Ancora ai nostri giorni, anche il comune modo di pensare associa all’idea di «tomismo» e di «scolastica» quella dei «distinguo». In effetti, la storia degli effetti del tomismo nella cultura mostra che il metodo delle distinzioni di «secundum quid» rimase nella coscienza comune, al di là della divergenza dei giudizi di merito, come il segno distintivo di un pensiero tipicamente «scolastico». In una forma ironica e incisiva Erasmo da Rotterdam scriveva che i tomisti «trovano sempre tante scappatoie, che sfuggirebbero persino alla rete di Vulcano con le loro distinzioni, con le quali tagliano qualsiasi nodo». Tuttavia gli studi sull’ontologia di Tommaso d’Aquino, moltiplicatisi a partire dagli inizi del nostro secolo, non sembrano aver preso in considerazione questo aspetto del suo pensiero. Il presente lavoro cerca di colmare tale lacuna, mostrando il rapporto che intercorre nella filosofia tomista tra la dottrina dell’essere ed il metodo delle «distinctiones». Anzi nel testo si fa vedere come alcune precise distinzioni di «secundum quid» rappresentino il fondamento di possibilità delle idee principali della concezione ontologica di Tommaso. Infatti, secondo Tommaso, solo se è possibile considerare l’essere da punti di vista diversi (i «secundum quid»), è poi possibile considerarlo contemporaneamente uno e molteplice, identico e diverso. Viceversa si cadrebbe in contraddizione e si sarebbe costretti a sacrificare nell’essere o l’unità o la diversità. Ma proprio quest’ultima ipotesi contraddirebbe la caratteristica principale dell’ontologia di Tommaso, considerata nei suoi contenuti: quella di non escludere dall’essere né l’unità, né la diversità. Anche su questo versante bisogna registrare una lacuna della critica. Perché, se fino agli anni Quaranta l’attributo principale dell’essere di Tommaso era individuato esclusivamente nella diversità, dagli anni Quaranta ai nostri giorni è individuato esclusivamente nell’unità. Condizionata da una lettura solo aristotelica la prima e solo neoplatonica la seconda, l’interpretazione proposta in questo studio mostra come l’essere venga considerato da Tommaso sia nel suo aspetto di unità - come voleva la dottrina «tradizionale» platonica - sia nel suo aspetto di strutturale diversità - come andava sostenendo la dottrina «nuova» del Filosofo. Il vero problema della ontologia tomista, dunque, non è quello di sapere se all’essere spetti l’attributo dell’unità piuttosto che della distinzione - gli spettano entrambi, per Tommaso - ma è di sapere come sia possibile una tale convivenza di attributi opposti, cioè in forza di quali distinzioni. Ora, sono davvero efficaci tali distinzioni? Raggiungono lo scopo per cui sono state ideate, salvando l’essere dalla contraddizione? Tagliano il nodo, sfuggendo alla rete di Vulcano? Sono queste le domande di fondo cui cerca di rispondere il presente studio.

Ventimiglia, G., Differenza e contraddizione. Il problema dell’essere in Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, Milano 1997: 409 [http://hdl.handle.net/10807/68344]

Differenza e contraddizione. Il problema dell’essere in Tommaso d’Aquino

Ventimiglia, Giovanni
1997

Abstract

Ancora ai nostri giorni, anche il comune modo di pensare associa all’idea di «tomismo» e di «scolastica» quella dei «distinguo». In effetti, la storia degli effetti del tomismo nella cultura mostra che il metodo delle distinzioni di «secundum quid» rimase nella coscienza comune, al di là della divergenza dei giudizi di merito, come il segno distintivo di un pensiero tipicamente «scolastico». In una forma ironica e incisiva Erasmo da Rotterdam scriveva che i tomisti «trovano sempre tante scappatoie, che sfuggirebbero persino alla rete di Vulcano con le loro distinzioni, con le quali tagliano qualsiasi nodo». Tuttavia gli studi sull’ontologia di Tommaso d’Aquino, moltiplicatisi a partire dagli inizi del nostro secolo, non sembrano aver preso in considerazione questo aspetto del suo pensiero. Il presente lavoro cerca di colmare tale lacuna, mostrando il rapporto che intercorre nella filosofia tomista tra la dottrina dell’essere ed il metodo delle «distinctiones». Anzi nel testo si fa vedere come alcune precise distinzioni di «secundum quid» rappresentino il fondamento di possibilità delle idee principali della concezione ontologica di Tommaso. Infatti, secondo Tommaso, solo se è possibile considerare l’essere da punti di vista diversi (i «secundum quid»), è poi possibile considerarlo contemporaneamente uno e molteplice, identico e diverso. Viceversa si cadrebbe in contraddizione e si sarebbe costretti a sacrificare nell’essere o l’unità o la diversità. Ma proprio quest’ultima ipotesi contraddirebbe la caratteristica principale dell’ontologia di Tommaso, considerata nei suoi contenuti: quella di non escludere dall’essere né l’unità, né la diversità. Anche su questo versante bisogna registrare una lacuna della critica. Perché, se fino agli anni Quaranta l’attributo principale dell’essere di Tommaso era individuato esclusivamente nella diversità, dagli anni Quaranta ai nostri giorni è individuato esclusivamente nell’unità. Condizionata da una lettura solo aristotelica la prima e solo neoplatonica la seconda, l’interpretazione proposta in questo studio mostra come l’essere venga considerato da Tommaso sia nel suo aspetto di unità - come voleva la dottrina «tradizionale» platonica - sia nel suo aspetto di strutturale diversità - come andava sostenendo la dottrina «nuova» del Filosofo. Il vero problema della ontologia tomista, dunque, non è quello di sapere se all’essere spetti l’attributo dell’unità piuttosto che della distinzione - gli spettano entrambi, per Tommaso - ma è di sapere come sia possibile una tale convivenza di attributi opposti, cioè in forza di quali distinzioni. Ora, sono davvero efficaci tali distinzioni? Raggiungono lo scopo per cui sono state ideate, salvando l’essere dalla contraddizione? Tagliano il nodo, sfuggendo alla rete di Vulcano? Sono queste le domande di fondo cui cerca di rispondere il presente studio.
1997
Italiano
Monografia o trattato scientifico
Ventimiglia, G., Differenza e contraddizione. Il problema dell’essere in Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, Milano 1997: 409 [http://hdl.handle.net/10807/68344]
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