La relazione sociale e la riflessività umana sono i veri fluidificatori dei progetti e delle partnership tra enti e servizi territoriali che la struttura dei Piani di zona ha un po’ ovunque incentrato. Senza relazione sociale agita da soggetti motivati, le architetture interazionali formalmente disegnate nei protocolli di intesa o nelle convenzioni resterebbero rinsecchite come piante senza linfa. La logica ci dice tuttavia che, se l’«agire motivato delle persone» (agency) è primario, le «infrastrutture normative» che sorreggono le reti (tutto ciò che le rende formalizzate) sono anch’esse importanti, sia per raccogliere e direzionare l’azione così che essa acquisti un senso, sia perché quanto realizzato si mantenga nel tempo. Il bilanciamento tra «azione libera dei soggetti pensanti» e «organizzazione eventualmente predisposta per stimolare e sostenere quell’azione» è forse l’elemento astratto più importante che definisce la bontà di una prassi determinata. Quando l’equilibrio tra questi due fattori si raggiunge, anche in modi non programmati, la pratica è buona. Quando l’agire si sbilancia verso l’informalità o verso un qualche grado di sclerosi, l’azione, quale che sia, nel primo caso si affloscia ben presto e nel secondo permane, ma con insufficiente vitalità.Un aspetto interessante sia dal punto di vista teorico che da quello metodologico/ applicativo è il seguente: quali competenze professionali possono essere identificate come manovre intenzionali facilitanti la buona riuscita di progetti condivisi? Più in generale ci chiediamo: che cosa determina una matura professionalità relazionale, per cui l’operatore possa dirsi a tutti gli effetti un «operatore di rete», cioè uno «specialista» capace di facilitare l’attivarsi delle reti sociali?
Folgheraiter, F., Quale professionalità per la facilitazione delle reti?, in Rossi, G., Boccacin, L. (ed.), Capitale sociale e partnership tra pubblico, privato e terzo settore, Franco Angeli, Milano 2008: 225- 235 [http://hdl.handle.net/10807/125837]
Quale professionalità per la facilitazione delle reti?
Folgheraiter, Fabio
2008
Abstract
La relazione sociale e la riflessività umana sono i veri fluidificatori dei progetti e delle partnership tra enti e servizi territoriali che la struttura dei Piani di zona ha un po’ ovunque incentrato. Senza relazione sociale agita da soggetti motivati, le architetture interazionali formalmente disegnate nei protocolli di intesa o nelle convenzioni resterebbero rinsecchite come piante senza linfa. La logica ci dice tuttavia che, se l’«agire motivato delle persone» (agency) è primario, le «infrastrutture normative» che sorreggono le reti (tutto ciò che le rende formalizzate) sono anch’esse importanti, sia per raccogliere e direzionare l’azione così che essa acquisti un senso, sia perché quanto realizzato si mantenga nel tempo. Il bilanciamento tra «azione libera dei soggetti pensanti» e «organizzazione eventualmente predisposta per stimolare e sostenere quell’azione» è forse l’elemento astratto più importante che definisce la bontà di una prassi determinata. Quando l’equilibrio tra questi due fattori si raggiunge, anche in modi non programmati, la pratica è buona. Quando l’agire si sbilancia verso l’informalità o verso un qualche grado di sclerosi, l’azione, quale che sia, nel primo caso si affloscia ben presto e nel secondo permane, ma con insufficiente vitalità.Un aspetto interessante sia dal punto di vista teorico che da quello metodologico/ applicativo è il seguente: quali competenze professionali possono essere identificate come manovre intenzionali facilitanti la buona riuscita di progetti condivisi? Più in generale ci chiediamo: che cosa determina una matura professionalità relazionale, per cui l’operatore possa dirsi a tutti gli effetti un «operatore di rete», cioè uno «specialista» capace di facilitare l’attivarsi delle reti sociali?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.