Se pensiamo al nomadismo, o più semplicemente alle trasferte di lavoro, l’essere umano si è sempre mosso per questioni “lavorative”, inizialmente legate soprattutto alla sopravvivenza e successivamente al miglioramento del proprio benessere. Fin dalla nascita della Comunità Europea, la mobilità dei suoi cittadini è stata considerata fondamentale per costruire una cultura comune, ma anche per migliorare il sistema produttivo. Il suo intervento più strutturato è la rete EURES, nata nel 1994 e concepita per facilitare la libera circolazione dei lavoratori, cercando di garantire che i propri cittadini possano godere delle stesse opportunità, nonostante le barriere linguistiche, le differenze culturali, le sfide burocratiche, le diverse leggi sul lavoro nonché il mancato riconoscimento dei certificati scolastici tra le varie nazioni. A questa rete si affiancano storicamente progetti europei che sostengono interventi di scambio per studio, ricerca e lavoro. L’Europa offre enormi opportunità a chiunque voglia muoversi per andare a lavorare all’estero; tuttavia, le statistiche ci raccontano di una sostanziale staticità degli europei. L’impressione è che i servizi di supporto offerti, perché limitati all’informazione e alla gestione di questioni amministrative e logistiche, non siano sufficienti a motivare una persona a recarsi all’estero, per fare esperienza di un contesto operativo e culturale diverso da quello di origine. Quali sono, quindi, i motivi per cui alcune persone scelgono di lanciarsi in questa avventura, mentre la maggior parte la scarta a priori o, al massimo, la prende in considerazione per poi non attivarla? La letteratura scientifica relativa alla mobilità internazionale per lavoro ci può venire in soccorso ma solo in parte, sia perché non molto sviluppata, sia perché dispersa nei rivoli di più discipline. È quindi importante andare alla ricerca di contributi che potrebbero riguardare questa tematica anche solo marginalmente o in modo molto puntuale, così come è utile riferirsi a un approccio interdisciplinare che, inevitabilmente, il fenomeno della mobilità internazionale richiede. In questo capitolo, saranno presentate le più recenti linee di studio e un modello di progettazione utile alla costruzione di interventi di orientamento e di ricerca relativi alla mobilità internazionale.
Rinaldi, T., Boerchi, D., L’orientamento alla mobilità internazionale, in Boerchi Dieg, B. D. (ed.), Orientamento e consulenza di carriera per la soddisfazione lavorativa, Studium Edizioni, Roma 2024: 282- 292 [https://hdl.handle.net/10807/271610]
L’orientamento alla mobilità internazionale
Rinaldi, TeresaPrimo
;Boerchi, Diego
Secondo
2024
Abstract
Se pensiamo al nomadismo, o più semplicemente alle trasferte di lavoro, l’essere umano si è sempre mosso per questioni “lavorative”, inizialmente legate soprattutto alla sopravvivenza e successivamente al miglioramento del proprio benessere. Fin dalla nascita della Comunità Europea, la mobilità dei suoi cittadini è stata considerata fondamentale per costruire una cultura comune, ma anche per migliorare il sistema produttivo. Il suo intervento più strutturato è la rete EURES, nata nel 1994 e concepita per facilitare la libera circolazione dei lavoratori, cercando di garantire che i propri cittadini possano godere delle stesse opportunità, nonostante le barriere linguistiche, le differenze culturali, le sfide burocratiche, le diverse leggi sul lavoro nonché il mancato riconoscimento dei certificati scolastici tra le varie nazioni. A questa rete si affiancano storicamente progetti europei che sostengono interventi di scambio per studio, ricerca e lavoro. L’Europa offre enormi opportunità a chiunque voglia muoversi per andare a lavorare all’estero; tuttavia, le statistiche ci raccontano di una sostanziale staticità degli europei. L’impressione è che i servizi di supporto offerti, perché limitati all’informazione e alla gestione di questioni amministrative e logistiche, non siano sufficienti a motivare una persona a recarsi all’estero, per fare esperienza di un contesto operativo e culturale diverso da quello di origine. Quali sono, quindi, i motivi per cui alcune persone scelgono di lanciarsi in questa avventura, mentre la maggior parte la scarta a priori o, al massimo, la prende in considerazione per poi non attivarla? La letteratura scientifica relativa alla mobilità internazionale per lavoro ci può venire in soccorso ma solo in parte, sia perché non molto sviluppata, sia perché dispersa nei rivoli di più discipline. È quindi importante andare alla ricerca di contributi che potrebbero riguardare questa tematica anche solo marginalmente o in modo molto puntuale, così come è utile riferirsi a un approccio interdisciplinare che, inevitabilmente, il fenomeno della mobilità internazionale richiede. In questo capitolo, saranno presentate le più recenti linee di studio e un modello di progettazione utile alla costruzione di interventi di orientamento e di ricerca relativi alla mobilità internazionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.