I dati di questo studio, condotto nel tentativo di dare ragione degli effetti a medio e lungo termine dell’esposizione alla violenza in adolescenti che hanno vissuto un conflitto politico durante l’infanzia, sembrano confermare la centralità del fattore acquiring meaning e making meaning.. I dati esposti testimoniano che, almeno in questo campione, l’aver vissuto la guerra non ha avuto un effetto diretto sul benessere ma lo ha influenzato attraverso la variabile Sense of Coherence, indicatore del processo si resilienza ( Almedom, 2005). Il costrutto di Senso, nella duplice accezione di significato e direzione (Scabini, 2008) si configura nei nostri risultati più come processo che come contenuto. La capacità di attribuire senso a ciò che si vive (o si è vissuto) non sembra eliminare l’insorgenza di sintomi riconducibili al PTSD ma sembra affiancare a questi, come due facce della stessa medaglia, elementi di benessere che non neutralizzano i primi ma permettono di mantenere un equilibrio dinamico verso una crescita positiva. Il senso, o la costruzione del senso, è una competenza tipicamente umana e centrale per il benessere, perché risulta basilare per la capacità di coping e enachment dell’identità. (Vignoles, 2006). Nella ricerca qui esposta il livello individuale della variabile Sense of Coherence si connota come la chiave di volta del processo di resilienza, segno che, in fondo, anche il benessere in periodo post bellico è una conquista che si gioca a livello del singolo adolescente. Essendo però il soggetto parte di un sistema in interazione costante, la variabile individuale si apre ad essere influenzata da variabili contestuali. In particolare il contesto familiare kosovaro sembra esercitare la sua influenza attraverso due dinamiche di natura prettamente relazionale quali la percezione da parte dell’adolescente che la propria famiglia sia in grado di comprendere e gestire gli eventi e che sia possibile in essa e da essa trarre sostegno e condivisione. A parità di esposizione alla guerra coloro che percepiscono il proprio ambiente come supportivo e giudicano la propria famiglia in grado far fronte agli strains e di mettere in atto strategie efficaci mostrano un innalzamento della capacità individuale di Sense of Coherence, direttamente collegata al benessere. A tale proposito si sottolinea che il supporto sociale ed emotivo in questo ambito si connota come antecedente del costrutto di Senso di Coerenza, e questo in controtendenza rispetto a quanto espresso in letteratura (Antonovsky, 1987) ma in linea con quanto emerso in precedenti studi in ambito di violenza politica (Punamaki et al., 2004). Dal punto di vista applicativo questi dati sembrano suggerire la necessità di un impegno non tanto, o non solo, rispetto al singolo soggetto, come proposto dai numerosi progetti di Cooperazione Internazionale, bensi una progettazione che allarghi lo sguardo al contesto (familiare e comunitario) all’interno del quale il singolo riprende a vivere dopo una guerra. L’aver posto i riflettori sugli adolescenti ha consentito di dire che un lavoro su questo target risulta protettivo per essi stessi e promotivo per la comunità cui appartengono.

Binda, V. R., Galvani, S., Benessere e contesto familiare in adolescenti che hanno vissuto un conflitto etnico, in Leone, G. (ed.), Vivere l'interculturalità, UNICOPLI, Roma 2011: <<PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO SOCIALE E CLINICO>>, 127- 137 [http://hdl.handle.net/10807/63739]

Benessere e contesto familiare in adolescenti che hanno vissuto un conflitto etnico

Binda, Vilma Rita;Galvani, Silvia
2011

Abstract

I dati di questo studio, condotto nel tentativo di dare ragione degli effetti a medio e lungo termine dell’esposizione alla violenza in adolescenti che hanno vissuto un conflitto politico durante l’infanzia, sembrano confermare la centralità del fattore acquiring meaning e making meaning.. I dati esposti testimoniano che, almeno in questo campione, l’aver vissuto la guerra non ha avuto un effetto diretto sul benessere ma lo ha influenzato attraverso la variabile Sense of Coherence, indicatore del processo si resilienza ( Almedom, 2005). Il costrutto di Senso, nella duplice accezione di significato e direzione (Scabini, 2008) si configura nei nostri risultati più come processo che come contenuto. La capacità di attribuire senso a ciò che si vive (o si è vissuto) non sembra eliminare l’insorgenza di sintomi riconducibili al PTSD ma sembra affiancare a questi, come due facce della stessa medaglia, elementi di benessere che non neutralizzano i primi ma permettono di mantenere un equilibrio dinamico verso una crescita positiva. Il senso, o la costruzione del senso, è una competenza tipicamente umana e centrale per il benessere, perché risulta basilare per la capacità di coping e enachment dell’identità. (Vignoles, 2006). Nella ricerca qui esposta il livello individuale della variabile Sense of Coherence si connota come la chiave di volta del processo di resilienza, segno che, in fondo, anche il benessere in periodo post bellico è una conquista che si gioca a livello del singolo adolescente. Essendo però il soggetto parte di un sistema in interazione costante, la variabile individuale si apre ad essere influenzata da variabili contestuali. In particolare il contesto familiare kosovaro sembra esercitare la sua influenza attraverso due dinamiche di natura prettamente relazionale quali la percezione da parte dell’adolescente che la propria famiglia sia in grado di comprendere e gestire gli eventi e che sia possibile in essa e da essa trarre sostegno e condivisione. A parità di esposizione alla guerra coloro che percepiscono il proprio ambiente come supportivo e giudicano la propria famiglia in grado far fronte agli strains e di mettere in atto strategie efficaci mostrano un innalzamento della capacità individuale di Sense of Coherence, direttamente collegata al benessere. A tale proposito si sottolinea che il supporto sociale ed emotivo in questo ambito si connota come antecedente del costrutto di Senso di Coerenza, e questo in controtendenza rispetto a quanto espresso in letteratura (Antonovsky, 1987) ma in linea con quanto emerso in precedenti studi in ambito di violenza politica (Punamaki et al., 2004). Dal punto di vista applicativo questi dati sembrano suggerire la necessità di un impegno non tanto, o non solo, rispetto al singolo soggetto, come proposto dai numerosi progetti di Cooperazione Internazionale, bensi una progettazione che allarghi lo sguardo al contesto (familiare e comunitario) all’interno del quale il singolo riprende a vivere dopo una guerra. L’aver posto i riflettori sugli adolescenti ha consentito di dire che un lavoro su questo target risulta protettivo per essi stessi e promotivo per la comunità cui appartengono.
2011
Italiano
Vivere l'interculturalità
978-88-400-1481-4
Binda, V. R., Galvani, S., Benessere e contesto familiare in adolescenti che hanno vissuto un conflitto etnico, in Leone, G. (ed.), Vivere l'interculturalità, UNICOPLI, Roma 2011: <<PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO SOCIALE E CLINICO>>, 127- 137 [http://hdl.handle.net/10807/63739]
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