In Vom Sinn des Leides, Max Scheler indaga con lucidità fenomenologica i vissuti del dolore e della sofferenza. Chi voglia riflettere con l’autore si trova, così, messo a confronto con una ricerca – capace, di fatto, di ripercorrere l’intera storia del pensiero filosofico – che mira a rintracciare i diversi atteggiamenti elaborati dall’umanità nei confronti del soffrire, sulla base di un percorso che dall’etica e dall’antropologia filosofica si apre alla metafisica e alla filosofia della religione. La tesi iniziale del saggio è rilevante: non si può dichiarare il dolore privo di senso per il semplice fatto che esso possiede, al contrario, un fondamentale significato nei termini di un prezioso segnale di pericolo per la stessa dimensione vitale dell’organismo. Nondimeno, se il filosofo tedesco comincia la sua analisi da questa tesi, la cui importanza non può essere sottovaluta soprattutto in un tempo come il nostro, è perché sente di non potersi arrestare a una conclusione che da sola non appare in grado di rispondere allo scandalo rappresentato dalla presenza stessa nel reale anche della più elementare forma di sofferenza. Una risposta di questo tipo non basta ed è così che avviene il cambio di passo decisivo del volume che costringe il lettore ad abbandonare il ‘semplice’ piano della costituzione della vita emotiva, per guardare a un’alternativa più profonda e radicale.
Musio, A., Scheler e il senso del 'patire'. Tra bios ed ethos, in Alessio Musi, A. M. (ed.), Il senso della sofferenza. Testo tedesco a fronte, Mimesis Edizioni, MILANO -- ITA 2023: 7- 54 [https://hdl.handle.net/10807/251416]
Scheler e il senso del 'patire'. Tra bios ed ethos
Musio, Alessio
2023
Abstract
In Vom Sinn des Leides, Max Scheler indaga con lucidità fenomenologica i vissuti del dolore e della sofferenza. Chi voglia riflettere con l’autore si trova, così, messo a confronto con una ricerca – capace, di fatto, di ripercorrere l’intera storia del pensiero filosofico – che mira a rintracciare i diversi atteggiamenti elaborati dall’umanità nei confronti del soffrire, sulla base di un percorso che dall’etica e dall’antropologia filosofica si apre alla metafisica e alla filosofia della religione. La tesi iniziale del saggio è rilevante: non si può dichiarare il dolore privo di senso per il semplice fatto che esso possiede, al contrario, un fondamentale significato nei termini di un prezioso segnale di pericolo per la stessa dimensione vitale dell’organismo. Nondimeno, se il filosofo tedesco comincia la sua analisi da questa tesi, la cui importanza non può essere sottovaluta soprattutto in un tempo come il nostro, è perché sente di non potersi arrestare a una conclusione che da sola non appare in grado di rispondere allo scandalo rappresentato dalla presenza stessa nel reale anche della più elementare forma di sofferenza. Una risposta di questo tipo non basta ed è così che avviene il cambio di passo decisivo del volume che costringe il lettore ad abbandonare il ‘semplice’ piano della costituzione della vita emotiva, per guardare a un’alternativa più profonda e radicale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.