La monografia si occupa del fenomeno della collazione, istituto del diritto successorio tra i più controversi, sia quanto al suo fondamento sia per i diversi problemi applicativi che esso pone. Lo sviluppo del lavoro prende le mosse (nel primo capitolo) dall’analisi della struttura elementare della fattispecie normativa e in particolare dei suoi presupposti soggettivi, nell’ottica di individuare quale sia il naturale alveo in cui essa è collocata e far emergere un primo dato di confronto al fine di dar conto delle principali tesi della dottrina circa la natura giuridica e il fondamento dell’istituto. Nell’economia dell’indagine assume una posizione centrale l’esatta individuazione dell’obbligo di conferimento e la sua attuazione. Nei capitoli 2 e 3 viene condotta un’analisi puntuale delle diverse ipotesi di liberalità donative e non donative, applicando per ciascuna di esse, il criterio enunciato in premessa, secondo cui ai fini della collazione il quid donatum non va considerato secondo la cristallizzazione formale e statica dell’atto liberale bensì individuando l’effettivo arricchimento conseguito dal beneficiario e coerede. In relazione all’ipotesi classica dell’intestazione di beni a nome altrui, si mette in evidenza come non sia corretta una qualificazione astratta che si sovrapponga e prescinda dai dati singolari della fattispecie concreta, onde l’individuazione dell’arricchimento donativo non sempre sarà dato dal valore dell’immobile, dovendosi considerare ulteriori fattori che possono caratterizzare l’ipotesi concreta. Tra le altre, sono prese in considerazione fattispecie particolari come gli atti rinunziativi, le attribuzioni tra coniugi, gli atti gratuiti con funzione liberale. Con riguardo a questi ultimi, viene messo in evidenza che l’appartenenza dell’attribuzione alla categoria degli atti gratuiti non può escludere di per sé che la stessa integri una funzione liberale, onde risultano decisivi in tal senso la portata concreta dell’attribuzione e la mancanza in capo al disponente di un qualsiasi interesse di altra natura. Nel capitolo 4 vengono affrontati i profili di attuazione del rapporto collatizio, in relazione ai quali il problema di maggiore complessità è dato dal criterio di stima del quid donatum ai fini dell’individuazione dell’obbligo di conferimento. Il criterio legale, che consiste nell’assumere il valore venale del bene al momento dell’apertura della successione, non sempre conduce a un risultato rispettoso del principio di uguaglianza, in quanto vengono a prodursi effetti disomogenei a seconda che vengano in rilievo beni mobili o immobili e a seconda che il conferimento sia fatto in natura o per imputazione. Nell'indagine si ipotizzano taluni correttivi del criterio normativo, applicando estensivamente gli artt. 749 e 750 c.c. a quelle ipotesi che sarebbero destinate altrimenti a un probabile giudizio di incostituzionalità. Vengono in rilievo principalmente, quali oggetti problematici, le partecipazioni di società non quotate e il bene “azienda”, per i quali si presenta la necessità di individuare l’eventuale apporto migliorativo del donatario, scorporandolo dal risultato della stima condotta secondo il criterio legale. Oltre all'approfondimento di talune ipotesi problematiche, come quella relativa alla collazione del denaro, il capitolo 4 offre una ricostruzione del momento attuativo della collazione, evidenziando i nessi procedimentali con la divisione. Si possono menzionare, quali passaggi significativi, quelli concernenti la natura e gli effetti del conferimento in natura, che secondo l’Autore non comporta un doppio trasferimento dal donatario alla massa e da quest’ultima al coerede assegnatario; il problema dell’attuazione dei prelevamenti e i profili di omogeneizzazione dei criteri di stima; la possibile rilevanza di sopravvenienze occorse tra l’apertura della successione e la divisione definitiva, specie quando il relativo procedimento si protrae notevolmente nel tempo, che porta a ritenere ammissibile una revisione della stima iniziale nel momento conclusivo della divisione. Nel capitolo 5, l’analisi sistematica dell’istituto si completa con la disamina del potere di dispensa, attribuito al donante dall’art. 737 c.c. In proposito, premessa dell'indagine è l’inquadramento della dichiarazione di dispensa come negozio strutturalmente unilaterale, essenzialmente revocabile, e munito di effetti mortis causa, anche quando contenuta in atti inter vivos. Il potere di dispensa induce ad una ricognizione di quali siano gli spazi concreti dell’autonomia del donante, giungendo alla conclusione che mentre in relazione ai presupposti soggettivi e oggettivi ha senso discorrere di “collazione volontaria”, purché si rispetti la struttura essenziale del fenomeno, in relazione alle modalità attuative le possibilità di deroga sono alquanto limitate. In particolare, l’imposizione di un conferimento in natura non sarebbe possibile perché la previsione sarebbe in contrasto sia con il principio di irrevocabilità delle donazioni sia con quello di intangibilità di cui all’art. 549 c.c. Il saggio si conclude con un capitolo (il sesto) dedicato al rapporto tra collazione e strumenti di tutela dei legittimari. Tra i diversi problemi affrontati vi sono quelli del legittimario totalmente pretermesso e quello relativo alla dispensa eccedente la quota disponibile. Mentre nel primo caso l’esperimento dell’azione di riduzione è necessario per far valere la collazione, in quanto tramite essa il legittimario escluso può acquisire il titolo di erede, nel secondo caso non si reputa necessario, perché appurata la quota disponibile, per mezzo della riunione fittizia, si ipotizza semplicemente che la collazione resti operativa relativamente alla componente eccedente. Si reputa sufficiente, dunque, chiedere la riunione fittizia. Su un piano più in generale, avendo constatato come la collazione e l’azione di riduzione hanno funzioni diverse e hanno presupposti solo parzialmente coincidenti, si giunge alla conclusione per cui quando in una data successione siano presenti le condizioni di entrambi gli strumenti di tutela è l’interesse concreto delle parti interessate a determinare la priorità dell’uno o dell’altro, senza escludere, tuttavia, che all’azione di riduzione segua anche la collazione.

Schiavone, G., Oggetto delle liberalità e collazione, ESI, Napoli, Napoli 2023: 408 [https://hdl.handle.net/10807/255674]

Oggetto delle liberalità e collazione

Schiavone, Giovanni
2023

Abstract

La monografia si occupa del fenomeno della collazione, istituto del diritto successorio tra i più controversi, sia quanto al suo fondamento sia per i diversi problemi applicativi che esso pone. Lo sviluppo del lavoro prende le mosse (nel primo capitolo) dall’analisi della struttura elementare della fattispecie normativa e in particolare dei suoi presupposti soggettivi, nell’ottica di individuare quale sia il naturale alveo in cui essa è collocata e far emergere un primo dato di confronto al fine di dar conto delle principali tesi della dottrina circa la natura giuridica e il fondamento dell’istituto. Nell’economia dell’indagine assume una posizione centrale l’esatta individuazione dell’obbligo di conferimento e la sua attuazione. Nei capitoli 2 e 3 viene condotta un’analisi puntuale delle diverse ipotesi di liberalità donative e non donative, applicando per ciascuna di esse, il criterio enunciato in premessa, secondo cui ai fini della collazione il quid donatum non va considerato secondo la cristallizzazione formale e statica dell’atto liberale bensì individuando l’effettivo arricchimento conseguito dal beneficiario e coerede. In relazione all’ipotesi classica dell’intestazione di beni a nome altrui, si mette in evidenza come non sia corretta una qualificazione astratta che si sovrapponga e prescinda dai dati singolari della fattispecie concreta, onde l’individuazione dell’arricchimento donativo non sempre sarà dato dal valore dell’immobile, dovendosi considerare ulteriori fattori che possono caratterizzare l’ipotesi concreta. Tra le altre, sono prese in considerazione fattispecie particolari come gli atti rinunziativi, le attribuzioni tra coniugi, gli atti gratuiti con funzione liberale. Con riguardo a questi ultimi, viene messo in evidenza che l’appartenenza dell’attribuzione alla categoria degli atti gratuiti non può escludere di per sé che la stessa integri una funzione liberale, onde risultano decisivi in tal senso la portata concreta dell’attribuzione e la mancanza in capo al disponente di un qualsiasi interesse di altra natura. Nel capitolo 4 vengono affrontati i profili di attuazione del rapporto collatizio, in relazione ai quali il problema di maggiore complessità è dato dal criterio di stima del quid donatum ai fini dell’individuazione dell’obbligo di conferimento. Il criterio legale, che consiste nell’assumere il valore venale del bene al momento dell’apertura della successione, non sempre conduce a un risultato rispettoso del principio di uguaglianza, in quanto vengono a prodursi effetti disomogenei a seconda che vengano in rilievo beni mobili o immobili e a seconda che il conferimento sia fatto in natura o per imputazione. Nell'indagine si ipotizzano taluni correttivi del criterio normativo, applicando estensivamente gli artt. 749 e 750 c.c. a quelle ipotesi che sarebbero destinate altrimenti a un probabile giudizio di incostituzionalità. Vengono in rilievo principalmente, quali oggetti problematici, le partecipazioni di società non quotate e il bene “azienda”, per i quali si presenta la necessità di individuare l’eventuale apporto migliorativo del donatario, scorporandolo dal risultato della stima condotta secondo il criterio legale. Oltre all'approfondimento di talune ipotesi problematiche, come quella relativa alla collazione del denaro, il capitolo 4 offre una ricostruzione del momento attuativo della collazione, evidenziando i nessi procedimentali con la divisione. Si possono menzionare, quali passaggi significativi, quelli concernenti la natura e gli effetti del conferimento in natura, che secondo l’Autore non comporta un doppio trasferimento dal donatario alla massa e da quest’ultima al coerede assegnatario; il problema dell’attuazione dei prelevamenti e i profili di omogeneizzazione dei criteri di stima; la possibile rilevanza di sopravvenienze occorse tra l’apertura della successione e la divisione definitiva, specie quando il relativo procedimento si protrae notevolmente nel tempo, che porta a ritenere ammissibile una revisione della stima iniziale nel momento conclusivo della divisione. Nel capitolo 5, l’analisi sistematica dell’istituto si completa con la disamina del potere di dispensa, attribuito al donante dall’art. 737 c.c. In proposito, premessa dell'indagine è l’inquadramento della dichiarazione di dispensa come negozio strutturalmente unilaterale, essenzialmente revocabile, e munito di effetti mortis causa, anche quando contenuta in atti inter vivos. Il potere di dispensa induce ad una ricognizione di quali siano gli spazi concreti dell’autonomia del donante, giungendo alla conclusione che mentre in relazione ai presupposti soggettivi e oggettivi ha senso discorrere di “collazione volontaria”, purché si rispetti la struttura essenziale del fenomeno, in relazione alle modalità attuative le possibilità di deroga sono alquanto limitate. In particolare, l’imposizione di un conferimento in natura non sarebbe possibile perché la previsione sarebbe in contrasto sia con il principio di irrevocabilità delle donazioni sia con quello di intangibilità di cui all’art. 549 c.c. Il saggio si conclude con un capitolo (il sesto) dedicato al rapporto tra collazione e strumenti di tutela dei legittimari. Tra i diversi problemi affrontati vi sono quelli del legittimario totalmente pretermesso e quello relativo alla dispensa eccedente la quota disponibile. Mentre nel primo caso l’esperimento dell’azione di riduzione è necessario per far valere la collazione, in quanto tramite essa il legittimario escluso può acquisire il titolo di erede, nel secondo caso non si reputa necessario, perché appurata la quota disponibile, per mezzo della riunione fittizia, si ipotizza semplicemente che la collazione resti operativa relativamente alla componente eccedente. Si reputa sufficiente, dunque, chiedere la riunione fittizia. Su un piano più in generale, avendo constatato come la collazione e l’azione di riduzione hanno funzioni diverse e hanno presupposti solo parzialmente coincidenti, si giunge alla conclusione per cui quando in una data successione siano presenti le condizioni di entrambi gli strumenti di tutela è l’interesse concreto delle parti interessate a determinare la priorità dell’uno o dell’altro, senza escludere, tuttavia, che all’azione di riduzione segua anche la collazione.
2023
Italiano
Monografia o trattato scientifico
ESI, Napoli
Schiavone, G., Oggetto delle liberalità e collazione, ESI, Napoli, Napoli 2023: 408 [https://hdl.handle.net/10807/255674]
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