L’idea di affrontare il tema della conflittualità e del rapporto con l’altro può apparire nel caso del sedicente Stato islamico (Is), in arabo Dawla al-Islamiyya o anche Dawla Islamiyya fi Iraq wa Sham (Stato Islamico nell’Iraq e nel levante - Isis o Daish) un esercizio prettamente retorico, quasi tautologico. Il carico di violenza che sottende l’attività di Is e la sua brama espansionistica contro tutto e tutti, infatti, sono gli aspetti che più connotano l’azione del movimento retto da Abu Bakr al-Baghdadi – questo anche alla luce del fatto che per Is la distinzione tra avversario (inimicus) e nemico (hostis) non ha di per sé alcuna valenza. Non è di fatto riconosciuto uno spazio sociale o politico minimamente condiviso all’interno del quale concedere all’altro un reale diritto di esistenza, al di fuori della sottomissione e della spogliazione. Ciò è vero anche nei confronti della medesima dimensione musulmana, come dimostrato dal ricorso continuo allo strumento del takfir, e per gli stessi altri attori della galassia jihadista non disposti a riconoscere l’autorità del “nuovo Califfo”. È evidente che qualsiasi diversità, alterità o contrapposizione sia interna al mondo a cui questi soggetti si riferiscono che, a maggior ragione, all’esterno di questo è interpretata secondo la dimensione del nemico e mai come avversario. Un nemico verso cui non è concessa esitazione o pietà alcuna. L'analisi si propone di approfondire il rapporto che Is ha stabilito tra il nemico, nei suo molteplici volti, e la dimensione della comunicazione mediatica, concentrandosi sulla definizione di chi sia realmente l’oggetto della violenza di questo gruppo e del perché esso sia stato incluso nella categoria di hostis. Infatti, ancor più dei risultati effettivi conseguiti sul campo, Is è riuscita a far risuonare prepotentemente il proprio messaggio attraverso l’abile rappresentazione del nemico, umiliato e sconfitto. Inoltre, nel saper alimentare efficacemente questo rapporto, Is è stata in grado di sincronizzare la sua attività unendo dimensione locale, regionale e internazionale, sostenendo al contempo una campagna di reclutamento e diffusione del terrore su tutti i livelli disponibili.

Plebani, A., Maggiolini, P. M. L. C., La centralità del nemico nel califfato di al-Baghdadi, Twitter e jihad: la comunicazione dell'ISIS, ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano 2015: 1-180 [http://hdl.handle.net/10807/65394]

La centralità del nemico nel califfato di al-Baghdadi

Plebani, Andrea;Maggiolini, Paolo Maria Leo Cesare
2015

Abstract

L’idea di affrontare il tema della conflittualità e del rapporto con l’altro può apparire nel caso del sedicente Stato islamico (Is), in arabo Dawla al-Islamiyya o anche Dawla Islamiyya fi Iraq wa Sham (Stato Islamico nell’Iraq e nel levante - Isis o Daish) un esercizio prettamente retorico, quasi tautologico. Il carico di violenza che sottende l’attività di Is e la sua brama espansionistica contro tutto e tutti, infatti, sono gli aspetti che più connotano l’azione del movimento retto da Abu Bakr al-Baghdadi – questo anche alla luce del fatto che per Is la distinzione tra avversario (inimicus) e nemico (hostis) non ha di per sé alcuna valenza. Non è di fatto riconosciuto uno spazio sociale o politico minimamente condiviso all’interno del quale concedere all’altro un reale diritto di esistenza, al di fuori della sottomissione e della spogliazione. Ciò è vero anche nei confronti della medesima dimensione musulmana, come dimostrato dal ricorso continuo allo strumento del takfir, e per gli stessi altri attori della galassia jihadista non disposti a riconoscere l’autorità del “nuovo Califfo”. È evidente che qualsiasi diversità, alterità o contrapposizione sia interna al mondo a cui questi soggetti si riferiscono che, a maggior ragione, all’esterno di questo è interpretata secondo la dimensione del nemico e mai come avversario. Un nemico verso cui non è concessa esitazione o pietà alcuna. L'analisi si propone di approfondire il rapporto che Is ha stabilito tra il nemico, nei suo molteplici volti, e la dimensione della comunicazione mediatica, concentrandosi sulla definizione di chi sia realmente l’oggetto della violenza di questo gruppo e del perché esso sia stato incluso nella categoria di hostis. Infatti, ancor più dei risultati effettivi conseguiti sul campo, Is è riuscita a far risuonare prepotentemente il proprio messaggio attraverso l’abile rappresentazione del nemico, umiliato e sconfitto. Inoltre, nel saper alimentare efficacemente questo rapporto, Is è stata in grado di sincronizzare la sua attività unendo dimensione locale, regionale e internazionale, sostenendo al contempo una campagna di reclutamento e diffusione del terrore su tutti i livelli disponibili.
2015
Italiano
9788898014590
ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
Plebani, A., Maggiolini, P. M. L. C., La centralità del nemico nel califfato di al-Baghdadi, Twitter e jihad: la comunicazione dell'ISIS, ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano 2015: 1-180 [http://hdl.handle.net/10807/65394]
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