Con il termine stati mentali a rischio (At- Risk Mental States - ARMS) si fa riferimento a una condizione in cui una persona presenta un elevato rischio di sviluppare, nel corso della propria vita, un disturbo psicotico (Yung et al., 2005). La psicosi è una condizione caratterizzata da una perdita di contatto con la realtà, che può manifestarsi attraverso sintomi noti come allucinazioni (percezioni di cose che non trovano un riscontro nella realtà) e deliri (credenze irrazionali o false). Tuttavia, se la condizione psicotica costituisce l’elemento fondante della schizofrenia, è importante tenere presente che lo sviluppo di stati psicotici è riscontrabile anche in altri disturbi mentali (van Os e Reininghaus, 2016). Dunque, se facciamo riferimento soprattutto alla pratica clinica, la psicosi è di fatto un concetto trans-diagnostico. Ciò significa che, accanto ai classici sintomi della schizofrenia – positivi, negativi e di disorganizzazione comportamentale (Sullivan, 1927) – è necessario considerare ulteriori cluster sintomatologici: da quello depressivo a quello maniacale, da quello che comprende una serie di alterazioni cognitive a quello dello spettro dell’impulsività e ostilità/aggressività. Ecco allora delinearsi un insieme di stati mentali che può diventare importante interpretare e/o associare ad altre fattori di rischio, per esempio di natura genetica (cfr. più avanti). In questa prospettiva, diventa utile tenere presente tutto ciò che mirabilmente Gerd Huber ha sintetizzato nella locuzione sintomi di base, soprattutto come possibile elemento prodromico (Huber et al., 1980; Gross, 1989). In termini di continuità della vita mentale: da un tratto schizotipico della personalità a una predisposizione per stati alterati o dissociati della coscienza, dall’esperienza di interferenze di pensieri emotivamente neutri allo sviluppo di una tendenza all’autoriferimento; o ancora, questa volta in termini più generali, una progressiva perdita di interesse per le attività quotidiane, un isolamento sociale, una difficoltà di concentrazione, delle alterazioni nel modo di pensare o nella comunicazione, una sospettosità e paranoia persistenti, delle sensazioni di stranezza o di distacco dalla realtà e delle esperienze percettive insolite (Fusar-Poli et al., 2017), ecco decritto un insieme di stati mentali o modalità comportamentali che il clinico deve tenere presente nella valutazione di uno stato mentale a rischio.
De Salve, F., Oasi, O., Gli stati mentali a rischio nei giovani adulti, in Riva Crugnola, C. (ed.), Diventare giovani adulti, Raffaello Cortina Editore, Milano 2024: 5- 206 [https://hdl.handle.net/10807/268822]
Gli stati mentali a rischio nei giovani adulti
De Salve, FrancescaPrimo
;Oasi, OsmanoUltimo
2024
Abstract
Con il termine stati mentali a rischio (At- Risk Mental States - ARMS) si fa riferimento a una condizione in cui una persona presenta un elevato rischio di sviluppare, nel corso della propria vita, un disturbo psicotico (Yung et al., 2005). La psicosi è una condizione caratterizzata da una perdita di contatto con la realtà, che può manifestarsi attraverso sintomi noti come allucinazioni (percezioni di cose che non trovano un riscontro nella realtà) e deliri (credenze irrazionali o false). Tuttavia, se la condizione psicotica costituisce l’elemento fondante della schizofrenia, è importante tenere presente che lo sviluppo di stati psicotici è riscontrabile anche in altri disturbi mentali (van Os e Reininghaus, 2016). Dunque, se facciamo riferimento soprattutto alla pratica clinica, la psicosi è di fatto un concetto trans-diagnostico. Ciò significa che, accanto ai classici sintomi della schizofrenia – positivi, negativi e di disorganizzazione comportamentale (Sullivan, 1927) – è necessario considerare ulteriori cluster sintomatologici: da quello depressivo a quello maniacale, da quello che comprende una serie di alterazioni cognitive a quello dello spettro dell’impulsività e ostilità/aggressività. Ecco allora delinearsi un insieme di stati mentali che può diventare importante interpretare e/o associare ad altre fattori di rischio, per esempio di natura genetica (cfr. più avanti). In questa prospettiva, diventa utile tenere presente tutto ciò che mirabilmente Gerd Huber ha sintetizzato nella locuzione sintomi di base, soprattutto come possibile elemento prodromico (Huber et al., 1980; Gross, 1989). In termini di continuità della vita mentale: da un tratto schizotipico della personalità a una predisposizione per stati alterati o dissociati della coscienza, dall’esperienza di interferenze di pensieri emotivamente neutri allo sviluppo di una tendenza all’autoriferimento; o ancora, questa volta in termini più generali, una progressiva perdita di interesse per le attività quotidiane, un isolamento sociale, una difficoltà di concentrazione, delle alterazioni nel modo di pensare o nella comunicazione, una sospettosità e paranoia persistenti, delle sensazioni di stranezza o di distacco dalla realtà e delle esperienze percettive insolite (Fusar-Poli et al., 2017), ecco decritto un insieme di stati mentali o modalità comportamentali che il clinico deve tenere presente nella valutazione di uno stato mentale a rischio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.