Nello sviluppo storico della letteratura per l’infanzia in Italia la dimensione realistica e storica ha avuto il sopravvento lungo tutto l’Ottocento e la rappresentazione dell’infanzia negata, sfruttata e violata è stata spesso al centro delle narrazioni dove un accesso precoce al lavoro ha di fatto occupato la scena narrativa. Si osserva una rappresentazione per lo più maschile di uomini in miniatura sacrificati in occupazioni fisiche logoranti. Nel migliore dei casi emerge una formazione precoce al lavoro volta a garantire la sopravvivenza, oppure nel secondo Ottocento un’etica dell’utile che nella visione adulta dell’infanzia sopravanza rispetto all’etica del piacere, appannaggio invece di chi, come Pinocchio, bambino non è e risulta immerso in un eterno presente. Lo scarto tra mondo adulto e infanzia inizia ad affacciarsi e progressivamente nel corso del Novecento, accanto alla rappresentazione di bambini sacrificati al lavoro e durante il fascismo votati all’eroismo militare, il lavoro diviene, nella formazione della classe borghese, elemento fantastico dal quale fuggire oppure evocato come occupazione di piacere. Nuove categorie critiche si affacceranno nella seconda metà del Novecento quando, a fronte di una maggiore tutela dell’infanzia per diritto sottratta al lavoro, si profila una crescente rappresentazione della femminilità alla ricerca di costruire una nuova identità anche sotto il profilo lavorativo. Il lavoro da rappresentato come condizione dell’esistenza di fanciulli diviene immaginato come progettazione del sé femminile in crescita alla ricerca di nuovi dinamismi ed equilibri nella società.
Fava, S. M., Il lavoro rappresentato e immaginato:sentieri narrativi nella letteratura per l’infanzia in Italia, in Maurizio Fabbripierluigi Malavasialessandra Rosaira Vannin, M. F. M. R. V. (ed.), Sistemi educativi, orientamento e lavoro, Pensa MultiMedia, Brescia - Lecce 2023: 904- 908 [https://hdl.handle.net/10807/260558]
Il lavoro rappresentato e immaginato: sentieri narrativi nella letteratura per l’infanzia in Italia
Fava, Sabrina Maria
2023
Abstract
Nello sviluppo storico della letteratura per l’infanzia in Italia la dimensione realistica e storica ha avuto il sopravvento lungo tutto l’Ottocento e la rappresentazione dell’infanzia negata, sfruttata e violata è stata spesso al centro delle narrazioni dove un accesso precoce al lavoro ha di fatto occupato la scena narrativa. Si osserva una rappresentazione per lo più maschile di uomini in miniatura sacrificati in occupazioni fisiche logoranti. Nel migliore dei casi emerge una formazione precoce al lavoro volta a garantire la sopravvivenza, oppure nel secondo Ottocento un’etica dell’utile che nella visione adulta dell’infanzia sopravanza rispetto all’etica del piacere, appannaggio invece di chi, come Pinocchio, bambino non è e risulta immerso in un eterno presente. Lo scarto tra mondo adulto e infanzia inizia ad affacciarsi e progressivamente nel corso del Novecento, accanto alla rappresentazione di bambini sacrificati al lavoro e durante il fascismo votati all’eroismo militare, il lavoro diviene, nella formazione della classe borghese, elemento fantastico dal quale fuggire oppure evocato come occupazione di piacere. Nuove categorie critiche si affacceranno nella seconda metà del Novecento quando, a fronte di una maggiore tutela dell’infanzia per diritto sottratta al lavoro, si profila una crescente rappresentazione della femminilità alla ricerca di costruire una nuova identità anche sotto il profilo lavorativo. Il lavoro da rappresentato come condizione dell’esistenza di fanciulli diviene immaginato come progettazione del sé femminile in crescita alla ricerca di nuovi dinamismi ed equilibri nella società.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.