1. Gli strumenti di democrazia partecipativa di fronte alla crisi della rappresentanza Il presente scritto si inserisce nel quadro di riflessione a margine del pro- getto denominato Sperimentazioni di Percorsi di Democrazia Deliberativa (SpeDD). Esso si colloca tra le esperienze di democrazia partecipativa, che da tempo sono in corso nel nostro Paese, soprattutto a livello locale. Per il giurista suddetta sperimentazione rappresenta l’occasione per ri- flettere in ordine alle esigenze da cui trae origine il desiderio crescente dei cittadini di partecipazione oltre l’appuntamento elettorale e alle modalità con cui trasformare questo desiderio in forme regolamentate di parteci- pazione al funzionamento delle istituzioni democratiche. L’attività che si è svolta nel corso del quadriennio di progetto a Novara rappresenta l’oc- casione per effettuare anche delle considerazioni rispetto alle molteplici modalità di partecipazione dei cittadini alla vita democratica, in quanto la sperimentazione realizzata testimonia la dinamicità e l’evoluzione degli strumenti di partecipazione nel corso degli ultimi due decenni (ALLEGRET- TI 2010, ALLEGRETTI 2012, ALLEGRETTI, FRASCAROLI 2006, SINTOMER, ALLE- GRETTI 2009, BOBBIO in corso di stampa, DELLA PORTA 2011, pp. 83-137, PELLIZZONI 2007). Con riferimento agli istituti giuridici e alle diverse forme sperimentali esistenti nell’ordinamento è possibile individuare alcuni elementi caratte- rizzanti delle diverse forme di partecipazione e così delineare utili distin- zioni tra gli strumenti che si collocano all’interno della ampia nozione di democrazia partecipativa.1 La prima constatazione da cui prendere le mosse è quella dei segnali di disaffezione dei cittadini ai meccanismi della democrazia rappresentativa delineata da una diminuzione dell’affluenza al voto. Nei Paesi occidentali si assiste a un indebolimento dell’affluenza per il rinnovo degli organi di rap- presentanza che è indispensabile per la vitalità della democrazia. Tra questi oggi non fa eccezione l’Italia, anche in quei territori e regioni che in passato si erano distinte per alti tassi di partecipazione al voto (BAER 2015).2 55 Il dato di partenza è dunque rappresentato da una disaffezione dei citta- dini verso l’appuntamento elettorale che poi determina come conseguenza un deterioramento di diversi meccanismi che permettono il corretto fun- zionamento della democrazia e dunque determinano il rafforzamento di meri interessi di parte, secondo uno schema per cui alcune istanze vengono sostenute da logiche che sfuggono alla dialettica partitico politica (ZUC- CHETTI 1992, pp. 3-11).3 Le difficoltà, che si esprimono anche attraverso l’astensione dall’appun- tamento elettorale, indicano una generale disaffezione nei sistemi di demo- crazia rappresentativa e hanno indotto un numero sempre maggiore di com- mentatori a individuare alcune possibili soluzioni in forme di partecipazione dei cittadini che affondano le proprie radici nelle ipotesi presenti in lettera- tura o in esperienze sperimentali proposte nella quotidiana vita democratica delle diverse realtà cittadine. Il tentativo è quello di incentivare un percorso di «democratizzazione della democrazia» (DE SOUSA SANTOS 2002, GEISSEL 2008), volendo stimolare i cittadini e le istituzioni a garantire una migliore partecipazione al fine di realizzare un’adesione viva alla vita democratica. La valutazione complessiva è che i diversi modelli di partecipazione possano fungere da strumento per migliorare la dialettica che si instaura all’interno del corpo elettorale e tra questo e i cittadini eletti negli organi di rappresentanza. Se nelle democrazie mature e ricche di umori democratici la necessità è quella di realizzare una partecipazione che «dia sbocco al bi- sogno di partecipazione dei cittadini senza perdere le caratteristiche di una capacità decisionale delle istituzioni», nelle società in cui invece il processo democratico si deve consolidare queste forme possono rappresentare un metodo attraverso cui i cittadini fungono da stimolo per migliorare il fun- zionamento del sentimento democratico nella società e nel funzionamento delle istituzioni attraverso la «mobilitazione delle classi inferiori, escluse o marginalizzate nel sistema politico» (ALLEGRETTI 2011a, p. 322). È opinione diffusa tra molti studiosi e osservatori che, nonostante l’o- rigine culturale delle diverse forme di democrazia partecipativa sia critica e antagonista nei confronti della democrazia rappresentativa e delle sue istituzioni, tuttavia esse non possano in nessun caso sostituirsi a essa, ma al massimo porsi come integrative e complementari.4 In questa prospettiva, uno degli aspetti della complessità del rapporto tra la democrazia rappre- sentativa e le diverse forme di democrazia partecipativa è quello di identi- ficare le corrette modalità di integrazione, anche attraverso una adeguata regolamentazione delle seconde. Tali strumenti possono costituire un metodo assai valido attraverso cui rafforzare le istituzioni democratiche e fare fronte alle esigenze che pro- 56 vengono da un mutamento della società e dalla crisi della rappresentanza (RIDOLA 2000, LUCIANI 2011). Tutto ciò finisce per interpellare gli studiosi di diritto pubblico, ai quali spetta il compito di individuare in tali nuovi contesti gli strumenti più ido- nei a promuovere la partecipazione e garantire che le nuove pratiche svol- gano la predetta funzione di integrazione e rafforzamento della democrazia rappresentativa. L’apporto della scienza giuridica, in particolare, non può prescindere da una riflessione sulla regolamentazione di queste pratiche che si ponga prima di tutto il problema della coerenza con i principi costituzionali, che considerano la partecipazione fondamento imprescindibile della democra- zia stessa. Infatti i Costituenti, consapevoli di perseguire l’obiettivo di costruire una democrazia moderna, hanno sancito principi che devono fungere, an- cora oggi, da punto di riferimento nella ricerca delle nuove e diverse forme di partecipazione alla vita democratica, anche indicando e garantendo al- cuni strumenti, quali l’associazionismo (art. 18 Cost.), i sindacati (art. 39 Cost.) e l’adesione ai partiti politici (art. 49 Cost.), per il raggiungimento di questo obiettivo. Di fronte a un fenomeno qual è quello della diffusione delle nuove pra- tiche partecipative, la sfida per il legislatore è quella di riconoscerne gli elementi utili, promuovere le migliori pratiche e adottare una regolamen- tazione conseguente. Per il corretto funzionamento della democrazia rappresentativa è ne- cessario che i segnali di disaffezione da parte dei cittadini nei confronti della vita politica producano quale conseguenza lo stimolo ad adottare le modalità più adatte per correggere questa disaffezione. Una di queste è la possibilità che proprio queste innovative forme di partecipazione (diverse nel funzionamento e nella definizione ma uguali negli obiettivi perseguiti) possano diminuire le causa di questo disinteresse. Rispetto a quest’ultima considerazione uno degli elementi che vengono in rilievo è quello della mancata partecipazione dei cittadini all’attività svolta dai partiti politici. A questo proposito, va sottolineato che le forme di gerarchia e organizzazio- ne interna dei principali partiti oggi non garantiscono una partecipazione piena dell’iscritto alle scelte che vengono assunte, in difformità con il mo- dello delineato nell’art. 49 della Costituzione. La crescente mancata partecipazione dei cittadini alle dimensioni tra- dizionali della vita democratica (attività nei partiti, partecipazione alle ele- zioni) si associa a un aumento della diffusa percezione di diffidenza dei cittadini nei confronti delle istituzioni della democrazia rappresentativa, 57 che può scaturire in forme di protesta anti sistema perché frutto di un sen- timento di esclusione. Considerato l’obiettivo che si intende perseguire è quindi necessario che le diverse modalità di democrazia partecipativa (anche sperimentali) possano essere distinte a priori rispetto al raggiungimento dei propri obiet- tivi. In particolare considerando la distinzione che esiste tra istituti di de- mocrazia partecipativa previsti dall’ordinamento e forme, sperimentali o consolidate, non ancora giuridicamente regolamentate. Sono ormai un certo numero gli esempi in cui le sperimentazioni e le iniziative degli enti locali hanno poi rappresentato uno stimolo per altri Comuni o Regioni, o sono state precursori di interventi legislativi. La partecipazione dei cittadini deve considerarsi sia in un’accezione ampia, ovvero nel senso di un rapporto tra le gli organi di rappresentanza e gli elettori (DELLA MORTE 2012, ALLEGRETTI 2013), sia circoscritta alla par- tecipazione alla scelta di alcune singole decisioni pubbliche (LUCIANI 2008, BENVENUTI 2006). Il ruolo della regolazione giuridica, per gli strumenti che si pongono quest’obiettivo, deve essere quello di individuare il pun- to di equilibrio tra l’esigenza di migliorare la partecipazione e l’efficienza dello strumento nel senso per cui questo deve produrre una conseguenza giuridica rilevante nell’ordinamento, diversamente lo strumento potrebbe essere interpretato come inefficiente nei risultati conseguiti e dunque non rappresenterebbe un metodo coinvolgente per i cittadini. D’altra parte bi- sogna evitare che si assottigli il grado di responsabilità nei confronti di chi è investito del ruolo di rappresentanza, attraverso il rinvio costante al rappresentato rispetto all’assunzione delle decisioni. Come già accennato, il diritto dei cittadini di partecipare alla formazio- ne delle scelte in più momenti della vita democratica trova nella Costitu- zione il proprio fondamento (AZZARITI 2011). In particolare ci si riferisce al principio della sovranità popolare, art. 1 co. 2, e al principio di uguaglianza art. 3, co. 1. Da ciò si desume che la Costituzione si fonda su di un impianto positivo di «partecipazione» (ALLEGRETTI 1996) che rifiuta la «separazione liberale dello Stato dalla società» (PICERNO 2010). Un principio che per molti anni è stato attuato attraverso un affidamento quasi esclusivo all’at- tività svolta dai partiti politici (RIZZONI 2006, DI MARCO 2009). Se, per i motivi già considerati, la riflessione ha tra le sue premesse l’incrinarsi del rapporto di fiducia dei cittadini nella struttura classica del partito come unico depositario delle istanze di partecipazione alla vita politica, è ne- cessario indagare con maggiore attenzione le forme di partecipazione che possono ricostruire questo rapporto (ALLEGRETTI 2006b, RIMOLI 2012). Il rafforzamento e il miglioramento degli istituti di partecipazione si 58 inquadra nell’impianto delineato dalla Costituzione repubblicana, che non considera sufficiente una partecipazione occasionale o saltuaria del corpo elettorale ma presuppone che si instauri una condivisione capace di mante- nere un legame stabile tra titolarità ed esercizio della sovranità (VALASTRO 2011). La partecipazione dei cittadini «assume una posizione di assoluta cen- tralità nel quadro costituzionale» (ALLEGRETTI 2009, p. 160, CHITI 1977) in quanto valorizza quella polarità solidaristica della società che contro- bilancia e completa quella individualista dei singoli interessi (ALLEGRETTI 2006b). La partecipazione dei cittadini a singole scelte persegue l’obiettivo della cura del «bene comune» secondo quanto previsto dalla Costituzio- ne che esplicitamente richiama gli istituti che consentono alla comunità di «prendere parte all’attività di formazione delle politiche pubbliche che la riguardano, attraverso un’espressione diretta e non mediata della volontà popolare» (ROMANO 2007, p. 130). Una considerazione preliminare da effettuare, rispetto alle riflessioni che successivamente si svilupperanno, è quella della distinzione all’inter- no dell’espressione di “democrazia partecipativa” in cui rientrano varie e diverse forme di partecipazione. Con la definizione di democrazia par- tecipativa ci si riferisce a un insieme concreto di «pratiche partecipative con le quali i cittadini o comunque gli individui interessati all’adozione di decisioni pubbliche partecipano, in maniera informata, al relativo proces- so decisionale, creando un’interazione tra società e istituzioni» (BIFULCO 2011, p. 275). Le forme di partecipazione sono quindi da distinguere rispetto alle loro modalità di funzionamento e agli scopi perseguiti. Questa distinzione as- sume un particolare valore se le decisioni pubbliche nel futuro saranno adottate anche avvalendosi in maniera crescente degli strumenti parteci- pativi. In questo caso sembra opportuno prestare una maggiore attenzione ai metodi e ai percorsi adottati per un loro corretto funzionamento. Diver- samente si corre il rischio che le nuove forme di partecipazione possano intercettare semplici e temporanei desideri di protesta rispetto al sistema esistente, senza gli auspicati benefici nei confronti del sistema democra- tico-rappresentativo (si pensi all’utilizzo distorto della partecipazione at- traverso gli strumenti digitali; sul punto cfr. a mero titolo esemplificativo LONGO, GRAZIANO 2008, FORMENTI 2008, BROGI 2010, PIZZETTI 2008, BERTI 2010, COSTANZO 2011). Com’è noto la riflessione in merito alle diverse forme di partecipazione non riguarda soltanto l’Italia in quanto la riflessione sulla partecipazione ha interessato diversi Paesi e ha interessato anche il quadro normativo dell’U- 59 nione Europea, oggi caratterizzato da uno specifico riferimento alla parte- cipazione. In particolare, nel Trattato di Lisbona si considera la necessità di valorizzare la «partecipazione democratica» nel funzionamento delle istituzioni europee. Lungi dall’essere una mera enunciazione di principio, al di là di un riferimento generale nell’art. 2. TFUE (DRAETTA 2008, GROSSO 2009), il Trattato prevede l’utilizzo degli strumenti di democrazia parteci- pativa per incrementare il rapporto esistente tra i cittadini e le istituzioni (MORGESE 2011).

Patane', A., Le nuove forme di partecipazione e le esigenze di una loro regolamentazione, in Giacomo Balduzzi, D. S., VOGLIA DI DEMOCRAZIA PROGETTI DI QUARTIERE E DELIBERAZIONE PUBBLICA A NOVARA, Aracne editrice, Novara 2017: 55-74 [http://hdl.handle.net/10807/133865]

Le nuove forme di partecipazione e le esigenze di una loro regolamentazione

Patane', Andrea
Primo
2017

Abstract

1. Gli strumenti di democrazia partecipativa di fronte alla crisi della rappresentanza Il presente scritto si inserisce nel quadro di riflessione a margine del pro- getto denominato Sperimentazioni di Percorsi di Democrazia Deliberativa (SpeDD). Esso si colloca tra le esperienze di democrazia partecipativa, che da tempo sono in corso nel nostro Paese, soprattutto a livello locale. Per il giurista suddetta sperimentazione rappresenta l’occasione per ri- flettere in ordine alle esigenze da cui trae origine il desiderio crescente dei cittadini di partecipazione oltre l’appuntamento elettorale e alle modalità con cui trasformare questo desiderio in forme regolamentate di parteci- pazione al funzionamento delle istituzioni democratiche. L’attività che si è svolta nel corso del quadriennio di progetto a Novara rappresenta l’oc- casione per effettuare anche delle considerazioni rispetto alle molteplici modalità di partecipazione dei cittadini alla vita democratica, in quanto la sperimentazione realizzata testimonia la dinamicità e l’evoluzione degli strumenti di partecipazione nel corso degli ultimi due decenni (ALLEGRET- TI 2010, ALLEGRETTI 2012, ALLEGRETTI, FRASCAROLI 2006, SINTOMER, ALLE- GRETTI 2009, BOBBIO in corso di stampa, DELLA PORTA 2011, pp. 83-137, PELLIZZONI 2007). Con riferimento agli istituti giuridici e alle diverse forme sperimentali esistenti nell’ordinamento è possibile individuare alcuni elementi caratte- rizzanti delle diverse forme di partecipazione e così delineare utili distin- zioni tra gli strumenti che si collocano all’interno della ampia nozione di democrazia partecipativa.1 La prima constatazione da cui prendere le mosse è quella dei segnali di disaffezione dei cittadini ai meccanismi della democrazia rappresentativa delineata da una diminuzione dell’affluenza al voto. Nei Paesi occidentali si assiste a un indebolimento dell’affluenza per il rinnovo degli organi di rap- presentanza che è indispensabile per la vitalità della democrazia. Tra questi oggi non fa eccezione l’Italia, anche in quei territori e regioni che in passato si erano distinte per alti tassi di partecipazione al voto (BAER 2015).2 55 Il dato di partenza è dunque rappresentato da una disaffezione dei citta- dini verso l’appuntamento elettorale che poi determina come conseguenza un deterioramento di diversi meccanismi che permettono il corretto fun- zionamento della democrazia e dunque determinano il rafforzamento di meri interessi di parte, secondo uno schema per cui alcune istanze vengono sostenute da logiche che sfuggono alla dialettica partitico politica (ZUC- CHETTI 1992, pp. 3-11).3 Le difficoltà, che si esprimono anche attraverso l’astensione dall’appun- tamento elettorale, indicano una generale disaffezione nei sistemi di demo- crazia rappresentativa e hanno indotto un numero sempre maggiore di com- mentatori a individuare alcune possibili soluzioni in forme di partecipazione dei cittadini che affondano le proprie radici nelle ipotesi presenti in lettera- tura o in esperienze sperimentali proposte nella quotidiana vita democratica delle diverse realtà cittadine. Il tentativo è quello di incentivare un percorso di «democratizzazione della democrazia» (DE SOUSA SANTOS 2002, GEISSEL 2008), volendo stimolare i cittadini e le istituzioni a garantire una migliore partecipazione al fine di realizzare un’adesione viva alla vita democratica. La valutazione complessiva è che i diversi modelli di partecipazione possano fungere da strumento per migliorare la dialettica che si instaura all’interno del corpo elettorale e tra questo e i cittadini eletti negli organi di rappresentanza. Se nelle democrazie mature e ricche di umori democratici la necessità è quella di realizzare una partecipazione che «dia sbocco al bi- sogno di partecipazione dei cittadini senza perdere le caratteristiche di una capacità decisionale delle istituzioni», nelle società in cui invece il processo democratico si deve consolidare queste forme possono rappresentare un metodo attraverso cui i cittadini fungono da stimolo per migliorare il fun- zionamento del sentimento democratico nella società e nel funzionamento delle istituzioni attraverso la «mobilitazione delle classi inferiori, escluse o marginalizzate nel sistema politico» (ALLEGRETTI 2011a, p. 322). È opinione diffusa tra molti studiosi e osservatori che, nonostante l’o- rigine culturale delle diverse forme di democrazia partecipativa sia critica e antagonista nei confronti della democrazia rappresentativa e delle sue istituzioni, tuttavia esse non possano in nessun caso sostituirsi a essa, ma al massimo porsi come integrative e complementari.4 In questa prospettiva, uno degli aspetti della complessità del rapporto tra la democrazia rappre- sentativa e le diverse forme di democrazia partecipativa è quello di identi- ficare le corrette modalità di integrazione, anche attraverso una adeguata regolamentazione delle seconde. Tali strumenti possono costituire un metodo assai valido attraverso cui rafforzare le istituzioni democratiche e fare fronte alle esigenze che pro- 56 vengono da un mutamento della società e dalla crisi della rappresentanza (RIDOLA 2000, LUCIANI 2011). Tutto ciò finisce per interpellare gli studiosi di diritto pubblico, ai quali spetta il compito di individuare in tali nuovi contesti gli strumenti più ido- nei a promuovere la partecipazione e garantire che le nuove pratiche svol- gano la predetta funzione di integrazione e rafforzamento della democrazia rappresentativa. L’apporto della scienza giuridica, in particolare, non può prescindere da una riflessione sulla regolamentazione di queste pratiche che si ponga prima di tutto il problema della coerenza con i principi costituzionali, che considerano la partecipazione fondamento imprescindibile della democra- zia stessa. Infatti i Costituenti, consapevoli di perseguire l’obiettivo di costruire una democrazia moderna, hanno sancito principi che devono fungere, an- cora oggi, da punto di riferimento nella ricerca delle nuove e diverse forme di partecipazione alla vita democratica, anche indicando e garantendo al- cuni strumenti, quali l’associazionismo (art. 18 Cost.), i sindacati (art. 39 Cost.) e l’adesione ai partiti politici (art. 49 Cost.), per il raggiungimento di questo obiettivo. Di fronte a un fenomeno qual è quello della diffusione delle nuove pra- tiche partecipative, la sfida per il legislatore è quella di riconoscerne gli elementi utili, promuovere le migliori pratiche e adottare una regolamen- tazione conseguente. Per il corretto funzionamento della democrazia rappresentativa è ne- cessario che i segnali di disaffezione da parte dei cittadini nei confronti della vita politica producano quale conseguenza lo stimolo ad adottare le modalità più adatte per correggere questa disaffezione. Una di queste è la possibilità che proprio queste innovative forme di partecipazione (diverse nel funzionamento e nella definizione ma uguali negli obiettivi perseguiti) possano diminuire le causa di questo disinteresse. Rispetto a quest’ultima considerazione uno degli elementi che vengono in rilievo è quello della mancata partecipazione dei cittadini all’attività svolta dai partiti politici. A questo proposito, va sottolineato che le forme di gerarchia e organizzazio- ne interna dei principali partiti oggi non garantiscono una partecipazione piena dell’iscritto alle scelte che vengono assunte, in difformità con il mo- dello delineato nell’art. 49 della Costituzione. La crescente mancata partecipazione dei cittadini alle dimensioni tra- dizionali della vita democratica (attività nei partiti, partecipazione alle ele- zioni) si associa a un aumento della diffusa percezione di diffidenza dei cittadini nei confronti delle istituzioni della democrazia rappresentativa, 57 che può scaturire in forme di protesta anti sistema perché frutto di un sen- timento di esclusione. Considerato l’obiettivo che si intende perseguire è quindi necessario che le diverse modalità di democrazia partecipativa (anche sperimentali) possano essere distinte a priori rispetto al raggiungimento dei propri obiet- tivi. In particolare considerando la distinzione che esiste tra istituti di de- mocrazia partecipativa previsti dall’ordinamento e forme, sperimentali o consolidate, non ancora giuridicamente regolamentate. Sono ormai un certo numero gli esempi in cui le sperimentazioni e le iniziative degli enti locali hanno poi rappresentato uno stimolo per altri Comuni o Regioni, o sono state precursori di interventi legislativi. La partecipazione dei cittadini deve considerarsi sia in un’accezione ampia, ovvero nel senso di un rapporto tra le gli organi di rappresentanza e gli elettori (DELLA MORTE 2012, ALLEGRETTI 2013), sia circoscritta alla par- tecipazione alla scelta di alcune singole decisioni pubbliche (LUCIANI 2008, BENVENUTI 2006). Il ruolo della regolazione giuridica, per gli strumenti che si pongono quest’obiettivo, deve essere quello di individuare il pun- to di equilibrio tra l’esigenza di migliorare la partecipazione e l’efficienza dello strumento nel senso per cui questo deve produrre una conseguenza giuridica rilevante nell’ordinamento, diversamente lo strumento potrebbe essere interpretato come inefficiente nei risultati conseguiti e dunque non rappresenterebbe un metodo coinvolgente per i cittadini. D’altra parte bi- sogna evitare che si assottigli il grado di responsabilità nei confronti di chi è investito del ruolo di rappresentanza, attraverso il rinvio costante al rappresentato rispetto all’assunzione delle decisioni. Come già accennato, il diritto dei cittadini di partecipare alla formazio- ne delle scelte in più momenti della vita democratica trova nella Costitu- zione il proprio fondamento (AZZARITI 2011). In particolare ci si riferisce al principio della sovranità popolare, art. 1 co. 2, e al principio di uguaglianza art. 3, co. 1. Da ciò si desume che la Costituzione si fonda su di un impianto positivo di «partecipazione» (ALLEGRETTI 1996) che rifiuta la «separazione liberale dello Stato dalla società» (PICERNO 2010). Un principio che per molti anni è stato attuato attraverso un affidamento quasi esclusivo all’at- tività svolta dai partiti politici (RIZZONI 2006, DI MARCO 2009). Se, per i motivi già considerati, la riflessione ha tra le sue premesse l’incrinarsi del rapporto di fiducia dei cittadini nella struttura classica del partito come unico depositario delle istanze di partecipazione alla vita politica, è ne- cessario indagare con maggiore attenzione le forme di partecipazione che possono ricostruire questo rapporto (ALLEGRETTI 2006b, RIMOLI 2012). Il rafforzamento e il miglioramento degli istituti di partecipazione si 58 inquadra nell’impianto delineato dalla Costituzione repubblicana, che non considera sufficiente una partecipazione occasionale o saltuaria del corpo elettorale ma presuppone che si instauri una condivisione capace di mante- nere un legame stabile tra titolarità ed esercizio della sovranità (VALASTRO 2011). La partecipazione dei cittadini «assume una posizione di assoluta cen- tralità nel quadro costituzionale» (ALLEGRETTI 2009, p. 160, CHITI 1977) in quanto valorizza quella polarità solidaristica della società che contro- bilancia e completa quella individualista dei singoli interessi (ALLEGRETTI 2006b). La partecipazione dei cittadini a singole scelte persegue l’obiettivo della cura del «bene comune» secondo quanto previsto dalla Costituzio- ne che esplicitamente richiama gli istituti che consentono alla comunità di «prendere parte all’attività di formazione delle politiche pubbliche che la riguardano, attraverso un’espressione diretta e non mediata della volontà popolare» (ROMANO 2007, p. 130). Una considerazione preliminare da effettuare, rispetto alle riflessioni che successivamente si svilupperanno, è quella della distinzione all’inter- no dell’espressione di “democrazia partecipativa” in cui rientrano varie e diverse forme di partecipazione. Con la definizione di democrazia par- tecipativa ci si riferisce a un insieme concreto di «pratiche partecipative con le quali i cittadini o comunque gli individui interessati all’adozione di decisioni pubbliche partecipano, in maniera informata, al relativo proces- so decisionale, creando un’interazione tra società e istituzioni» (BIFULCO 2011, p. 275). Le forme di partecipazione sono quindi da distinguere rispetto alle loro modalità di funzionamento e agli scopi perseguiti. Questa distinzione as- sume un particolare valore se le decisioni pubbliche nel futuro saranno adottate anche avvalendosi in maniera crescente degli strumenti parteci- pativi. In questo caso sembra opportuno prestare una maggiore attenzione ai metodi e ai percorsi adottati per un loro corretto funzionamento. Diver- samente si corre il rischio che le nuove forme di partecipazione possano intercettare semplici e temporanei desideri di protesta rispetto al sistema esistente, senza gli auspicati benefici nei confronti del sistema democra- tico-rappresentativo (si pensi all’utilizzo distorto della partecipazione at- traverso gli strumenti digitali; sul punto cfr. a mero titolo esemplificativo LONGO, GRAZIANO 2008, FORMENTI 2008, BROGI 2010, PIZZETTI 2008, BERTI 2010, COSTANZO 2011). Com’è noto la riflessione in merito alle diverse forme di partecipazione non riguarda soltanto l’Italia in quanto la riflessione sulla partecipazione ha interessato diversi Paesi e ha interessato anche il quadro normativo dell’U- 59 nione Europea, oggi caratterizzato da uno specifico riferimento alla parte- cipazione. In particolare, nel Trattato di Lisbona si considera la necessità di valorizzare la «partecipazione democratica» nel funzionamento delle istituzioni europee. Lungi dall’essere una mera enunciazione di principio, al di là di un riferimento generale nell’art. 2. TFUE (DRAETTA 2008, GROSSO 2009), il Trattato prevede l’utilizzo degli strumenti di democrazia parteci- pativa per incrementare il rapporto esistente tra i cittadini e le istituzioni (MORGESE 2011).
2017
Italiano
978-88-6857-133-7
Aracne editrice
Patane', A., Le nuove forme di partecipazione e le esigenze di una loro regolamentazione, in Giacomo Balduzzi, D. S., VOGLIA DI DEMOCRAZIA PROGETTI DI QUARTIERE E DELIBERAZIONE PUBBLICA A NOVARA, Aracne editrice, Novara 2017: 55-74 [http://hdl.handle.net/10807/133865]
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