Figlio adottato e genitori adottivi vivono in uno spazio mentale e relazionale dove la doppia connessione del figlio (Brodzinsky, 1992) - con l’ambiente di arrivo e la famiglia adottiva da un lato, la famiglia e l’ambiente di origine dall’altro- riveste una posizione centrale, anche se diversi da bambino a bambino e da famiglia a famiglia saranno le modalità e i tempi di tale riconoscimento. I genitori sono chiamati a rinnovare nel tempo la loro capacità di relazione, che richiede di mantenere l’immagine del figlio “di fronte”, cioè attribuendogli lo stesso valore e dignità che si riserva a se stessi, in quel movimento di danza relazionale, che regola, secondo la suggestiva metafora di Grotevant (Grotevant e al. 2009; 2011), vicinanza e distanza, nelle diverse fasi della vita familiare. Tale paradigma non nega le inevitabili difficoltà e incomprensioni, oggi poco tollerabili, per il mito contemporaneo delle relazioni familiari come luogo di incontrovertibile vicinanza e immediata reciproca comprensione. Compito centrale per i genitori è quello di conversare con il figlio della sua origine adottiva, permettendogli nel tempo di compiere il percorso, più o meno tortuoso, che lo porterà a trovare un punto di equilibrio, prezioso anche se non definitivo, nello scenario meta familiare che l’adozione disegna per tutti i suoi protagonisti.
Greco, O., Il vissuto del bambino e lo sguardo dei genitori adottivi: la famiglia adottiva come meta famiglia, in Fermani, A., Muzi, M. (ed.), La "vulnerabilità unica" in adozione, Aras Edizioni, Pesaro Urbino 2019: 83- 99 [http://hdl.handle.net/10807/131977]
Il vissuto del bambino e lo sguardo dei genitori adottivi: la famiglia adottiva come meta famiglia
Greco, Ondina
Primo
2019
Abstract
Figlio adottato e genitori adottivi vivono in uno spazio mentale e relazionale dove la doppia connessione del figlio (Brodzinsky, 1992) - con l’ambiente di arrivo e la famiglia adottiva da un lato, la famiglia e l’ambiente di origine dall’altro- riveste una posizione centrale, anche se diversi da bambino a bambino e da famiglia a famiglia saranno le modalità e i tempi di tale riconoscimento. I genitori sono chiamati a rinnovare nel tempo la loro capacità di relazione, che richiede di mantenere l’immagine del figlio “di fronte”, cioè attribuendogli lo stesso valore e dignità che si riserva a se stessi, in quel movimento di danza relazionale, che regola, secondo la suggestiva metafora di Grotevant (Grotevant e al. 2009; 2011), vicinanza e distanza, nelle diverse fasi della vita familiare. Tale paradigma non nega le inevitabili difficoltà e incomprensioni, oggi poco tollerabili, per il mito contemporaneo delle relazioni familiari come luogo di incontrovertibile vicinanza e immediata reciproca comprensione. Compito centrale per i genitori è quello di conversare con il figlio della sua origine adottiva, permettendogli nel tempo di compiere il percorso, più o meno tortuoso, che lo porterà a trovare un punto di equilibrio, prezioso anche se non definitivo, nello scenario meta familiare che l’adozione disegna per tutti i suoi protagonisti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.