Prudenza e Ragion di Stato tra Cinque e Seicento. Ovvero: il realismo senza Machiavelli

According to some authoritative readings, the emergence of the theories of the Reason of State would correspond, on the one hand, to the corruption of an idea of politics based on justice and the common good, the republican civil philosophy, and on the other hand, to the development of devices for the preservation of order and the tranquillity of the subjects, in the form of techniques proper to political action, autonomous, that is, from the traditional Christian theological-moral discourse. The idealism of the normative approach of virtue proper to the trattatistica de principe would be opposed to the more reality-oriented technicality embodied by the Reason of State approach, so that the specula principis genre and the Reason of State texts would be completely incompatible with each other. Prudence itself would have changed its status, increasingly emphasising its practical aspect and qualifying as a technique, to the detriment of its link with ethics. The essay intends to observe the dynamics and meanings with which the political virtue of prudence recurs in the Italian treatise on Reason of State, at the turn of the 16th and 17th centuries, in order to reflect on the possibility that the realist posture of the treatise on Reason of State could be understood within a normative horizon, as the persistent reference to prudence and moral virtue suggests. And that, in this sense, one can speak for Botero and other treatise writers of a realism without Machiavelli.

Secondo alcune autorevoli letture, all'emergere delle teorie della ragione di Stato corrisponderebbe, da un lato, la corruzione di un’idea di politica fondata sulla giustizia e il bene comune, la filosofia civile repubblicana, e dall’altro la messa a punto di dispositivi di conservazione dell’ordine e della tranquillità dei sudditi, sotto forma di tecniche proprie dell’agire politico, autonome cioè dal tradizionale discorso teologico-morale cristiano. L’idealismo dell’approccio normativo della virtù proprio della trattatistica de principe si opporrebbe al tecnicismo più aderente alla realtà incarnato dall’approccio della Ragion di Stato, cosicché il genere degli specula principis e i testi della Ragion di Stato sarebbero del tutto incompatibili tra loro. La stessa prudenza avrebbe, in questo momento cruciale, cambiato il suo statuto, sempre più accentuando il suo aspetto pratico e qualificandosi come tecnica, a discapito del suo legame con l’etica. Il saggio intende osservare le dinamiche e i significati con cui la virtù politica della prudenza ricorre nella trattatistica italiana della Ragion di stato, a cavallo fra XVI e XVII secolo, per riflettere sulla possibilità che la postura realistica della trattatistica sulla Ragione di Stato possa essere compresa all’interno di un orizzonte normativo, come proprio il persistente riferimento alla prudenza e alla virtù morale suggerisce. E che, in questo senso, si possa parlare per Botero e altri trattatisti di un realismo senza Machiavelli.