Questo saggio ci propone una riflessione sulla dimensione progettuale dell’educazione, ponendo i riflettori sul PEI, uno strumento che può essere utilizzato con un passo che agisce in modo seriale e ripetitivo (occuparsi di) e con un passo che decide come prendersi cura delle cose educative (preoccuparsi di). In questa ambiguità si gioca in maniera del tutto particolare – siamo all’interno di servizi diurni e residenziali per le persone disabili, con una spaziotemporalità dilatata e corrispondente a importanti traiettorie di vita delle persone che abitano questi servizi la trazione tra missione e tecnica. E si gioca anche la contorsione creativa tra Mondo della vita e Mondo della formazione (Progetti di vita e Progetti educativi, entrambi individuali), nonché la frizione tra ambienti educativi –Progetti di servizio – e traiettorie individuali – PEI. Il PEI è un discorso “chiuso” – che riconferma quanto si è pensato per quella persona e al contempo l’ambiente educativo dato, o può anche essere un discorso “aperto” – che ricerca quanto si è pensato con quella persona e al contempo destruttura e ristruttura creativamente l’ambiente educativo? Il PEI si può leggere in un continuum che va dall’essere documento all’essere azione quotidiana; scrittura versus pratiche o può anche essere scrittura e pratiche? Una contraddizione ( aut aut ) che si apre al paradosso ( et et ), secondo i dati della ricerca, perché se è vero che la scrittura può indurre la compilazione – il classico taglia e incolla contemporaneo, che ha così ben sostituito la carta carbone di memoria fordista – può anche essere lo strumento che “incornicia” l’azione, sospinge a esplicitare la prospettiva e, soprattutto, apre lo spazio alla trasformazione. Come? Attraverso tre mosse: attivazione intenzionale del dispositivo metodologico, del legame con un progetto politico e della finzionalità del lavoro educativo. La proposta è, in sintesi, di attivare uno “sguardo panoramico, dal promontorio”, ovvero di abitare la progettazione come una pratica di secondo livello.
Rossini, G., Project Management. La progettazione educativa individualizzata tra prassi e rappresentazione, in Marcialis, P. (ed.), Educare e ricercare. Oltre la fine della pedagogia nella cultura contemporanea, FrancoAngeli srl, MILANO -- ITA 2015: 120- 137 [http://hdl.handle.net/10807/152138]
Project Management. La progettazione educativa individualizzata tra prassi e rappresentazione
Rossini, Gisella
2015
Abstract
Questo saggio ci propone una riflessione sulla dimensione progettuale dell’educazione, ponendo i riflettori sul PEI, uno strumento che può essere utilizzato con un passo che agisce in modo seriale e ripetitivo (occuparsi di) e con un passo che decide come prendersi cura delle cose educative (preoccuparsi di). In questa ambiguità si gioca in maniera del tutto particolare – siamo all’interno di servizi diurni e residenziali per le persone disabili, con una spaziotemporalità dilatata e corrispondente a importanti traiettorie di vita delle persone che abitano questi servizi la trazione tra missione e tecnica. E si gioca anche la contorsione creativa tra Mondo della vita e Mondo della formazione (Progetti di vita e Progetti educativi, entrambi individuali), nonché la frizione tra ambienti educativi –Progetti di servizio – e traiettorie individuali – PEI. Il PEI è un discorso “chiuso” – che riconferma quanto si è pensato per quella persona e al contempo l’ambiente educativo dato, o può anche essere un discorso “aperto” – che ricerca quanto si è pensato con quella persona e al contempo destruttura e ristruttura creativamente l’ambiente educativo? Il PEI si può leggere in un continuum che va dall’essere documento all’essere azione quotidiana; scrittura versus pratiche o può anche essere scrittura e pratiche? Una contraddizione ( aut aut ) che si apre al paradosso ( et et ), secondo i dati della ricerca, perché se è vero che la scrittura può indurre la compilazione – il classico taglia e incolla contemporaneo, che ha così ben sostituito la carta carbone di memoria fordista – può anche essere lo strumento che “incornicia” l’azione, sospinge a esplicitare la prospettiva e, soprattutto, apre lo spazio alla trasformazione. Come? Attraverso tre mosse: attivazione intenzionale del dispositivo metodologico, del legame con un progetto politico e della finzionalità del lavoro educativo. La proposta è, in sintesi, di attivare uno “sguardo panoramico, dal promontorio”, ovvero di abitare la progettazione come una pratica di secondo livello.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.