Manzoni poeta teologo (1809-1819)

The phrase "poeta teologo", apart from the technical sense, is here assumed after Vico to mean the category of the wise who founded (or brought back) the civilization of nations making it emerge from barbarism. A scrupulous reader of the "Scienza nuova", the young Manzoni draws from it the definition of a possible role for humanities, on the background of a Europe ravaged by the Napoleonic Wars and reduced to an immense battlefield. Thus the present essay examines Manzoni's ten-year-long production, from "Urania", where a well aware Manzoni wears the "bende" and the "manto" of the theologian poet for the first time, to the second "Pentecoste", where he announces the advent of a new age of freedom and peace. The "Inni Sacri" and the "Osservazioni sulla morale cattolica" have an outstanding importance in our monograph, but great care is also taken over both the brief idyllic season marked by the rhapsody "A Parteneide" and the preface to "Vaccina", and the first draft of "Conte di Carmagnola". Either the political themes of an incipient Risorgimento or the more essentially literary themes about poetics and canon meet the theological and moral ones (the vexata quaestio of Manzoni's alleged jansenism is related to the latter). It eventually comes out the noble and meditative portrait of a man in quest, whose clear and uneasy conscience gradually considers the knots of human behaviour, between Nature and Grace, impulse and virtue, submission and freedom, in saint Augustine's perspective of the construction of the civitas Dei, a community of saints: an itinerarium mentis new to a large degree, surprisingly found among the folded papers which fill Manzoni's writing desk and library.

Prima ancora che in senso tecnico, "poeta teologo" viene qui assunto in accezione vichiana, a indicare la categoria dei sapienti che fondarono (o risuscitarono) la civiltà delle nazioni facendola emergere dalla barbarie. Attento lettore della "Scienza nuova", il giovane Manzoni ne ricava la definizione di un possibile ruolo per le umane lettere, sulle rovine di un'Europa sconvolta dalle guerre napoleoniche e ridotta a uno sterminato campo di battaglia. La monografia passa al vaglio, in tale prospettiva, la produzione manzoniana di un decennio, da "Urania", in cui per la prima volta Manzoni indossa consapevolmente "le bende e il manto" del poeta teologo, fino alla seconda "Pentecoste", dove annuncia l'avvento di un'era nuova di libertà e di pace. Un posto centrale, in questa ricognizione, occupano, ovviamente, gli "Inni sacri" e le "Osservazioni sulla morale cattolica", ma l'attenzione cade anche sulla breve stagione idillica, contrassegnata dalla rapsodia "A Parteneide" e dal proemio della "Vaccina", e sul primo getto del "Conte di Carmagnola". Ai motivi teologici e morali (cui si connette, tra l'altro, la vexata quaestio del presunto giansenismo manzoniano) s'incrociano quelli politici di un incipiente Risorgimento e quelli più squisitamente letterari di canone e di poetica. Alla fine si compone il ritratto nobile e pensoso di un uomo in ricerca, alla cui coscienza, tanto lucida quanto inquieta, si affacciano via via i grandi nodi dell'agire umano, tra natura e grazia, impulsi e virtù, soggezione e libertà, nella prospettiva agostiniana della costruzione della "civitas Dei", di una società di santi; un itinerarium mentis in larga misura inedito, sorpreso tra le pieghe delle carte che affollano lo scrittoio e la biblioteca di Manzoni.