L’economia circolare va collocata tre le forme di efficienza d’uso delle risorse, non presenta novità ‘paradigmatiche’ e radicali come modello di produzione e consumo ma può assumere elementi di innovatività e a scala sistemica. I driver sono innanzitutto alle politiche europee che hanno forzato, e forzeranno ancora il sistema di produzione/consumo a tenere in circolo rifiuti e materiali di scarto. Sono inoltre legati alla ormai ampia capacità industriale basata su input di rifiuti e scarti, e al favorevole clima culturale che circonda l’economia circolare. L’economia circolare si espanderà ancora guidata da un obiettivo generale di ‘discarica zero’. In Europa Circa 1,2 miliardi di tonnellate/anno di rifiuti collocati in discarica sono destinati ad essere ri-circolati al sistema produttivo come materiali utilizzabili. Gli impatti economici possono essere netti soprattutto per business circolari innovativi a livello di impresa. Quando coinvolgono sistemi inter-industriali complessi alla meso- e macro-scala, i progressi di circolarità generano necessariamente effetti di sostituzione che possono ridurre gli effetti economici netti. La ri-modellazione di catene di valore inter-industriali, con effetti di sostituzione e spiazzamento di business convenzionali, può essere il principale effetto economico. Proprio tali effetti sono alla base dei maggiori effetti netti attesi, che sono quelli ambientali e di efficienza d’uso delle risorse naturali. L’Italia ha già, in alcune catene di valore, una elevato grado di circolarità. I vantaggi delle strutture distrettuali nel generare economie circolari locali sono noti da tempo e, in parte, già colti. In Italia, il paradigma circolare può essere pensato per le risorse produttive ‘immateriali’, vale a dire la conoscenza produttiva. L’innovazione accelerata e ‘disruptive’, insieme ai suoi grandi ed essenziali benefici economici, presenta il rischio di rompere la circolarità di riproduzione delle conoscenze produttive tradizionali, determinando in tal modo una perdita di conoscenza. Tali risorse conoscitive rischiano di divenire ‘rifiuti immateriali’ e possono invece acquisire un grande ‘valore di opzione’ se pensate in chiave di ‘circolarità immateriale’.

Zoboli, R., L’economia circolare per riusare anche i saperi?, in Paolazzi L, G. T. S. L. M. (ed.), Le sostenibili carte dell’Italia, Marsilio Editore, Venezia 2018: 139- 166 [http://hdl.handle.net/10807/125134]

L’economia circolare per riusare anche i saperi?

Zoboli, Roberto
2018

Abstract

L’economia circolare va collocata tre le forme di efficienza d’uso delle risorse, non presenta novità ‘paradigmatiche’ e radicali come modello di produzione e consumo ma può assumere elementi di innovatività e a scala sistemica. I driver sono innanzitutto alle politiche europee che hanno forzato, e forzeranno ancora il sistema di produzione/consumo a tenere in circolo rifiuti e materiali di scarto. Sono inoltre legati alla ormai ampia capacità industriale basata su input di rifiuti e scarti, e al favorevole clima culturale che circonda l’economia circolare. L’economia circolare si espanderà ancora guidata da un obiettivo generale di ‘discarica zero’. In Europa Circa 1,2 miliardi di tonnellate/anno di rifiuti collocati in discarica sono destinati ad essere ri-circolati al sistema produttivo come materiali utilizzabili. Gli impatti economici possono essere netti soprattutto per business circolari innovativi a livello di impresa. Quando coinvolgono sistemi inter-industriali complessi alla meso- e macro-scala, i progressi di circolarità generano necessariamente effetti di sostituzione che possono ridurre gli effetti economici netti. La ri-modellazione di catene di valore inter-industriali, con effetti di sostituzione e spiazzamento di business convenzionali, può essere il principale effetto economico. Proprio tali effetti sono alla base dei maggiori effetti netti attesi, che sono quelli ambientali e di efficienza d’uso delle risorse naturali. L’Italia ha già, in alcune catene di valore, una elevato grado di circolarità. I vantaggi delle strutture distrettuali nel generare economie circolari locali sono noti da tempo e, in parte, già colti. In Italia, il paradigma circolare può essere pensato per le risorse produttive ‘immateriali’, vale a dire la conoscenza produttiva. L’innovazione accelerata e ‘disruptive’, insieme ai suoi grandi ed essenziali benefici economici, presenta il rischio di rompere la circolarità di riproduzione delle conoscenze produttive tradizionali, determinando in tal modo una perdita di conoscenza. Tali risorse conoscitive rischiano di divenire ‘rifiuti immateriali’ e possono invece acquisire un grande ‘valore di opzione’ se pensate in chiave di ‘circolarità immateriale’.
2018
Italiano
Le sostenibili carte dell’Italia
978-88-317-1147-0
Marsilio Editore
Zoboli, R., L’economia circolare per riusare anche i saperi?, in Paolazzi L, G. T. S. L. M. (ed.), Le sostenibili carte dell’Italia, Marsilio Editore, Venezia 2018: 139- 166 [http://hdl.handle.net/10807/125134]
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