Sul libro e la letteratura religiosa nell’Italia del Seicento

Studies on religious culture and life of the past have always been biased by a strong ‘positivistic’ perspective, which tends to reduce their subject matter to a string of ‘speeches’ fixed on written documents. The main aspect emerging from these studies is the ruling, prescriptive and binding model conveyed through the books and the teaching of the Church of the Counter-Reformation: the Church seems to narrow more and more those spaces of experimentation and fervour which were typical of the freer and more open phase preceding the turning point of the Council of Trent. But we cannot speak of a revolutionary break: there are also strong threads of continuity and deep lines of development starting from premises which are not questioned. A clear evidence of this continuity with the past is the network of relationships between the channels of distribution of religious books and the musical arts in 17th century Italy. Here we provide documents of this network, with special consideration for the production of sacred and devotional poetry intended for musical execution and singing: the main phenomena are the modernization of the laud and the new theatrical genres of the oratorio and the cantata. Indeed, the oral and community context was essential for the expression of the religious conscience, which was at the same time fastened to individual experience. The religious landscape of the 17th century is not reducible to that wave of mysticism which would be drastically rejected by the rigoristic revival at the end of the same century.

Gli studi sulla storia della cultura e della vita religiosa del passato hanno sempre sofferto di una impostazione fortemente ‘positivista’, che tende a ridurre la loro materia a una costellazione di “discorsi” fissati nei documenti scritti. L’aspetto che emerge in primo piano è l’accentuazione della dimensione regolatrice, prescrittiva e vincolante del modello proposto attraverso i libri e l’insegnamento divulgato dalla Chiesa della Controriforma, che sembra restringere progressivamente gli spazi della ricerca di sperimentazione e del fervore tipici della fase più libera e aperta che ha preceduto la svolta tridentina. Ma non si può parlare di frattura rivoluzionaria: ci sono anche robusti fili di continuità e linee profonde di sviluppo a partire da premesse che non vengono messe in discussione. Proprio l’intreccio dei rapporti che si sono stabiliti tra i canali di circolazione del libro di religione e il mondo delle arti musicali nell’Italia del Seicento ne è una riprova eloquente. Si cerca qui di documentarlo seguendo in particolare la pista della produzione di poesia sacra e devota per l’esecuzione in musica e il canto, sul fronte del continuo ammodernamento della tradizione laudistica e con la fortuna del nuovo genere teatralizzato dell’oratorio e della cantata. Riaffiora la centralità della dimensione orale e comunitaria in cui si inquadrava l’espressione di una coscienza religiosa che va costantemente riagganciata all’«esperienza» degli individui. Il paesaggio religioso del Seicento non è riducibile all’ondata di quella mistica che non a caso sarà l’oggetto di un drastico rifiuto con il risveglio rigorista di fine secolo.