Il contributo considera l’esegesi dell libro di Ezechiele, e in particolare della visione di Ez 1, negli autori latini dei secoli fra il XII e il XIV – per quest’ultimo limitatamente a Dante, nel confronto con la tradizione precedente. Le premesse poste degli autori dei primi secoli trovano in Gregorio Magno un interprete da cui i commenti successivi riprenderanno continuamente alcuni elementi, divenuti stabili. Viene considerata in particolare la Glossa ordinaria, sviluppata nelle scuole di Laon nei primi decenni del XII secolo, che costituisce un grande collettore e diffusore di questi temi. Autori per motivi diversi di grande impatto come Ruperto di Deutz e Andrea di San Vittore propongono tuttavia declinazioni particolari, il primo attraverso una marcata sottolineatura cristocentrica, il secondo con un’attenzione particolare a mostrare la coerenza del dettato della littera – secondo le rispettive sensibilità teologiche, che la ricerca ha evidenziato meglio negli ultimi decenni. Dal canto suo Gioacchino da Fiore, come pure il suo socius Raniero da Ponza, leggono Ez 1 secondo una prospettiva storico-profetica. Fra i commenti del secolo successivo vengono considerati le «postille di Ugo di St.Cher», opera di un gruppo di frati Predicatori attivi a Parigi negli anni Trenta, che si pone come un’ambiziosa alternativa alla Glossa ordinaria, e il commento di Pietro di Giovanni Olivi, più vicino allo stile asciutto e legato alla littera di Andrea di San Vittore. Tutto ciò mette in luce l’insistita interpretazione per cui la visione di Ez 1 rappresenterebbe in particolare una profezia del quadriforme evangelo e una rivelazione del rapporto fra Antico e Nuovo Testamento. Dante, che pare assumere Ezechiele come modello per la propria visione e la propria vocazione a trasmetterla, sembra riferirsi anche a questa tradizione, in particolare per suggerire uno statuto ermeneutico particolare alla propria scrittura – per la quale, come è noto, propone un’esegesi parallela a quella riservata alle Scritture Sacre.
Rainini, M. G., Le visioni del profeta Ezechiele: letture fra il XII secolo e Dante, Dante e le grandi questioni escatologiche, Vita e Pensiero Pubblic University:Largo Gemelli 1, I 20123 Milan Italy:011 39 02 72342310, 011 39 2 72342370, EMAIL: redazione.vp@unicatt.it, Fax: 011 39 02 72342974, Milano 2022 6: 39-63 [http://hdl.handle.net/10807/213344]
Le visioni del profeta Ezechiele: letture fra il XII secolo e Dante
Rainini, Marco GiuseppePrimo
2022
Abstract
Il contributo considera l’esegesi dell libro di Ezechiele, e in particolare della visione di Ez 1, negli autori latini dei secoli fra il XII e il XIV – per quest’ultimo limitatamente a Dante, nel confronto con la tradizione precedente. Le premesse poste degli autori dei primi secoli trovano in Gregorio Magno un interprete da cui i commenti successivi riprenderanno continuamente alcuni elementi, divenuti stabili. Viene considerata in particolare la Glossa ordinaria, sviluppata nelle scuole di Laon nei primi decenni del XII secolo, che costituisce un grande collettore e diffusore di questi temi. Autori per motivi diversi di grande impatto come Ruperto di Deutz e Andrea di San Vittore propongono tuttavia declinazioni particolari, il primo attraverso una marcata sottolineatura cristocentrica, il secondo con un’attenzione particolare a mostrare la coerenza del dettato della littera – secondo le rispettive sensibilità teologiche, che la ricerca ha evidenziato meglio negli ultimi decenni. Dal canto suo Gioacchino da Fiore, come pure il suo socius Raniero da Ponza, leggono Ez 1 secondo una prospettiva storico-profetica. Fra i commenti del secolo successivo vengono considerati le «postille di Ugo di St.Cher», opera di un gruppo di frati Predicatori attivi a Parigi negli anni Trenta, che si pone come un’ambiziosa alternativa alla Glossa ordinaria, e il commento di Pietro di Giovanni Olivi, più vicino allo stile asciutto e legato alla littera di Andrea di San Vittore. Tutto ciò mette in luce l’insistita interpretazione per cui la visione di Ez 1 rappresenterebbe in particolare una profezia del quadriforme evangelo e una rivelazione del rapporto fra Antico e Nuovo Testamento. Dante, che pare assumere Ezechiele come modello per la propria visione e la propria vocazione a trasmetterla, sembra riferirsi anche a questa tradizione, in particolare per suggerire uno statuto ermeneutico particolare alla propria scrittura – per la quale, come è noto, propone un’esegesi parallela a quella riservata alle Scritture Sacre.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.