La chiave di volta su cui poggiava l’Impero britannico tra Otto e primo Novecento fu, dal punto di vista militare, l’egemonia navale della Royal Navy. Proprio grazie a una tale superiorità, Londra aveva la possibilità di controllare le vie di comunicazione con i propri territori oltremare sia in tempo di pace che di guerra. Di conseguenza, ciò costituiva un interesse vitale tanto per la Gran Bretagna quanto per l’intero sistema imperiale. Vista in quest’ottica, l’egemonia britannica acquisiva un profilo prettamente difensivo. Fu però la dimensione offensiva che ottenne maggiore rilevanza con lo scoppio della Grande Guerra, in particolare con la proclamazione del blocco navale ai danni della Germania e degli altri Imperi centrali. Il blocco non coinvolgeva solo i Paesi belligeranti. Al di là dell’Atlantico, il ‘grande’ neutrale, gli Stati Uniti, protestò con vigore nei confronti di Londra. A dire di Washington, il blocco penalizzava non solo gli Imperi centrali ma anche coloro che, intenzionati a rimanere estranei al conflitto, vedevano le proprie economie colpite dall’impossibilità di commerciare con ‘tradizionali’ partner coinvolti nella guerra. La scelta della Gran Bretagna di mantenere in vigore il blocco nonostante le vibranti proteste americane non fu certo semplice tra il 1914 e il 1916. D’altro canto, gli Stati Uniti rappresentavano sia un cruciale fornitore di munizioni sia la principale fonte finanziaria per i britannici. Nel 1917, l’ingresso in guerra di Washington, nonostante una solida cooperazione con Londra, ripropose quegli attriti di origine competitiva propri del passaggio di consegne tra un Paese, in questo caso gli Stati Uniti, in rapida ascesa sulla scena internazionale e un altro, la Gran Bretagna col suo Impero, in declino, quanto meno relativo. Il blocco navale aveva inoltre innescato un meccanismo competitivo tra la Royal Navy e la Marina americana, con la prima che si era eretta indiscutibilmente al di sopra della seconda a dispetto delle prescrizioni di Alfred Mahan, che solo pochi anni prima aveva proclamato la necessità di rendere la US Navy il principale simbolo della potenza statunitense sulla scena globale. Per l’Impero britannico la sfida diplomatica maggiore giunse indubbiamente con la proclamazione dei Quattordici Punti di Wilson nel gennaio 1918. In particolare, fu il secondo principio, quello che affermava che la “libertà di navigazione per mare, fuori delle acque territoriali, così in pace come in guerra” dovesse essere “assoluta” a destare le maggiori preoccupazioni a Londra. La diatriba sull’interpretazione di tale principio fu motivo di costante dibattito nei rapporti tra Stati Uniti e Impero britannico per tutto il 1918 e oltre, tanto che nemmeno la Conferenza di pace riuscì a risolvere la questione.

Borsani, D., Assoluta libertà dei mari? L'Impero britannico e la sfida navale degli Stati Uniti, Il 1918. La vittoria e il sacrificio, Ministero della Difesa, Roma 2019: 357-368 [http://hdl.handle.net/10807/136267]

Assoluta libertà dei mari? L'Impero britannico e la sfida navale degli Stati Uniti

Borsani, Davide
2019

Abstract

La chiave di volta su cui poggiava l’Impero britannico tra Otto e primo Novecento fu, dal punto di vista militare, l’egemonia navale della Royal Navy. Proprio grazie a una tale superiorità, Londra aveva la possibilità di controllare le vie di comunicazione con i propri territori oltremare sia in tempo di pace che di guerra. Di conseguenza, ciò costituiva un interesse vitale tanto per la Gran Bretagna quanto per l’intero sistema imperiale. Vista in quest’ottica, l’egemonia britannica acquisiva un profilo prettamente difensivo. Fu però la dimensione offensiva che ottenne maggiore rilevanza con lo scoppio della Grande Guerra, in particolare con la proclamazione del blocco navale ai danni della Germania e degli altri Imperi centrali. Il blocco non coinvolgeva solo i Paesi belligeranti. Al di là dell’Atlantico, il ‘grande’ neutrale, gli Stati Uniti, protestò con vigore nei confronti di Londra. A dire di Washington, il blocco penalizzava non solo gli Imperi centrali ma anche coloro che, intenzionati a rimanere estranei al conflitto, vedevano le proprie economie colpite dall’impossibilità di commerciare con ‘tradizionali’ partner coinvolti nella guerra. La scelta della Gran Bretagna di mantenere in vigore il blocco nonostante le vibranti proteste americane non fu certo semplice tra il 1914 e il 1916. D’altro canto, gli Stati Uniti rappresentavano sia un cruciale fornitore di munizioni sia la principale fonte finanziaria per i britannici. Nel 1917, l’ingresso in guerra di Washington, nonostante una solida cooperazione con Londra, ripropose quegli attriti di origine competitiva propri del passaggio di consegne tra un Paese, in questo caso gli Stati Uniti, in rapida ascesa sulla scena internazionale e un altro, la Gran Bretagna col suo Impero, in declino, quanto meno relativo. Il blocco navale aveva inoltre innescato un meccanismo competitivo tra la Royal Navy e la Marina americana, con la prima che si era eretta indiscutibilmente al di sopra della seconda a dispetto delle prescrizioni di Alfred Mahan, che solo pochi anni prima aveva proclamato la necessità di rendere la US Navy il principale simbolo della potenza statunitense sulla scena globale. Per l’Impero britannico la sfida diplomatica maggiore giunse indubbiamente con la proclamazione dei Quattordici Punti di Wilson nel gennaio 1918. In particolare, fu il secondo principio, quello che affermava che la “libertà di navigazione per mare, fuori delle acque territoriali, così in pace come in guerra” dovesse essere “assoluta” a destare le maggiori preoccupazioni a Londra. La diatriba sull’interpretazione di tale principio fu motivo di costante dibattito nei rapporti tra Stati Uniti e Impero britannico per tutto il 1918 e oltre, tanto che nemmeno la Conferenza di pace riuscì a risolvere la questione.
2019
Italiano
9788898185399
Ministero della Difesa
Borsani, D., Assoluta libertà dei mari? L'Impero britannico e la sfida navale degli Stati Uniti, Il 1918. La vittoria e il sacrificio, Ministero della Difesa, Roma 2019: 357-368 [http://hdl.handle.net/10807/136267]
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