Quando si parla di inclusione – così come di accoglienza o di integrazione – spesso ci si riferisce al “diverso”: allo straniero che arriva da mondi lontani, o a chi viene definito come diversamente abile. Tuttavia, l’inclusione riguarda ciascuna persona, nella specificità che la caratterizza. In questa prospettiva, la disposizione ad includere l’altro costituisce un fondamento imprescindibile dell’atteggiamento educativo, necessario per favorire la crescita di ogni bambino nel rispetto delle sue caratteristiche individuali. Intento, questo, che si discosta decisamente da qualsiasi finalità “normalizzante” o uniformante. In particolare, l’atteggiamento inclusivo parte da se stessi: dall’accogliere le personali fragilità e gli aspetti di sé difficili da accettare, e che per questo si tenta di nascondere, di cancellare dal proprio sguardo (prima ancora che da quello altrui). Ciò che non accettiamo negli altri, a ben vedere, denota quanto si fatica a tollerare in se stessi. Per l’insegnante, questo significa interrogarsi sulle proprie zone d’ombra, nella convinzione che solo uno sguardo attento e non distratto su di sé consenta di incontrare davvero l'altro, percependone i bisogni, i vissuti e le capacità ancora inesplorate. Ciò comporta lo sforzo, nella pratica educativa, di allenare lo sguardo a cogliere anche l’invisibile, al di là di quanto viene “gridato” o che appare in superficie. Ma l’atteggiamento inclusivo non è qualcosa di scontato, né che si improvvisa. Esso ha bisogno di esercizio e di strumenti. Nella scuola dell’infanzia, l’osservazione costituisce una risorsa fondamentale a questo scopo, che consente agli/alle insegnanti di affinare lo sguardo per scoprire l’unicità dei bambini. Come noto, esistono molti modi di osservare e vari tipi di osservazione. Quello che si ispira alla pedagogia fenomenologico-esistenziale si avvale di metodi che, nel promuovere il superamento dei pregiudizi e nel contrastare la tendenza a “incasellare” l’altro, puntano a riconoscerne le peculiarità, a comprenderne i vissuti soggettivi e a disvelarne le potenzialità, in un’apertura che vada al di là del semplice compatimento e oltre le più buone intenzioni.

Arioli, A., Cogliere l'invisibile. L'osservazione come pratica di inclusione, in Arioli, A., Ponzellini, A., Rota, G., Sedeva presso il pozzo. Sussidio per insegnanti di religione della scuola dell'infanzia, Ancora Edizioni, Milano 2017: 13-45 [http://hdl.handle.net/10807/121296]

Cogliere l'invisibile. L'osservazione come pratica di inclusione

Arioli, Antonella
Primo
2017

Abstract

Quando si parla di inclusione – così come di accoglienza o di integrazione – spesso ci si riferisce al “diverso”: allo straniero che arriva da mondi lontani, o a chi viene definito come diversamente abile. Tuttavia, l’inclusione riguarda ciascuna persona, nella specificità che la caratterizza. In questa prospettiva, la disposizione ad includere l’altro costituisce un fondamento imprescindibile dell’atteggiamento educativo, necessario per favorire la crescita di ogni bambino nel rispetto delle sue caratteristiche individuali. Intento, questo, che si discosta decisamente da qualsiasi finalità “normalizzante” o uniformante. In particolare, l’atteggiamento inclusivo parte da se stessi: dall’accogliere le personali fragilità e gli aspetti di sé difficili da accettare, e che per questo si tenta di nascondere, di cancellare dal proprio sguardo (prima ancora che da quello altrui). Ciò che non accettiamo negli altri, a ben vedere, denota quanto si fatica a tollerare in se stessi. Per l’insegnante, questo significa interrogarsi sulle proprie zone d’ombra, nella convinzione che solo uno sguardo attento e non distratto su di sé consenta di incontrare davvero l'altro, percependone i bisogni, i vissuti e le capacità ancora inesplorate. Ciò comporta lo sforzo, nella pratica educativa, di allenare lo sguardo a cogliere anche l’invisibile, al di là di quanto viene “gridato” o che appare in superficie. Ma l’atteggiamento inclusivo non è qualcosa di scontato, né che si improvvisa. Esso ha bisogno di esercizio e di strumenti. Nella scuola dell’infanzia, l’osservazione costituisce una risorsa fondamentale a questo scopo, che consente agli/alle insegnanti di affinare lo sguardo per scoprire l’unicità dei bambini. Come noto, esistono molti modi di osservare e vari tipi di osservazione. Quello che si ispira alla pedagogia fenomenologico-esistenziale si avvale di metodi che, nel promuovere il superamento dei pregiudizi e nel contrastare la tendenza a “incasellare” l’altro, puntano a riconoscerne le peculiarità, a comprenderne i vissuti soggettivi e a disvelarne le potenzialità, in un’apertura che vada al di là del semplice compatimento e oltre le più buone intenzioni.
2017
Italiano
978-88-514-1900-4
Ancora Edizioni
Arioli, A., Cogliere l'invisibile. L'osservazione come pratica di inclusione, in Arioli, A., Ponzellini, A., Rota, G., Sedeva presso il pozzo. Sussidio per insegnanti di religione della scuola dell'infanzia, Ancora Edizioni, Milano 2017: 13-45 [http://hdl.handle.net/10807/121296]
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