Il capitolo riflette sulla Media Education cercando di definirne il concetto e le pratiche in una prospettiva storica che consenta di apprezzarne l’attuale nuova fase di presenza culturale, soprattutto nel nostro Paese. Individuando come spartiacque gli anni ’80 del secolo scorso (Dichiarazione di Grunwald nel 1981, Guidelines per l’insegnamento della lingua inglese in Canada nel 1987), il punto di partenza è la spiegazione della differenza tra il precedente interesse della pedagogia per i media e le specificità dell’approccio media-educativo: mix di teoria e pratica, doppia anima accademica e movimentista, capacità di intercettare i nuovi aspetti della ricerca sociale sui media come la semiotica o i Cultural Studies (§1). Chiarita la “novità” della Media Education, si passa a fornirne una sintetica definizione, accennando a come, delle diverse finalità che le appartengono (educazione per, con, attraverso i media) la più specifica sia quella critica (educazione ai media) che considera i media non semplicemente come strumenti o ambienti, ma soprattutto come prodotti culturali grazie ai quali si definiscono i rapporti di potere nella società, con i relativi correlati economici e politici (§2). L’approccio critico ai media ha precise radici culturali nella teoria critica francofortese e nella semiotica. Tali radici sostengono la duplice istanza metodologica che da sempre qualifica l’intervento della Media Education, ovvero l’analisi dei testi da una parte, la loro produzione dall’altra. Produrre e analizzare i testi serve a comprendere come funzionano dal punto di vista della loro costruzione, dei linguaggi con cui li si crea, della destinazione d’uso che essi recano iscritta. L’educazione ai media passa da queste consapevolezze (§3). L’avvento del digitale e la sua affermazione su larga scala sociale comporta due sostanziali riconcettualizzazioni per la Media Education. La prima ha a che fare con il carattere autoriale dei media digitali e sociali: questa specificità trasforma lo spettatore in prosumer e chiede di affiancare lo sviluppo di pensiero critico con quello della responsabilità. La seconda fa invece i conti con la diffusione dei media digitali e la loro incorporazione a livello individuale e sociale: questo fa sì che la Media Education estenda la propria presenza oltre i confini della scuola a comprendere la famiglia e i contesti informali incontrando il lavoro di prevenzione (§4). Proprio la ristrutturazione di campo che il digitale richiede alla Media Education fa da guida all’ultimo paragrafo del capitolo (§5) in cui vien fatto cenno al Frameowrk del MIUR sull’Educazione Civica Digitale, alla genesi e agli sviluppi della Peer&Media Education, all’incontro della Media Education con il lavoro socio-educativo e cone le politiche di Welfare nella logica delle Tecnologie di Comunità.
Rivoltella, P. C., Media Education, in Rivoltella, P., Rossi, P. (ed.), Tecnologie per l'educazione, Pearson Italia, Milano 2019: 127- 138 [http://hdl.handle.net/10807/131382]
Media Education
Rivoltella, Pier CesarePrimo
2019
Abstract
Il capitolo riflette sulla Media Education cercando di definirne il concetto e le pratiche in una prospettiva storica che consenta di apprezzarne l’attuale nuova fase di presenza culturale, soprattutto nel nostro Paese. Individuando come spartiacque gli anni ’80 del secolo scorso (Dichiarazione di Grunwald nel 1981, Guidelines per l’insegnamento della lingua inglese in Canada nel 1987), il punto di partenza è la spiegazione della differenza tra il precedente interesse della pedagogia per i media e le specificità dell’approccio media-educativo: mix di teoria e pratica, doppia anima accademica e movimentista, capacità di intercettare i nuovi aspetti della ricerca sociale sui media come la semiotica o i Cultural Studies (§1). Chiarita la “novità” della Media Education, si passa a fornirne una sintetica definizione, accennando a come, delle diverse finalità che le appartengono (educazione per, con, attraverso i media) la più specifica sia quella critica (educazione ai media) che considera i media non semplicemente come strumenti o ambienti, ma soprattutto come prodotti culturali grazie ai quali si definiscono i rapporti di potere nella società, con i relativi correlati economici e politici (§2). L’approccio critico ai media ha precise radici culturali nella teoria critica francofortese e nella semiotica. Tali radici sostengono la duplice istanza metodologica che da sempre qualifica l’intervento della Media Education, ovvero l’analisi dei testi da una parte, la loro produzione dall’altra. Produrre e analizzare i testi serve a comprendere come funzionano dal punto di vista della loro costruzione, dei linguaggi con cui li si crea, della destinazione d’uso che essi recano iscritta. L’educazione ai media passa da queste consapevolezze (§3). L’avvento del digitale e la sua affermazione su larga scala sociale comporta due sostanziali riconcettualizzazioni per la Media Education. La prima ha a che fare con il carattere autoriale dei media digitali e sociali: questa specificità trasforma lo spettatore in prosumer e chiede di affiancare lo sviluppo di pensiero critico con quello della responsabilità. La seconda fa invece i conti con la diffusione dei media digitali e la loro incorporazione a livello individuale e sociale: questo fa sì che la Media Education estenda la propria presenza oltre i confini della scuola a comprendere la famiglia e i contesti informali incontrando il lavoro di prevenzione (§4). Proprio la ristrutturazione di campo che il digitale richiede alla Media Education fa da guida all’ultimo paragrafo del capitolo (§5) in cui vien fatto cenno al Frameowrk del MIUR sull’Educazione Civica Digitale, alla genesi e agli sviluppi della Peer&Media Education, all’incontro della Media Education con il lavoro socio-educativo e cone le politiche di Welfare nella logica delle Tecnologie di Comunità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.