Educare alle transizioni esistenziali in ottica inclusiva e sostenibile

Can death be approached pedagogically, or must we instead resign ourselves to the meaninglessness and void it appears to evoke? A vast body of research in pedagogy, philosophy, anthropology, sociology, and psychoanalysis risks turning death into something almost «fashionable,» without, however, addressing the contemporary taboo that either censors it or increasingly portrays it as shameful and obscene. Can a society dominated by robots and artificial intelligence authentically live and plan for the future while acknowledging the finiteness of human existence and the limits imposed by death? The challenges and uncertainties of death, as well as the notions of utopia and possibility, might help us grasp that each individual is fundamentally oriented towards death. Pedagogy could serve as a strategic coordinating discipline, integrating insights from other fields to foster the ability not to flee from death but to accept it—incorporating it into the fabric of life and viewing it as the most crucial transition in the context of integral human development and personal growth.

Si può affrontare la morte in modo pedagogico? O invece bisogna rassegnarsi al non-senso e al nulla a cui essa sembra rimandare? Una grande mole di studi, in ambito pedagogico, filosofico, antropologico, sociologico e psicanalitico, rischia di far diventare la morte quasi “di moda”, senza peraltro scalfire il tabù contemporaneo che la censura o la presenta sempre più come colpevolizzante e oscena. È in grado la società dei robot e dell’intelligenza artificiale di vivere e progettarsi con autenticità alla luce della finitezza dell’esistenza umana e del limite che la morte impone? Problematicità ed inquietudine, utopia e possibile possono rappresentare elementi in grado di aiutarci a capire che ciascun individuo è originariamente per-la-morte. La pedagogia può porsi come scienza di coordinamento strategico di altre discipline per tentare di avviare la possibilità di non fuggire di fronte alla morte, ma di assumerla, di integrarla nella costruzione dell’esistenza, di considerarla come la transizione più importante, nell’ottica dello sviluppo umano integrale e della formazione della persona.