La breve storia dei laboratori di fabbricazione digitale italiani si caratterizza per una proliferazione spontanea di spazi e per una gestione spesso di tipo “volontaristico”. A differenza dei primi laboratori legati al MIT di Boston, nati con alle spalle solidi soggetti istituzionali, la creazione di quelli italiani si è basata finora su un modello “privato-collettivo” che ha visto i fondatori produrre un bene che è possibile definire pubblico e che sembra differenziarsi nelle diverse parti di Italia in base, spesso, alla vocazione territoriale delle aree dove hanno sede i laboratori. Oggi l’Italia si conferma il secondo paese europeo per presenza di laboratori maker della tipologia fab lab, 127 in totale (segue la Francia con 133 laboratori). Il processo di diffusione, come vedremo, è stato molto rapido e recupera l’iniziale “ritardo” rispetto al resto d’Europa dove nel 2008 vengono inaugurati due laboratori che ancora oggi sono un punto di rifermento per la rete globale: Barcellona e Amsterdam. La storia dei laboratori maker italiani è collegata alla presenza sul territorio di comunità legate al mondo degli hacker, dell’open source e più in generale allo sviluppo di nuove tecnologie. Si tratta di persone con competenze elevate, una forte propensione alla condivisione della conoscenza e che sostengono la democratizzazione dell’innovazione. I primi laboratori maker sono infatti nati intorno al mondo dell’open source e del digitale, e solo in un secondo momento si sono legati al mondo manifatturiero; un mondo, quest’ultimo, ben conosciuto nel contesto italiano. Pur non essendo chiaro il momento in cui “tutto ha inizio” (e su questo le opinioni dei protagonisti del fenomeno sono differenti), è possibile identificare due eventi cruciali per i maker italiani.

Manzo, C., Quali tipi di beni e attività sono offerti nei laboratori maker?, Maker e città. La rivoluzione si fa con la stampante 3D?, Fondazione Giacomo Feltrinelli, Milano 2017: 63-74 [http://hdl.handle.net/10807/139853]

Quali tipi di beni e attività sono offerti nei laboratori maker?

Manzo, Cecilia
2017

Abstract

La breve storia dei laboratori di fabbricazione digitale italiani si caratterizza per una proliferazione spontanea di spazi e per una gestione spesso di tipo “volontaristico”. A differenza dei primi laboratori legati al MIT di Boston, nati con alle spalle solidi soggetti istituzionali, la creazione di quelli italiani si è basata finora su un modello “privato-collettivo” che ha visto i fondatori produrre un bene che è possibile definire pubblico e che sembra differenziarsi nelle diverse parti di Italia in base, spesso, alla vocazione territoriale delle aree dove hanno sede i laboratori. Oggi l’Italia si conferma il secondo paese europeo per presenza di laboratori maker della tipologia fab lab, 127 in totale (segue la Francia con 133 laboratori). Il processo di diffusione, come vedremo, è stato molto rapido e recupera l’iniziale “ritardo” rispetto al resto d’Europa dove nel 2008 vengono inaugurati due laboratori che ancora oggi sono un punto di rifermento per la rete globale: Barcellona e Amsterdam. La storia dei laboratori maker italiani è collegata alla presenza sul territorio di comunità legate al mondo degli hacker, dell’open source e più in generale allo sviluppo di nuove tecnologie. Si tratta di persone con competenze elevate, una forte propensione alla condivisione della conoscenza e che sostengono la democratizzazione dell’innovazione. I primi laboratori maker sono infatti nati intorno al mondo dell’open source e del digitale, e solo in un secondo momento si sono legati al mondo manifatturiero; un mondo, quest’ultimo, ben conosciuto nel contesto italiano. Pur non essendo chiaro il momento in cui “tutto ha inizio” (e su questo le opinioni dei protagonisti del fenomeno sono differenti), è possibile identificare due eventi cruciali per i maker italiani.
2017
Italiano
9788868352806
Fondazione Giacomo Feltrinelli
Manzo, C., Quali tipi di beni e attività sono offerti nei laboratori maker?, Maker e città. La rivoluzione si fa con la stampante 3D?, Fondazione Giacomo Feltrinelli, Milano 2017: 63-74 [http://hdl.handle.net/10807/139853]
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10807/139853
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact