Il contributo analizza, con un approccio economico-aziendale e comparatistico con le esperienze internazionali, la crisi e il declino dell’impresa, intesa quale cellula ed attore del tessuto economico. Gli stati di declino e di crisi dell’unità aziendale vengono descritti attraverso l’indagine delle possibili cause e i relativi effetti partendo dalla considerazione secondo la quale l’azienda, per svolgere in modo proficuo la propria attività, deve mostrare attitudine ad una economicità adeguata e duratura. Secondo la teoria del valore, la vitalità dell’impresa può essere misurata in termini di capacità prospettica di accrescimento del valore del capitale economico (ΔW); se la propensione alla crescita rallenta per poi invertirsi, significa che l’impresa sta distruggendo valore nel tempo, palesandosi la situazione di declino. Se alla redditività negativa seguono gravi e crescenti ripercussioni sul piano dei flussi finanziari, della solvibilità, della perdita di credito e di fiducia, siamo di fronte ad una situazione di crisi. Se lo stato di crisi avesse matrice esclusivamente finanziaria, sarebbe sufficiente ripristinare tale equilibrio per risolvere lo stato di dissesto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, lo squilibrio finanziario rappresenta soltanto la manifestazione ultima, che certamente va ad aggravare ancor di più le perdite, di patologie aventi altra origine, specialmente economica. La crisi è poi solitamente conseguenza del progressivo deterioramento di situazioni di squilibrio e di inefficienza di origi-ne interna e/o esterna; è data cioè da una situazione latente che diviene manifesta solo quando è giunta in fase acuta, al verificarsi del c.d. trigger event (evento scatenante) conseguenza di una tardiva o assente efficace reazione da parte del management dell’azienda. Nel primo capitolo, sulla base di tali premesse e sottolineando che l’etimologia stessa del termine “crisi”, mutuato dal campo scientifico, ne evidenzia il carattere di poliedricità nell’ambito dell’analisi economico-aziendale, si è indagato il processo di formazione della crisi d’impresa e le relative tappe. Il secondo capitolo è dedicato all’analisi dei processi di turnaround, intesi come un insieme organico di misure riparatorie, formulate e poste in essere nell’ambito dei piani di risanamento a supporto del processo. Nel terzo capitolo sono, in particolare, analizzate le operazioni mediante le quali si procede alla ristrutturazione del debito e gli interventi in cui questa si articola: ricorso a nuove risorse finanziarie, partecipazione al capitale di rischio dell’impresa risananda e operazioni di asset restructuring (ossia quegli interventi sull’attivo patrimoniale finalizzati alla produzione di un ammontare di liquidità addizionale rispetto a quella generata dalla gestione ordinaria, al fine di attuare dei piani credibili di rientro del debito nei confronti dei creditori cui si propone il piano di ristrutturazione). Nel quarto capitolo particolare attenzione è stata dedicata all’analisi dei modelli predittivi dello stato di crisi dell’impresa approfondendo l’analisi discriminante basata sugli indici di bilancio e sul valore di mercato delle società quotate (capitalizzazione di borsa).
Sottoriva, C., Crisi e declino dell'impresa. Interventi di turnaround e modelli previsionali, Giuffrè Editore, Milano 2012: 262 [http://hdl.handle.net/10807/2520]
Crisi e declino dell'impresa. Interventi di turnaround e modelli previsionali
Sottoriva, Claudio
2012
Abstract
Il contributo analizza, con un approccio economico-aziendale e comparatistico con le esperienze internazionali, la crisi e il declino dell’impresa, intesa quale cellula ed attore del tessuto economico. Gli stati di declino e di crisi dell’unità aziendale vengono descritti attraverso l’indagine delle possibili cause e i relativi effetti partendo dalla considerazione secondo la quale l’azienda, per svolgere in modo proficuo la propria attività, deve mostrare attitudine ad una economicità adeguata e duratura. Secondo la teoria del valore, la vitalità dell’impresa può essere misurata in termini di capacità prospettica di accrescimento del valore del capitale economico (ΔW); se la propensione alla crescita rallenta per poi invertirsi, significa che l’impresa sta distruggendo valore nel tempo, palesandosi la situazione di declino. Se alla redditività negativa seguono gravi e crescenti ripercussioni sul piano dei flussi finanziari, della solvibilità, della perdita di credito e di fiducia, siamo di fronte ad una situazione di crisi. Se lo stato di crisi avesse matrice esclusivamente finanziaria, sarebbe sufficiente ripristinare tale equilibrio per risolvere lo stato di dissesto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, lo squilibrio finanziario rappresenta soltanto la manifestazione ultima, che certamente va ad aggravare ancor di più le perdite, di patologie aventi altra origine, specialmente economica. La crisi è poi solitamente conseguenza del progressivo deterioramento di situazioni di squilibrio e di inefficienza di origi-ne interna e/o esterna; è data cioè da una situazione latente che diviene manifesta solo quando è giunta in fase acuta, al verificarsi del c.d. trigger event (evento scatenante) conseguenza di una tardiva o assente efficace reazione da parte del management dell’azienda. Nel primo capitolo, sulla base di tali premesse e sottolineando che l’etimologia stessa del termine “crisi”, mutuato dal campo scientifico, ne evidenzia il carattere di poliedricità nell’ambito dell’analisi economico-aziendale, si è indagato il processo di formazione della crisi d’impresa e le relative tappe. Il secondo capitolo è dedicato all’analisi dei processi di turnaround, intesi come un insieme organico di misure riparatorie, formulate e poste in essere nell’ambito dei piani di risanamento a supporto del processo. Nel terzo capitolo sono, in particolare, analizzate le operazioni mediante le quali si procede alla ristrutturazione del debito e gli interventi in cui questa si articola: ricorso a nuove risorse finanziarie, partecipazione al capitale di rischio dell’impresa risananda e operazioni di asset restructuring (ossia quegli interventi sull’attivo patrimoniale finalizzati alla produzione di un ammontare di liquidità addizionale rispetto a quella generata dalla gestione ordinaria, al fine di attuare dei piani credibili di rientro del debito nei confronti dei creditori cui si propone il piano di ristrutturazione). Nel quarto capitolo particolare attenzione è stata dedicata all’analisi dei modelli predittivi dello stato di crisi dell’impresa approfondendo l’analisi discriminante basata sugli indici di bilancio e sul valore di mercato delle società quotate (capitalizzazione di borsa).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.