Alla metà degli anni Cinquanta, il televisore fa il suo ingresso nelle case degli italiani accolto da un clima ambivalente, sospeso fra toni miracolistici d’entusiasmo e sentimenti di diffidenza e sospetto. La percezione netta, cristallizzata nel dibattito pubblico dell’epoca, era quella di un cambiamento di portata epocale, di un’invenzione che avrebbe comportato una rivoluzione ben più dirompente di quelle che erano seguite alla diffusione di altri “oggetti tecnici” caratteristici della modernità (l’automobile, la radio, il telefono, gli altri mitici elettrodomestici bianchi), che avevano sì modificato in modo significativo gli stili di vita, ma non quanto prometteva di farlo l’ingresso del piccolo schermo nello spazio intimo e privato della casa. Attraverso l’analisi di un composito mosaico di fonti, che va dall’iconografia pubblicitaria dell’epoca ai discorsi conservati nei repertori della stampa popolare, dai primi “storici” quiz della Rai delle origini (da Lascia o raddoppia? a Il musichiere) ai racconti di testimoni dell’epoca, il libro ricostruisce l’avventurosa storia della diffusione domestica della televisione nell’Italia del boom degli anni Cinquanta, prima solo per un pubblico cittadino e alto borghese e poi sempre più massificato. Portando il primo contributo italiano a una tradizione ben radicata e presente nel panorama dei Television Studies internazionali, con cui costruisce un costante dialogo, il libro documenta come il percorso storico di ambientamento della televisione nella sua “nicchia ecologica” per eccellenza, lo spazio domestico, sia stato più tortuoso e meno scontato di quanto si potrebbe pensare. Vengono presentate le principali “culture di visione”, i modelli preferenziali di consumare e immaginare la televisione da parte del suo primo pubblico, che hanno caratterizzato la fase archeologica del medium, approfondendo le ritualità legate a un consumo altamente partecipativo e collettivo nei luoghi pubblici di aggregazione (bar, sale cinematografiche, circoli di partito), ricostruendo gli interventi da parte della Rai e dei marchi di elettronica di consumo per costruire il televisore come oggetto domestico e familiare e raccontando le trasformazioni impresse ai modi di concepire lo spazio della casa dalla presenza del nuovo mezzo di comunicazione. Elettrodomestico, oggetto di design, prodigio tecnologico: il libro s’interroga sui diversi significati e modi di concepire la televisione delle origini da parte del suo primo pubblico. Diverse immagini emergono in controluce: un moderno focolare capace di ri-aggregare la famiglia dopo gli anni della guerra, una “risorsa sociale” in grado di dare vita a nuove forme di interazione e aggregazione, una finestra conturbante destinata a trasferire in casa il “mondo là fuori”, esponendo lo spazio protetto della casa ai fantasmi sociali più inquietanti.

Penati, C., Il focolare elettronico. Televisione italiana delle origini e culture di visione, Vita e Pensiero, Milano 2013: 200 [http://hdl.handle.net/10807/45190]

Il focolare elettronico. Televisione italiana delle origini e culture di visione

Penati, Cecilia
2013

Abstract

Alla metà degli anni Cinquanta, il televisore fa il suo ingresso nelle case degli italiani accolto da un clima ambivalente, sospeso fra toni miracolistici d’entusiasmo e sentimenti di diffidenza e sospetto. La percezione netta, cristallizzata nel dibattito pubblico dell’epoca, era quella di un cambiamento di portata epocale, di un’invenzione che avrebbe comportato una rivoluzione ben più dirompente di quelle che erano seguite alla diffusione di altri “oggetti tecnici” caratteristici della modernità (l’automobile, la radio, il telefono, gli altri mitici elettrodomestici bianchi), che avevano sì modificato in modo significativo gli stili di vita, ma non quanto prometteva di farlo l’ingresso del piccolo schermo nello spazio intimo e privato della casa. Attraverso l’analisi di un composito mosaico di fonti, che va dall’iconografia pubblicitaria dell’epoca ai discorsi conservati nei repertori della stampa popolare, dai primi “storici” quiz della Rai delle origini (da Lascia o raddoppia? a Il musichiere) ai racconti di testimoni dell’epoca, il libro ricostruisce l’avventurosa storia della diffusione domestica della televisione nell’Italia del boom degli anni Cinquanta, prima solo per un pubblico cittadino e alto borghese e poi sempre più massificato. Portando il primo contributo italiano a una tradizione ben radicata e presente nel panorama dei Television Studies internazionali, con cui costruisce un costante dialogo, il libro documenta come il percorso storico di ambientamento della televisione nella sua “nicchia ecologica” per eccellenza, lo spazio domestico, sia stato più tortuoso e meno scontato di quanto si potrebbe pensare. Vengono presentate le principali “culture di visione”, i modelli preferenziali di consumare e immaginare la televisione da parte del suo primo pubblico, che hanno caratterizzato la fase archeologica del medium, approfondendo le ritualità legate a un consumo altamente partecipativo e collettivo nei luoghi pubblici di aggregazione (bar, sale cinematografiche, circoli di partito), ricostruendo gli interventi da parte della Rai e dei marchi di elettronica di consumo per costruire il televisore come oggetto domestico e familiare e raccontando le trasformazioni impresse ai modi di concepire lo spazio della casa dalla presenza del nuovo mezzo di comunicazione. Elettrodomestico, oggetto di design, prodigio tecnologico: il libro s’interroga sui diversi significati e modi di concepire la televisione delle origini da parte del suo primo pubblico. Diverse immagini emergono in controluce: un moderno focolare capace di ri-aggregare la famiglia dopo gli anni della guerra, una “risorsa sociale” in grado di dare vita a nuove forme di interazione e aggregazione, una finestra conturbante destinata a trasferire in casa il “mondo là fuori”, esponendo lo spazio protetto della casa ai fantasmi sociali più inquietanti.
2013
Italiano
Monografia o trattato scientifico
Vita e Pensiero
Penati, C., Il focolare elettronico. Televisione italiana delle origini e culture di visione, Vita e Pensiero, Milano 2013: 200 [http://hdl.handle.net/10807/45190]
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