Creative evasioni. Manifatture di moda in carcere

Very particular forms of cultural production are presented in this book which explores three Italian brands: Sartoria San Vittore, I Gatti Galeotti and MADE IN CARCERE. These brands are coming from cooperatives working in San Vittore jail in Milan, Lecce and Trani’s jails and they are located in a very particular position within Italian fashion system. They are economic realities found at the borders of mainstream market, sometimes dealing with problems of economic sustainability, trying to achieve a difficult equilibrium inside a highly competitive market, but at the same time being repository of social instances combined to interesting products’ innovations. Within such experiences, who inherited typical Italian traditions with a perspective based on the promotion of the sense of beauty and well made, creative work seems to develop not only as an aesthetic research, experimentation, planning ability, but also as a form of social redemption and inclusion. Prison fashion brands are able to show new cultural ferments introducing, in daily garments, original emotions and stories, which talk about periphery but also of creativity, inclusion and handcraft and work with the logic of beauty and well made in order to recover and re-socialize border people. They create a sustainable aesthetics which points to new productive horizons and new life styles and consumptions in accordance to contemporary scarcity of economic and cultural resources.

Forme molto particolari di produzione culturale sono al centro di questo saggio, che esamina tre marchi di moda italiani: Sartoria San Vittore, I Gatti Galeotti e MADE IN CARCERE. Tali brand provengono da tre cooperative attive nelle carceri di San Vittore a Milano, di Lecce e di Trani e si collocano in una posizione molto particolare nel panorama della moda italiana. Sono realtà economiche ai margini del mainstream, alle prese, a volte, con problemi di sostenibilità̀ economica, in difficile equilibrio in un mercato fortemente competitivo, ma depositarie d’istanze sociali combinate con interessanti innovazioni di prodotto. In tali esperienze, eredi di tradizioni tipicamente italiane in un'ottica che promuove il senso del bello e del ben fatto, il lavoro creativo sembra esplicarsi non solo come ricerca estetica, sperimentazione, capacità progettuale, ma anche come forma di inclusione e di riscatto sociale. I marchi della moda carceraria hanno, dunque, la capacità di indicare nuovi fermenti culturali introducendo, negli oggetti vestimentari quotidiani, storie ed emozioni inedite, che parlano di marginalità ma anche di creatività, di inclusione e di artigianalità e fanno leva sulla logica del "bello e ben fatto" per recuperare e risocializzare persone ai margini. Realizzano un'estetica sostenibile che addita nuovi orizzonti a livello produttivo e stili di vita e di consumo più compatibili con la scarsità di risorse economiche e culturali contemporanee.