L’indagine sul conflitto di interessi ed esercizio della funzione amministrativa ha trovato una ragione negli scritti della dottrina, numerosi dopo l’introduzione dell'art. 6-bis l. n. 241/1990, e nelle pronunce della giurisprudenza amministrativa, significative col trascorrere del tempo e tali da consentire di trarre una prima linea evolutiva. Lo studio e l’analisi del conflitto di interessi sono stati condotti con l’obiettivo di rifuggire dagli aspetti sociologici del fenomeno e da ogni tentazione etica o moralizzatrice, che pure pervadono una certa lettura delle misure e degli strumenti propri del diritto amministrativo nella prevenzione della cattiva amministrazione. In altri termini, l’indagine si è mossa volutamente sul piano giuridico, già di per sé ricco di temi e implicazioni, ed è stata stimolata dall’emersione di un progressivo scostamento, nella elaborazione delle diverse interpretazioni, dalla dimensione e dalla collocazione della disposizione sul conflitto di interessi come riferita all’esercizio della funzione amministrativa. Da questo punto di vista, l’indagine ha dato spazio a profili che non è sembrato di cogliere appieno negli argomenti sviluppati da una parte della dottrina e nelle motivazioni di alcune sentenze del giudice amministrativo, primo fra tutti quello del difetto di legittimazione del funzionario che versa in una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale. Anche aspetti certamente dibattuti e oggetto di grande attenzione nei contributi e nelle sentenze amministrative sul conflitto di interessi del funzionario, in particolare quello legato all’affermazione ricorrente che le regole sull’incompatibilità del funzionario, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio e l’immagine della pubblica amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, sono stati indagati non solo nella dimensione dell’affermazione di principio, ma anche nella prospettiva dell’incidenza sul piano degli effetti della violazione della disposizione sull’obbligo di astensione. È stato naturale cogliere un’altra sollecitazione per l’indagine nell’interrogativo di fondo che ha accompagnato sin da subito l’introduzione dell’art. 6-bis l. n. 241/1990: quello della effettiva “utilità”, a fronte dei principi generali che governano l’azione amministrativa e del principio d’imparzialità in primis, di una disposizione di carattere generale sul conflitto di interessi del funzionario, soprattutto valutata in relazione a una certa lacunosità del testo normativo, riferita da alcuni anche alla nozione stessa di conflitto di interessi. Si tratta di un interrogativo che molti autori hanno colto, seppure il più delle volte nella prospettiva di una critica generale rispetto all’opportunità e all’utilità delle modifiche apportate dalla riforma del 2012 alla legge sul procedimento. A questo interrogativo si è cercato di rispondere, nella prospettiva troppo spesso sottovalutata della centralità, anche rispetto alla disposizione sul conflitto di interessi, della funzione amministrativa, non però in senso puramente oggettivo, in ragione di un risultato o di uno scopo da raggiungere, ma nell’ottica corretta richiesta dall’art. 6-bis l. n. 241/1990, cioè quella del soggetto agente. Una prospettiva nella quale la centralità dell’imparzialità soggettiva è presa sul serio, perché in gioco è molto di più un onere organizzativo che grava sull’apparato burocratico, ma la stessa credibilità della pubblica amministrazione.

D'Angelo, G., Conflitto di interessi ed esercizio della funzione amministrativa, Giappichelli Editore, Torino 2020: 218 (XV-203) [http://hdl.handle.net/10807/156060]

Conflitto di interessi ed esercizio della funzione amministrativa

D'Angelo, Giovanni
2020

Abstract

L’indagine sul conflitto di interessi ed esercizio della funzione amministrativa ha trovato una ragione negli scritti della dottrina, numerosi dopo l’introduzione dell'art. 6-bis l. n. 241/1990, e nelle pronunce della giurisprudenza amministrativa, significative col trascorrere del tempo e tali da consentire di trarre una prima linea evolutiva. Lo studio e l’analisi del conflitto di interessi sono stati condotti con l’obiettivo di rifuggire dagli aspetti sociologici del fenomeno e da ogni tentazione etica o moralizzatrice, che pure pervadono una certa lettura delle misure e degli strumenti propri del diritto amministrativo nella prevenzione della cattiva amministrazione. In altri termini, l’indagine si è mossa volutamente sul piano giuridico, già di per sé ricco di temi e implicazioni, ed è stata stimolata dall’emersione di un progressivo scostamento, nella elaborazione delle diverse interpretazioni, dalla dimensione e dalla collocazione della disposizione sul conflitto di interessi come riferita all’esercizio della funzione amministrativa. Da questo punto di vista, l’indagine ha dato spazio a profili che non è sembrato di cogliere appieno negli argomenti sviluppati da una parte della dottrina e nelle motivazioni di alcune sentenze del giudice amministrativo, primo fra tutti quello del difetto di legittimazione del funzionario che versa in una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale. Anche aspetti certamente dibattuti e oggetto di grande attenzione nei contributi e nelle sentenze amministrative sul conflitto di interessi del funzionario, in particolare quello legato all’affermazione ricorrente che le regole sull’incompatibilità del funzionario, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio e l’immagine della pubblica amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, sono stati indagati non solo nella dimensione dell’affermazione di principio, ma anche nella prospettiva dell’incidenza sul piano degli effetti della violazione della disposizione sull’obbligo di astensione. È stato naturale cogliere un’altra sollecitazione per l’indagine nell’interrogativo di fondo che ha accompagnato sin da subito l’introduzione dell’art. 6-bis l. n. 241/1990: quello della effettiva “utilità”, a fronte dei principi generali che governano l’azione amministrativa e del principio d’imparzialità in primis, di una disposizione di carattere generale sul conflitto di interessi del funzionario, soprattutto valutata in relazione a una certa lacunosità del testo normativo, riferita da alcuni anche alla nozione stessa di conflitto di interessi. Si tratta di un interrogativo che molti autori hanno colto, seppure il più delle volte nella prospettiva di una critica generale rispetto all’opportunità e all’utilità delle modifiche apportate dalla riforma del 2012 alla legge sul procedimento. A questo interrogativo si è cercato di rispondere, nella prospettiva troppo spesso sottovalutata della centralità, anche rispetto alla disposizione sul conflitto di interessi, della funzione amministrativa, non però in senso puramente oggettivo, in ragione di un risultato o di uno scopo da raggiungere, ma nell’ottica corretta richiesta dall’art. 6-bis l. n. 241/1990, cioè quella del soggetto agente. Una prospettiva nella quale la centralità dell’imparzialità soggettiva è presa sul serio, perché in gioco è molto di più un onere organizzativo che grava sull’apparato burocratico, ma la stessa credibilità della pubblica amministrazione.
2020
Italiano
Monografia o trattato scientifico
Giappichelli Editore
D'Angelo, G., Conflitto di interessi ed esercizio della funzione amministrativa, Giappichelli Editore, Torino 2020: 218 (XV-203) [http://hdl.handle.net/10807/156060]
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