Fine ultimo dell’attività d’impresa è la produzione di nuova ricchezza, quale strumento per il soddisfacimento dei bisogni umani. Il processo di sviluppo tecnologico ed informatico, nonché le più recenti evoluzioni dei modelli di corporate governance, permettono alle più evolute imprese private e pubbliche, di porre tra i propri fini anche un contributo diretto allo sviluppo economico e al progresso sociale ed ambientale della comunità in cui sono inserite. La premessa di cui sopra costringe una riflessione sulle tecniche di apprezzamento del valore. L’approccio deve necessariamente essere prospettico e stocastico, piuttosto che storico-consuntivo, al fine di intercettare, anche mediante stime e congetture, il potenziale, spesso latente, offerto dalle aziende più virtuose, non dimenticando il loro contributo all’ambiente, ossia alla comunità, in altre parole anche allo sviluppo economico e sociale di un Paese. Il bilancio d’esercizio, improntato su logiche prudenziali proprie del legislatore, non può riflettere a pieno il principio di utilità informativa, soprattutto se si vuole includere le molteplici e differenti categorie di stakeholders (poiché la metodologia dei “valori storici” è la meno rapida a reagire alle nuove attese e previsioni), se non attraverso adeguamenti dei tradizionali documenti descrittivi del bilancio, quali la nota integrativa e la relazione sulla gestione, i quali da alcuni anni stanno sempre più integrandosi di informazioni anche prospettiche di gestione futura. Per elaborare l’applicazione del valore di mercato o del valore attuale alla contabilità, sono state intraprese molteplici proposte dottrinali (…). L’impiego dei “valori attuali” nei bilanci d’esercizio, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, ha suscitato l’interesse anche della prassi professionale, come si evince da una serie di pubblicazioni di fonti ufficiali quali, negli USA, il Financial Accounting Standard Board e la Security and Exchange Commission. Sembrerebbe che il valore attuale possa essere sostituito in condizioni di incertezza dal valore corrente, sul presupposto di efficienza dei mercati. L’obiezione a questa possibilità di sostituzione sta nel concetto che ogni decisione di investimento o disinvestimento richiede una valutazione soggettiva, oltre che oggettiva. La dottrina contabile italiana ha dovuto insistere sul principio delle ‘diverse valutazioni per scopi diversi’, al fine di opporsi alla pretesa di convalidare la stessa valutazione o il medesimo bilancio per scopi diversi, anche quando tali scopi richiedono invece conoscenze diverse e quindi valutazioni e bilanci diversi. Da ciò ne deriva il valore della conoscenza e dell’informazione. I bilanci d’esercizio già incorporano stime e congetture riferite a condizioni interne d’azienda ed esterne d’ambiente; ciò significa che la determinazione del reddito d’esercizio e del flusso di cassa può subire scostamenti significativi quando le valutazioni sono attuate da differenti operatori, con differenti gradi di informazioni. I fautori del mercato ritengono che il processo binario di domanda e offerta, tipico delle negoziazioni, manifesti un moto autoregolatore e stabilizzatore, e offra quindi valutazioni più attendibili rispetto agli operatori aziendali, nonostante quest’ultimi possono disporre di più ampie e specifiche informazioni, ma anche essere mossi da conflitti d’interessi. È generalmente accettato che solamente i dati potenzialmente in grado di modificare le aspettative di un operatore in merito al verificarsi di un evento specifico costituiscono informazioni, o informazioni significative. Il ‘valore dell’informazione’ ha le sue radici nel ‘grado di fiducia’ sull’utilità attesa. Più precisamente, il valore dell’informazione è dato dalla differenza tra l’utilità ottenuta utilizzando l’informazione e l’utilità raggiungibile senza informazione. Chiaramente, il vantaggio dell’acquisizione dell’informazione è rappresentato dall’eccesso del suo valore differenziale rispetto al suo costo differenziale. Quindi l’informazione ha valore solamente quando: a. le probabilità a posteriori differiscono dalle probabilità a priori; b. le informazioni aggiuntive condizionano la decisione; c. le variazioni nelle decisioni condizionano i risultati. Il suo valore intrinseco, se pur fondato su stime e congetture e sul processo di attualizzazione degli scostamenti tra piani previsionali e bilanci a consuntivo, potrebbe eccezionalmente essere ammortizzato immediatamente e non nel tempo come normalmente avviene per un bene durevole (con una indiretta rettifica del reddito d’esercizio che potrebbe confluire tra gli “utili o perdite di capitale”).
Marinoni, M. A., Fellegara, A. M., Galassi., G., Valore dell'informativa prospettica nelle determinazioni di azienda, in Alberto Quagl, A. Q., Katia Cors, K. C., Sara Trucco, S. T. (ed.), Scritti in onore di Luciano Marchi. Bilancio e informativa economico-sociale (Volume IV)., G. GIAPPICHELLI EDITORE, Torino 2021: 215- 224 [https://hdl.handle.net/10807/303469]
Valore dell'informativa prospettica nelle determinazioni di azienda
Marinoni, Marco Angelo
Primo
;Fellegara, Anna MariaSecondo
;
2021
Abstract
Fine ultimo dell’attività d’impresa è la produzione di nuova ricchezza, quale strumento per il soddisfacimento dei bisogni umani. Il processo di sviluppo tecnologico ed informatico, nonché le più recenti evoluzioni dei modelli di corporate governance, permettono alle più evolute imprese private e pubbliche, di porre tra i propri fini anche un contributo diretto allo sviluppo economico e al progresso sociale ed ambientale della comunità in cui sono inserite. La premessa di cui sopra costringe una riflessione sulle tecniche di apprezzamento del valore. L’approccio deve necessariamente essere prospettico e stocastico, piuttosto che storico-consuntivo, al fine di intercettare, anche mediante stime e congetture, il potenziale, spesso latente, offerto dalle aziende più virtuose, non dimenticando il loro contributo all’ambiente, ossia alla comunità, in altre parole anche allo sviluppo economico e sociale di un Paese. Il bilancio d’esercizio, improntato su logiche prudenziali proprie del legislatore, non può riflettere a pieno il principio di utilità informativa, soprattutto se si vuole includere le molteplici e differenti categorie di stakeholders (poiché la metodologia dei “valori storici” è la meno rapida a reagire alle nuove attese e previsioni), se non attraverso adeguamenti dei tradizionali documenti descrittivi del bilancio, quali la nota integrativa e la relazione sulla gestione, i quali da alcuni anni stanno sempre più integrandosi di informazioni anche prospettiche di gestione futura. Per elaborare l’applicazione del valore di mercato o del valore attuale alla contabilità, sono state intraprese molteplici proposte dottrinali (…). L’impiego dei “valori attuali” nei bilanci d’esercizio, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, ha suscitato l’interesse anche della prassi professionale, come si evince da una serie di pubblicazioni di fonti ufficiali quali, negli USA, il Financial Accounting Standard Board e la Security and Exchange Commission. Sembrerebbe che il valore attuale possa essere sostituito in condizioni di incertezza dal valore corrente, sul presupposto di efficienza dei mercati. L’obiezione a questa possibilità di sostituzione sta nel concetto che ogni decisione di investimento o disinvestimento richiede una valutazione soggettiva, oltre che oggettiva. La dottrina contabile italiana ha dovuto insistere sul principio delle ‘diverse valutazioni per scopi diversi’, al fine di opporsi alla pretesa di convalidare la stessa valutazione o il medesimo bilancio per scopi diversi, anche quando tali scopi richiedono invece conoscenze diverse e quindi valutazioni e bilanci diversi. Da ciò ne deriva il valore della conoscenza e dell’informazione. I bilanci d’esercizio già incorporano stime e congetture riferite a condizioni interne d’azienda ed esterne d’ambiente; ciò significa che la determinazione del reddito d’esercizio e del flusso di cassa può subire scostamenti significativi quando le valutazioni sono attuate da differenti operatori, con differenti gradi di informazioni. I fautori del mercato ritengono che il processo binario di domanda e offerta, tipico delle negoziazioni, manifesti un moto autoregolatore e stabilizzatore, e offra quindi valutazioni più attendibili rispetto agli operatori aziendali, nonostante quest’ultimi possono disporre di più ampie e specifiche informazioni, ma anche essere mossi da conflitti d’interessi. È generalmente accettato che solamente i dati potenzialmente in grado di modificare le aspettative di un operatore in merito al verificarsi di un evento specifico costituiscono informazioni, o informazioni significative. Il ‘valore dell’informazione’ ha le sue radici nel ‘grado di fiducia’ sull’utilità attesa. Più precisamente, il valore dell’informazione è dato dalla differenza tra l’utilità ottenuta utilizzando l’informazione e l’utilità raggiungibile senza informazione. Chiaramente, il vantaggio dell’acquisizione dell’informazione è rappresentato dall’eccesso del suo valore differenziale rispetto al suo costo differenziale. Quindi l’informazione ha valore solamente quando: a. le probabilità a posteriori differiscono dalle probabilità a priori; b. le informazioni aggiuntive condizionano la decisione; c. le variazioni nelle decisioni condizionano i risultati. Il suo valore intrinseco, se pur fondato su stime e congetture e sul processo di attualizzazione degli scostamenti tra piani previsionali e bilanci a consuntivo, potrebbe eccezionalmente essere ammortizzato immediatamente e non nel tempo come normalmente avviene per un bene durevole (con una indiretta rettifica del reddito d’esercizio che potrebbe confluire tra gli “utili o perdite di capitale”).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.