La fine della Prima guerra mondiale e gli sviluppi della conferenza della Pace portano in luce le tensioni che, nel corso del conflitto, si erano accumulate fra gli alleati. Nel caso dell’Italia, ciò si traduce in un progressivo isolamento, che contribuisce in modo significativo a determinare l’esito deludente delle trattative parigine, in particolare per quanto concerne l’assetto adriatico. A questo risultato concorre in maniera rilevante l’atteggiamento britannico e, in particolare, quello del gabinetto Lloyd George, giunto al potere il 6 dicembre 1916. La forte personalità del Primo ministro, insieme all’atteggiamento del Segretario agli esteri, Arthur Balfour (apertamente critico nei confronti del patto di Londra), svolgono, infatti, una parte importante nell’allontanare i vertici politici britannici da quelli italiani già durante il conflitto. L’entrata in guerra degli Stati Uniti e la ricerca, da parte di Londra, di un asse con la Potenza d’Oltreatlantico accentuano questa tendenza. A Parigi, a questo complesso di fattori si sommano le diverse priorità di Roma e di Londra, sia nello scacchiere europeo, sia in quello ex asburgico. In entrambi gli ambiti, gli interessi settoriali dell’Italia si scontrano, in particolare, con le più ampia prospettiva britannica, tesa a conciliare le esigenze dell’Impero (e dei dominions, che non a caso firmeranno il trattato di Versailles come soggetti separati da Londra e come soggetti separati da Londra entreranno a fare parte della Società delle nazioni) con quelle della stabilità europea. Il ‘doppio contenimento’ della minaccia tedesca e di quella potenzialmente rappresentata dalla Russia sovietica, la limitazione delle ambizioni francesi (percepite come destabilizzanti da alcuni membri del Gabinetto) e il futuro assetto centroeuropeo, le rivendicazioni delle cui ‘nazionalità’ costituivano un problema fortemente sentito dall’opinione pubblica, sono solo alcune delle questioni sulle quali si appunta l’attenzione dei delegati britannici. Su questo sfondo è comprensibile lo scollamento rispetto alle posizioni italiane; uno scollamento che si manifesta su varie questioni legate ai futuri assetti dell’Adriatico: da quella sulla ripartizione delle spoglie della ex flotta austro-ungarica a quella sul futuro di Fiume, destinata ad assumere un ruolo centrale nella vita politica nazionale fra il 1919 e il 1921. Dal punto di vista britannico, tali questioni restavano, tuttavia, marginali. L’arrivo di Lord Curzon al Foreign Office al posto di Balfour (23 ottobre 1919) accentua questa tendenza, concorrendo a spostare l’attenzione di Londra verso l’Europa centro-orientale, dove da febbraio lo scoppio della guerra russo-polacca e il proliferare delle ‘repubbliche rosse’ ponevano in maniera pressante il problema di una possibile espansione della minaccia sovietica. Un’altra ragione del raffreddamento di un rapporto nel quale, all’inizio del conflitto, sia Londra sia Roma, seppure per motivi diversi, avevano riposto parecchie speranze.

Pastori, G., Versailles e oltre. Italia e Gran Bretagna dalla Conferenza di pace alle sfide del dopoguerra, L’Italia e la Grande Guerra. Il 1919. Un’Italia vittoriosa e provata in un’Europa in trasformazione. Problematiche e prospettive. Atti del Congresso di studi storici internazionali, Roma, 11-12 novembre 2019, Stato Maggiore della Difesa, Roma 2020: 251-268 [http://hdl.handle.net/10807/179024]

Versailles e oltre. Italia e Gran Bretagna dalla Conferenza di pace alle sfide del dopoguerra

Pastori, Gianluca
2020

Abstract

La fine della Prima guerra mondiale e gli sviluppi della conferenza della Pace portano in luce le tensioni che, nel corso del conflitto, si erano accumulate fra gli alleati. Nel caso dell’Italia, ciò si traduce in un progressivo isolamento, che contribuisce in modo significativo a determinare l’esito deludente delle trattative parigine, in particolare per quanto concerne l’assetto adriatico. A questo risultato concorre in maniera rilevante l’atteggiamento britannico e, in particolare, quello del gabinetto Lloyd George, giunto al potere il 6 dicembre 1916. La forte personalità del Primo ministro, insieme all’atteggiamento del Segretario agli esteri, Arthur Balfour (apertamente critico nei confronti del patto di Londra), svolgono, infatti, una parte importante nell’allontanare i vertici politici britannici da quelli italiani già durante il conflitto. L’entrata in guerra degli Stati Uniti e la ricerca, da parte di Londra, di un asse con la Potenza d’Oltreatlantico accentuano questa tendenza. A Parigi, a questo complesso di fattori si sommano le diverse priorità di Roma e di Londra, sia nello scacchiere europeo, sia in quello ex asburgico. In entrambi gli ambiti, gli interessi settoriali dell’Italia si scontrano, in particolare, con le più ampia prospettiva britannica, tesa a conciliare le esigenze dell’Impero (e dei dominions, che non a caso firmeranno il trattato di Versailles come soggetti separati da Londra e come soggetti separati da Londra entreranno a fare parte della Società delle nazioni) con quelle della stabilità europea. Il ‘doppio contenimento’ della minaccia tedesca e di quella potenzialmente rappresentata dalla Russia sovietica, la limitazione delle ambizioni francesi (percepite come destabilizzanti da alcuni membri del Gabinetto) e il futuro assetto centroeuropeo, le rivendicazioni delle cui ‘nazionalità’ costituivano un problema fortemente sentito dall’opinione pubblica, sono solo alcune delle questioni sulle quali si appunta l’attenzione dei delegati britannici. Su questo sfondo è comprensibile lo scollamento rispetto alle posizioni italiane; uno scollamento che si manifesta su varie questioni legate ai futuri assetti dell’Adriatico: da quella sulla ripartizione delle spoglie della ex flotta austro-ungarica a quella sul futuro di Fiume, destinata ad assumere un ruolo centrale nella vita politica nazionale fra il 1919 e il 1921. Dal punto di vista britannico, tali questioni restavano, tuttavia, marginali. L’arrivo di Lord Curzon al Foreign Office al posto di Balfour (23 ottobre 1919) accentua questa tendenza, concorrendo a spostare l’attenzione di Londra verso l’Europa centro-orientale, dove da febbraio lo scoppio della guerra russo-polacca e il proliferare delle ‘repubbliche rosse’ ponevano in maniera pressante il problema di una possibile espansione della minaccia sovietica. Un’altra ragione del raffreddamento di un rapporto nel quale, all’inizio del conflitto, sia Londra sia Roma, seppure per motivi diversi, avevano riposto parecchie speranze.
2020
Italiano
9788898185405
Stato Maggiore della Difesa
Pastori, G., Versailles e oltre. Italia e Gran Bretagna dalla Conferenza di pace alle sfide del dopoguerra, L’Italia e la Grande Guerra. Il 1919. Un’Italia vittoriosa e provata in un’Europa in trasformazione. Problematiche e prospettive. Atti del Congresso di studi storici internazionali, Roma, 11-12 novembre 2019, Stato Maggiore della Difesa, Roma 2020: 251-268 [http://hdl.handle.net/10807/179024]
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