Il 15 giugno 1921 veniva inaugurata a Reggio Emilia la Colonia-Scuola “Antonio Marro”, destinata ad accogliere parte di quei bambini e ragazzi frenastenici che ancora affollavano i manicomi della zona, in primis l’adiacente “San Lazzaro”, a cui la nuova istituzione era amministrativamente e gestionalmente agganciata. Al pari di simili iniziative attuate nel medesimo periodo lungo tutto il territorio nazionale, la Colonia si presentava come luogo nel quale l’intervento medico-assistenziale e quello pedagogico agivano in sintonia per il benessere generale dei piccoli ospiti. Curati nel fisico, educati nella morale e attrezzati con gli elementi basilari del sapere, essi per la prima volta divenivano protagonisti di un percorso di riscatto personale, sebbene – come è noto – lo stigma manicomiale non li avrebbe abbandonati nemmeno una volta dimessi dall’Istituto. In tale contesto, tanto ai fini della formazione individuale quanto a quelli dell’utilità sociale, l’alfabetizzazione professionale rappresentava una primaria attenzione della dottoressa Maria Del Rio, direttrice della Colonia, e, in misura più ampia, di tutto il Consiglio d’Amministrazione dell’ospedale psichiatrico. Difatti, gli ospiti frenastenici venivano avviati all’apprendimento di diversi mestieri, relativi alla sartoria, calzoleria e fabbricazione di canestri per i maschi, e ai lavori di ricamo e tessitura per le femmine. Utilizzando principalmente il materiale conservato presso l’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico “San Lazzaro” di Reggio Emilia, l’indagine vuole portare alla luce le considerazioni sottese alla proposta professionale all’interno della Colonia-Scuola “Antonio Marro” nei suoi primi due decenni di attività. Un focus particolare è posto sul laboratorio di “Ars Canusina”, introdotto a inizio anni Trenta per le ragazze con deficit mentale. Trattandosi di una forma raffinata e inedita di artigianato artistico, che prevedeva la riproduzione di motivi ornamentali tipici dell’epoca matildica su diversi materiali, come tessuto, ceramica, cuoio e ferro battuto, essa richiedeva una particolare formazione, di cui il presente contributo vuole dar conto, al fine di sondarne gli elementi pedagogici.

Debe', A., L’abilitazione produttiva della Colonia-Scuola ‘A. Marro’ nella prima metà del Novecento, in Bombardieri Chiara, V. M. (ed.), Ars Canusina. Arte e artigianato dei bambini della Colonia-Scuola «A. Marro», Fondazione culture e musei, Lugano 2025: 49- 63 [https://hdl.handle.net/10807/310744]

L’abilitazione produttiva della Colonia-Scuola ‘A. Marro’ nella prima metà del Novecento

Debe', Anna
2025

Abstract

Il 15 giugno 1921 veniva inaugurata a Reggio Emilia la Colonia-Scuola “Antonio Marro”, destinata ad accogliere parte di quei bambini e ragazzi frenastenici che ancora affollavano i manicomi della zona, in primis l’adiacente “San Lazzaro”, a cui la nuova istituzione era amministrativamente e gestionalmente agganciata. Al pari di simili iniziative attuate nel medesimo periodo lungo tutto il territorio nazionale, la Colonia si presentava come luogo nel quale l’intervento medico-assistenziale e quello pedagogico agivano in sintonia per il benessere generale dei piccoli ospiti. Curati nel fisico, educati nella morale e attrezzati con gli elementi basilari del sapere, essi per la prima volta divenivano protagonisti di un percorso di riscatto personale, sebbene – come è noto – lo stigma manicomiale non li avrebbe abbandonati nemmeno una volta dimessi dall’Istituto. In tale contesto, tanto ai fini della formazione individuale quanto a quelli dell’utilità sociale, l’alfabetizzazione professionale rappresentava una primaria attenzione della dottoressa Maria Del Rio, direttrice della Colonia, e, in misura più ampia, di tutto il Consiglio d’Amministrazione dell’ospedale psichiatrico. Difatti, gli ospiti frenastenici venivano avviati all’apprendimento di diversi mestieri, relativi alla sartoria, calzoleria e fabbricazione di canestri per i maschi, e ai lavori di ricamo e tessitura per le femmine. Utilizzando principalmente il materiale conservato presso l’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico “San Lazzaro” di Reggio Emilia, l’indagine vuole portare alla luce le considerazioni sottese alla proposta professionale all’interno della Colonia-Scuola “Antonio Marro” nei suoi primi due decenni di attività. Un focus particolare è posto sul laboratorio di “Ars Canusina”, introdotto a inizio anni Trenta per le ragazze con deficit mentale. Trattandosi di una forma raffinata e inedita di artigianato artistico, che prevedeva la riproduzione di motivi ornamentali tipici dell’epoca matildica su diversi materiali, come tessuto, ceramica, cuoio e ferro battuto, essa richiedeva una particolare formazione, di cui il presente contributo vuole dar conto, al fine di sondarne gli elementi pedagogici.
2025
Italiano
Ars Canusina. Arte e artigianato dei bambini della Colonia-Scuola «A. Marro»
979-12-80443-27-4
Fondazione culture e musei
Debe', A., L’abilitazione produttiva della Colonia-Scuola ‘A. Marro’ nella prima metà del Novecento, in Bombardieri Chiara, V. M. (ed.), Ars Canusina. Arte e artigianato dei bambini della Colonia-Scuola «A. Marro», Fondazione culture e musei, Lugano 2025: 49- 63 [https://hdl.handle.net/10807/310744]
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