Nei contesti locali italiani sono attive partnership sociali, cioè collaborazioni tra entità pubbliche, private e di terzo settore finalizzate a realizzare servizi alle persone e azioni pro-sociali spesso in un quadro di relazioni sussidiarie. Questi processi reticolari e ciò che da essi si genera in termini di interventi e prestazioni sono stati oggetto di una indagine sociologica di tipo qualitativo illustrata nel presente volume. In essa sono stati realizzati cinque studi di caso riguardanti differenti processi collaborativi in partnership. I partenariati analizzati si qualificano come “buone pratiche” in quanto presentano una elevata flessibilità progettuale, stretta prossimità ai bisogni sociali, capacita di innovazione sia organizzativa sia culturale, connotazioni di riproducibilità e efficacia. Emerge, in sintesi, che l’attivazione di circuiti di relazionalità stabile e condivisa risulta essere cruciale per la produzione di capitale sociale, cioè di quel fondamentale elemento di connessione tra attori, che consente di realizzare servizi di eccellenza e azioni adeguate anche in contesti rischiosi
Rossi, G., Boccacin, L. (eds.), Riflettere e agire relazionalmente. Terzo settore, partnership e buone pratiche nell'Italia che cambia, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2011: 145 [http://hdl.handle.net/10807/2724]
Riflettere e agire relazionalmente. Terzo settore, partnership e buone pratiche nell'Italia che cambia
Rossi, Giovanna;Boccacin, Lucia
2011
Abstract
Nei contesti locali italiani sono attive partnership sociali, cioè collaborazioni tra entità pubbliche, private e di terzo settore finalizzate a realizzare servizi alle persone e azioni pro-sociali spesso in un quadro di relazioni sussidiarie. Questi processi reticolari e ciò che da essi si genera in termini di interventi e prestazioni sono stati oggetto di una indagine sociologica di tipo qualitativo illustrata nel presente volume. In essa sono stati realizzati cinque studi di caso riguardanti differenti processi collaborativi in partnership. I partenariati analizzati si qualificano come “buone pratiche” in quanto presentano una elevata flessibilità progettuale, stretta prossimità ai bisogni sociali, capacita di innovazione sia organizzativa sia culturale, connotazioni di riproducibilità e efficacia. Emerge, in sintesi, che l’attivazione di circuiti di relazionalità stabile e condivisa risulta essere cruciale per la produzione di capitale sociale, cioè di quel fondamentale elemento di connessione tra attori, che consente di realizzare servizi di eccellenza e azioni adeguate anche in contesti rischiosiI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.