagliano all’orizzonte della “nuova Siria”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



