Tra eccessi di visibilità e tentativi di evitare forme idealizzate e finzionalizzanti che schiacciano il migrante entro lo stereotipo della vittima o dell’invasore, appare chiaro come l’universo dell’immaginario e della costruzione simbolica abbia acquisito un tale potere da impedire il contenimento e il controllo sulla stessa circolazione delle immagini intorno ai fenomeni migratori. Da un lato, infatti, le immagini prodotte dai media contemporanei vogliono testimoniare un processo in fieri, il cui profilo è in continuo mutamento; dall’altro, viene messo in crisi l’immaginario iconografico legato alla rappresentazione del soggetto migrante, per lo più dipinto dai media in modo contraddittorio come invasore o vittima. La rappresentazione della migrazione è perciò inevitabilmente affetta dal racconto della tragedia, a conferma della condivisa inclinazione a considerare il trauma come il modello narrativo per eccellenza della scrittura della storia, nonché il dispositivo di autenticazione di qualsiasi odierna rappresentazione testimoniale. Allo stesso modo, l’impulso dato dalle tecnologie portabili e dai nuovi media a raccontare attraverso fotografie e video la storia nel corso del suo stesso farsi, obbliga a chiedersi non solo se sia possibile scrivere la storia della migrazione contemporanea al presente, ma anche chi (quali soggetti, quali istituzioni) stiano reclamando l’iscrizione di questi sguardi e queste storie dal basso.

Cati, A., La “protezione del mare”. Le soglie dello sguardo innanzi alle tragedie nel Mediterraneo, in Garavaglia, V. (ed.), Questioni di Intertestualità. Arte, letteratura e cinema, Mimesis Edizioni, Udine-Milano 2018: 85- 95 [http://hdl.handle.net/10807/142460]

La “protezione del mare”. Le soglie dello sguardo innanzi alle tragedie nel Mediterraneo

Cati, Alice
2018

Abstract

Tra eccessi di visibilità e tentativi di evitare forme idealizzate e finzionalizzanti che schiacciano il migrante entro lo stereotipo della vittima o dell’invasore, appare chiaro come l’universo dell’immaginario e della costruzione simbolica abbia acquisito un tale potere da impedire il contenimento e il controllo sulla stessa circolazione delle immagini intorno ai fenomeni migratori. Da un lato, infatti, le immagini prodotte dai media contemporanei vogliono testimoniare un processo in fieri, il cui profilo è in continuo mutamento; dall’altro, viene messo in crisi l’immaginario iconografico legato alla rappresentazione del soggetto migrante, per lo più dipinto dai media in modo contraddittorio come invasore o vittima. La rappresentazione della migrazione è perciò inevitabilmente affetta dal racconto della tragedia, a conferma della condivisa inclinazione a considerare il trauma come il modello narrativo per eccellenza della scrittura della storia, nonché il dispositivo di autenticazione di qualsiasi odierna rappresentazione testimoniale. Allo stesso modo, l’impulso dato dalle tecnologie portabili e dai nuovi media a raccontare attraverso fotografie e video la storia nel corso del suo stesso farsi, obbliga a chiedersi non solo se sia possibile scrivere la storia della migrazione contemporanea al presente, ma anche chi (quali soggetti, quali istituzioni) stiano reclamando l’iscrizione di questi sguardi e queste storie dal basso.
2018
Italiano
Questioni di Intertestualità. Arte, letteratura e cinema
9788857550961
Mimesis Edizioni
Cati, A., La “protezione del mare”. Le soglie dello sguardo innanzi alle tragedie nel Mediterraneo, in Garavaglia, V. (ed.), Questioni di Intertestualità. Arte, letteratura e cinema, Mimesis Edizioni, Udine-Milano 2018: 85- 95 [http://hdl.handle.net/10807/142460]
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