L'articolo discute la posizione naturalista e la posizione fideista: la prima perchè compie un’indebita chiusura scientista circa la realtà, dichiarando, in maniera non sufficientemente fondata che l’orizzonte del mondo coincide con la descrizione del mondo delle scienze naturali; la seconda, invece, perchè non rende conto dell’unitarietà della realtà, assumendo un punto di vista dicotomico sul mondo: da un lato, ammettendo implicitamente che ragione e ragione scientifica siano di fatto coincidenti; dall’altro dichiarando che le questioni di senso, quelle esistenzialmente rilevanti e, quindi, anche le questioni di fede, appartengano a un dominio in cui non valgono argomentazioni di carattere razionale. Si noti che i due modelli non sono i due estremi di un unico atteggiamento, ma sono, in realtà, appartenenti a due tipologie molto diverse: l’atteggiamento naturalista (o scientista) ammette che, in taluni casi, gli oggetti di fede e quelli di scienza coincidano ma che la descrizione scientifica sia quella vera (o perlomeno la più vicina al vero) mentre la trattazione religiosa di questi problemi (per esempio, l’origine dell’universo) sia mitica e, in ultima analisi, primitiva. Il fideismo, d’altro canto, appartiene a quei modelli pluralisti non conflittuali in cui ciò che è rilevante è proprio la mancanza di un’intersezione comune tra ambito della fede e ambito della razionalità (magari declinata, ancora una volta, come ragione scientifica). La non conflittualità tra i due approcci è data proprio dall’estraneità irriducibile dei due sguardi sul mondo con tutte le conseguenze di ordine pratico e teorico che abbiamo cercato di illustrare in precedenza. Contro i due modelli espressi, nell’articolo si sostiene che un atteggiamento di apertura alla trascendenza sarebbe razionale solo se sorretto anche da ragioni teoretiche. E queste, come potrebbero essere tali per il soggetto se fossero in contrasto con il quadro metafisico che egli si è fatto a partire anche dalle conoscenze scientifiche? Ma se non sono incompatibili e un atteggiamento razionale, sempre in linea di principio, non può agnosticamente fare a meno di un esito metafisico, esse devono essere necessariamente a favore.
Galvan, S., De Florio, C., The Role of Metaphysics between Science and Faith, in Botturi, F. (ed.), Understanding Human Experience. Reason and Faith, Peter Lang, BERNA -- CHE 2012: 15- 38 [http://hdl.handle.net/10807/28128]
The Role of Metaphysics between Science and Faith
Galvan, Sergio;De Florio, Ciro
2012
Abstract
L'articolo discute la posizione naturalista e la posizione fideista: la prima perchè compie un’indebita chiusura scientista circa la realtà, dichiarando, in maniera non sufficientemente fondata che l’orizzonte del mondo coincide con la descrizione del mondo delle scienze naturali; la seconda, invece, perchè non rende conto dell’unitarietà della realtà, assumendo un punto di vista dicotomico sul mondo: da un lato, ammettendo implicitamente che ragione e ragione scientifica siano di fatto coincidenti; dall’altro dichiarando che le questioni di senso, quelle esistenzialmente rilevanti e, quindi, anche le questioni di fede, appartengano a un dominio in cui non valgono argomentazioni di carattere razionale. Si noti che i due modelli non sono i due estremi di un unico atteggiamento, ma sono, in realtà, appartenenti a due tipologie molto diverse: l’atteggiamento naturalista (o scientista) ammette che, in taluni casi, gli oggetti di fede e quelli di scienza coincidano ma che la descrizione scientifica sia quella vera (o perlomeno la più vicina al vero) mentre la trattazione religiosa di questi problemi (per esempio, l’origine dell’universo) sia mitica e, in ultima analisi, primitiva. Il fideismo, d’altro canto, appartiene a quei modelli pluralisti non conflittuali in cui ciò che è rilevante è proprio la mancanza di un’intersezione comune tra ambito della fede e ambito della razionalità (magari declinata, ancora una volta, come ragione scientifica). La non conflittualità tra i due approcci è data proprio dall’estraneità irriducibile dei due sguardi sul mondo con tutte le conseguenze di ordine pratico e teorico che abbiamo cercato di illustrare in precedenza. Contro i due modelli espressi, nell’articolo si sostiene che un atteggiamento di apertura alla trascendenza sarebbe razionale solo se sorretto anche da ragioni teoretiche. E queste, come potrebbero essere tali per il soggetto se fossero in contrasto con il quadro metafisico che egli si è fatto a partire anche dalle conoscenze scientifiche? Ma se non sono incompatibili e un atteggiamento razionale, sempre in linea di principio, non può agnosticamente fare a meno di un esito metafisico, esse devono essere necessariamente a favore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.